L’altro giorno il professor Angelo Panebianco, col piglio e il cipiglio delle grandi occasioni, ha conciato per le feste sul Corriere della Sera i giuristi (molti), gli intellettuali e i giornalisti (pochi) che al referendum costituzionale del 2016 invitarono gli italiani a votare No (come se ce ne fosse bisogno) alla schiforma Renzi-Boschi-Verdini. “Dove sono finiti?” e perché non tuonano contro Grillo e Casaleggio? si domandava con un diavolo per capello e pelo di barba.
Sul Fatto gli hanno già risposto Tomaso Montanari e Gianfranco Pasquino: noi stiamo bene, grazie, come speriamo di lei e dei suoi famigliari; continuiamo a difendere la Costituzione ogni qual volta viene messa in discussione (per esempio da alcune norme di molto dubbia legittimità nel decreto Sicurezza appena approvato dal Senato); e, se non invitiamo di nuovo a votare No a un referendum costituzionale, è perché non è alle viste alcun referendum costituzionale. La maggioranza giallo-verde è (fortunatamente) in tutt’ altre faccende affaccendata e, visti anche gl’ infausti precedenti del centrodestra nel 2006 e del centrosinistra nel 2016, non manifesta alcuna intenzione di riscrivere un terzo della Costituzione. Al momento, quelle di Casaleggio e Giorgetti sulla vetustà del Parlamento come fu pensato nel 1946-48 dai padri costituenti sono soltanto analisi futurologiche. E quello di Grillo sui poteri del capo dello Stato è il suo pensiero, non condiviso dai parlamentari M5S .
Nel Contratto di governo non c’ è nulla a riguardo. Gli unici accenni a riforme costituzionali investono singoli articoli della Carta: la sacrosanta riduzione del numero dei parlamentari e la sacrosanta abolizione del Cnel (se Renzi si fosse limitato a quelle, avrebbe stravinto il referendum, e col nostro Sì), i giustissimi referendum propositivi senza quorum e la sbagliatissima (almeno per com’ è formulata) introduzione del vincolo di mandato. Una volta scoperto, però, che il prof. Panebianco e la sua barba coltivano un improvviso amore senile per la Costituzione (il classico coup de foudre dei settantenni in calore), ci saremmo aspettati ieri una puntuta intemerata contro i più recenti violatori della Carta. Che non sono i gialloverdi. Ma i renzalfaniani che hanno sgovernato fino al 1° giugno. L’ altroieri, nell’ indifferenza dei giornaloni che l’ hanno nascosta nelle pagine interne, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima una delle tante leggi vergogna del governo Renzi (agosto 2016), che agevolava le soffiate istituzionali sull’ inchiesta Consip e su altre indagini riguardanti i politici (di maggioranza).
Quella che imponeva alla polizia giudiziaria di violare il segreto delle indagini per informarne in tempo reale i diretti superiori, cioè i vertici di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, dipendenti ai ministri dell’ Interno, della Difesa e delle Finanze. Il Fatto, insieme a magistrati come Spataro e Scarpinato, l’ aveva denunciata per tempo (Panebianco no). Ora è calata la mannaia della Consulta: legge incostituzionale perché lede le prerogative del pm, cui la polizia giudiziaria deve rispondere in esclusiva, senza interferenze governative. Dunque viene cancellata, anche se in questi due anni ha già fatto danni all’ inchiesta Consip e a chissà quante altre (lo scopriremo solo vivendo). E Panebianco e la sua barba? Zitti e mosca. Eppure negli ultimi 15 anni le leggi incostituzionali, regolarmente firmate da Napolitano e Mattarella senza fare un plissé (l’ usanza di inviare letterine malmostose ai premier è un’ improvvisa novità per il governo Conte), non erano un’ eccezione: ma un’ abitudine.
Tralasciando, per motivi di spazio, quelle di B., ricordiamo quelle del Pd e dei suoi alleati che oggi riscoprono quell’Ufo chiamato Costituzione per pura tattica politica. A fine settembre la Consulta ha raso al suolo un caposaldo del Jobs Act, orgoglio e vanto del renzismo: cioè la rapina “che determina in modo rigido l’ indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato”. Sempre a tutela dei lavoratori calpestati dal presunto governo di “sinistra”, ad aprile la Consulta ha bocciato le modifiche al Codice civile, che impedivano al magistrato di compensare le spese di giudizio tra le parti, esponendo i dipendenti costretti a denunciare le aziende per rivendicare i propri diritti al rischio di perdere la causa e dover pure pagare le spese alla controparte.
Incostituzionali anche il progetto di costituire enti unici regionali per il diritto allo studio e il raddoppio surrettizio della durata di una manovra di finanza pubblica a carico delle Regioni a Statuto ordinario (norme contenute nella manovra Gentiloni del 2017). A gennaio la Corte aveva travolto il decreto salva-Ilva, sempre targato Renzi, che consentiva allo stabilimento sequestrato dai giudici di continuare a operare e a inquinare come se nulla fosse, con buona pace dell’ incolumità e della salute dei lavoratori e dei cittadini di Taranto. Nel 2017 aveva polverizzato l’ Italicum, la legge elettorale incostituzionale che sostituiva quella incostituzionale di B. e Calderoli, detta anche Porcellum (presto sapremo qualcosa del Rosatellum). E nel 2016 aveva semidistrutto la presunta riforma Madia, che calpestava l’ autonomia delle Regioni, e massacrato la cosiddetta Buona Scuola (incostituzionali i due punti riguardanti l’ edilizia scolastica e gli asili). Un’ ecatombe.
E Panebianco sempre zitto. La sua ultima filippica sul Corriere si chiudeva così: “In Italia, diceva Giovanni Giolitti, le leggi si applicano ai nemici e si interpretano per gli amici. Vale anche per la Costituzione”. Giusto: e vale anche per le leggi incostituzionali dei suoi beniamini. Forza, prof, non ci deluda: siamo qui tutt’orecchi (e niente barba).
Il Fatto Quotidiano, 9 novembre 2018
Mi chiedo come si possano pubblicare articoli in cui si scrive di “settantenni in calore” senza vergognarsene, ma per il resto tralascio le battute da seconda media e il solito dileggio dell’avversario.
Non rispondo a Travaglio, lascio la risposta a Tomaso Montanari (Panebianco si scorda la Carta, noi no, 7 novembre scorso):
La vera eversione costituzionale, questo governo la sta attuando contro la “parte più viva, più vitale, più piena d’avvenire, della Costituzione, (che) non è costituita da quella struttura d’organi costituzionali che ci sono e potrebbero essere anche diversi: la parte vera e vitale della Costituzione è quella che si può chiamare programmatica” (Calamandrei).
Montanari su questo ha ragione. Provo a tradurre: l’architettura costituzionale e il bilanciamento dei poteri tra i vari organi è molto importante, ma eventuali modifiche sono previste e non è detto che stravolgano i principi della Carta. Ed eventualmente c’è sempre la Corte Costituzionale, o il referendum confermativo come quello del 4 dicembre.
Al contrario, se non cambi un virgola della Costituzione ma ne fiacchi la parte più viva e più vitale (i principi di uguaglianza, solidarietà, dignità sociale, ma in breve si può dire tutta la prima parte); se incattivisci e involgarisci la gente per prenderle i voti, fai un danno irrimediabile allo spirito costituzionale, “pieno d’avvenire”. Il progetto di società aperta e generosa che i costituenti vollero non ha più speranze. E non c’è Corte Costituzionale o referendum che possa rimediare.
Ricordo ancora Liliana Segre che ha parlato di “fascistizzazione del senso comune”. Parole straordinarie e purtroppo subito accantonate da tutti. Perché questo, dicono in tanti, non è un governo di destra, tanto meno un governo di fascisti. Non esageriamo.
A me hanno insegnato che se dici di non essere né di destra né di sinistra, vuol dire che sei di destra. E che se non sei antifascista, sei un fascista. Si vede che non è più così, ma non possiamo abituarci a tutto. E se questo lo coglie perfino Panebianco, vuol dire che è proprio evidente. Invece di reagire piccati, sarebbe bene rifletterci.
Ciò che deve essere BLINDATO non è la lettera della Carta, ma il suo “Spirito Originale ed Autentico”.
In questo Parlamento, tra destre, renziani e M5S, si può aggregare una maggioranza tale da rendere non utilizzabile il referendum oppositivo, o cmq di vincerlo.
Quindi il rischio di veder demolire la struttura, cancellare la “rivoluzione promessa che contiene” e snaturare la sua essenza, è molto alto.
Mai come in questo caso la prevenzione sarebbe l’unica scelta, poiché il rimedio sarebbe impossibile.
Persone importanti ipotizzano una rivoluzione costituzionale, azione popolare per il bene comune, mobilitazione… che sarebbero perfettamente funzionali sia alla prevenzione, che ad ottenere riforme attese e opportune.
Ma restano enunciati fino a se stessi. Eppure le piazze tornano a prendere vita con le signore a Roma e Torino, ed oggi con gli studenti e la conoscenza; è la Società Civile che attende un leader al quale affidare la propria forza propulsiva per un cambiamento qualitativo alla guida del Paese.
Il leader plurale perfetto è il CDC ( Coordinamento per la Democrazia Costituzionale) insieme ad altre espressioni del miglior civismo come LeG, Libera contro le mafie, CittadinanzAttiva.
Ma pare che ancora non l’abbiano capito…