Non tornano i conti

25 Ott 2018

Roberta De Monticelli Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

“Il condono è tornato mini” – titola il “Fatto Quotidiano” di ieri (21/10 nda). “Si annuncia sempre più ‘mini’, col rischio che…ottenga il risultato paradossale di non aumentare le entrate”, spiega Stefano Feltri sul “Fatto” di oggi (22/10). E citando “fonti di Palazzo Chigi” riporta che, pur potendo riguardare più imposte che insistono sullo stesso imponibile, questo non può superare i 100.000 euro l’anno né il 30 per cento del reddito dichiarato per quell’anno”, anche se quest’ultimo limite, aggiunge, sarebbe già saltato. “L’immunità penale per gli evasori è garantita” – prosegue Feltri – “ma da una riforma del governo Renzi, non dal decreto fiscale del governo Conte”. L’effetto resta: “chi fa ogni anno 300.000 euro di fondi neri (pari a 150.000 di mancate imposte) non commette alcun reato, mentre chi ruba mille euro da un portafogli rischia fino a 6 anni di carcere”. Grazie della chiarezza.

Chi abbia assistito in diretta alla grottesca mimica facciale con cui, durante la conferenza stampa seguita all’accordo, l’uno dei due vice-presidenti del Consiglio confermava che tiè, il peggio resta (come crepasse di soddisfazione per aver fregato l’altro vice-presidente), e poi alla faccia di bronzeo imbarazzo (con tanto di occhi al cielo) con cui quest’ultimo ammetteva i 500.000 euro in cinque anni di evasione condonabile, continuerà a sentire in cuor suo che i conti non tornano. Non tornano con quei due titoli, “mini-condono”, da un lato, e “Il condono penale agli evasori c’è già. Ma è un regalo di Renzi”, dall’altro. I fatti sono spiegati in modo chiaro. I titoli sembrano dire altro. Forse riassumono il senso politico dei fatti. Ma esprimono una posizione non condivisibile da chi condivida (pur soffrendo in cuor suo che il governo del suo Paese faccia leggi tanto turpi da strappare il turpiloquio per descriverle) l’espressione “una porcata”, come il Direttore del “Fatto” ha pur chiamato i condoni.

Perché tutto è relativo, certo, ma – anche a prescindere dal fatto che un cittadino benestante e abituato con qualche fatica a pagare le sue tasse non vede perché si debbano chiamare “mini” cifre così, una porcata “mini” resta moralmente e politicamente quello che è, mentre se la si chiama “mini” sembra che quasi la si perdoni, come fosse un peccato veniale. Quando sappiamo che lo sconcio dei condoni è il messaggio (icasticamente espresso dalla mimica di cui sopra) e l’induzione a reiterare il crimine, con una strizzata d’occhio. Come si fa fra delinquenti, solo che chi strizza l’occhio è lo Stato. Credo che il disgusto morale che spetta a questo gesto non si possa quantificare come minimo o massimo, non più di quanto si possa essere incinta, ma solo un po’. E perché se un governo eredita una legge criminogena dal precedente, la responsabilità di conservarla tale e quale, se non di peggiorarla, è tutta sua.

Direte che sfondo una porta aperta. La sfondo volentieri, per sollevare un dubbio filosofico. Ci sono o non ci sono vincoli logici e vincoli etici all’agone politico? Esempio di quelli logici: spiegare al “popolo” che un condono non è un condono, come fa il Presidente del Consiglio, è un’offesa alla logica. Non c’è offesa alla logica che non sia anche un’offesa all’etica, perché negare l’evidenza è la prima colpa morale. Ma che qui ci sia anche l’ennesimo attentato governativo alla fiducia nelle istituzioni, senza la quale nessuna democrazia può reggere a lungo, è fin troppo evidente, e questa è una palese violazione dell’etica pubblica.  Dunque ci sono vincoli logici ed etici. Che non solo chi fa politica, ma anche chi prende parte all’agone non dovrebbe violare, qualunque sia la parte politica per cui inclina.

Credo che per molti lettori del “Fatto” fosse proprio questa una delle sue caratteristiche migliori: ribadire sempre e comunque questi vincoli, che tanto spesso sono violati, nei media e nel dibattito pubblico, dal modo selettivo e parziale di presentare i fatti (o di non presentarli per niente). Esempi di questo modo selettivo e parziale sono espressioni come “mini”-condono o assoluzioni di responsabilità del tipo “è colpa del governo precedente”. Che sembrano del resto del tutto incongrui con la funzione critica spesso tanto magistralmente esercitata da questo giornale, e da qualunque giornale prenda sul serio il compito di essere una delle poche agenzie di verità di una società democratica.

Una missione che espone chi se l’assume a molta violenza e a molte calunnie, ma in compenso esonera da qualunque auto-assoggettamento al principio del male minore: se scrivere su un giornale non è fare politica, ma contribuire a che la si faccia entro gli argini della decenza. Sfondo una porta aperta: ma forte è la paura che possa richiudersi anche questa, sulla scena pubblica di questo sventurato Paese. Perdonatemi, e lasciatemelo dire, per amicizia.

 

 

Nata a Pavia il 2 aprile 1952, è una filosofa italiana. Ha studiato alla Normale di Pisa, dove si è laureata nel 1976 con una tesi su Edmund Husserl.

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