La fake democracy di Grillo (*)

24 Ott 2018

Non convince l’ipotesi che sia una piccola vendetta per ostacoli presuntivamente frapposti da Mattarella al governo giallo-verde. Per questo sarebbe stato sufficiente criticare – come è sempre ammesso – le scelte, senza attaccare l’ istituzione. E Grillo solo apparentemente parla a caso. Though this be madness, yet there is method in it (Amleto, II, 2).

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Grillo non considera che tutto parte dal ruolo costituzionalmente assegnato al presidente di rappresentante dell’ unità nazionale, cui si lega strettamente la non partecipazione all’ indirizzo politico di governo. Per questo il presidente non è scelto per via di una elezione diretta, che lo renderebbe automaticamente espressione di maggioranza e portatore di un indirizzo. Per questo è invece eletto in parlamento da maggioranze qualificate, mai sotto quella assoluta dei componenti. Per questo non c’è candidatura, né esposizione di un programma. Il presidente si configura come organo neutrale e di garanzia.
La controprova si ha guardando ai poteri definiti da Grillo come non conformi al modo di pensare M5S. Chi sarebbe allora il presidente del Csm? Il ministro della giustizia? Grillo non sa che la questione fu ampiamente dibattuta in assemblea costituente. Il ministro -presidente fu scartato perché avrebbe portato il Csm nell’orbita della maggioranza di governo.
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La presidenza a un alto magistrato avrebbe avuto il segno di un isolamento corporativo. La presidenza del Capo dello Stato – uno dei pilastri della nuova repubblica democratica – fu volta a rafforzare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura nei confronti delle maggioranze e dei governi. Naturalmente incidenti di percorso rimangono possibili. Va ricordato il durissimo scontro tra il Csm e Cossiga, che giunse nel 1991 a far presenziare due ufficiali dei carabinieri a una seduta, dopo l’intimazione che su alcuni argomenti non si dovesse discutere. Ma il caso è rimasto del tutto unico, e rientra nel quadro del Cossiga “picconatore”.
Analoghi argomenti possono svolgersi per il consiglio supremo di difesa. Chi potrebbe presiederlo? Il ministro della difesa? Un generale eletto da altri generali? Qui la presidenza del capo dello stato esprime la estraneità delle forze armate alla dialettica maggioranza -opposizione, e il loro essere al servizio della nazione. Una garanzia della natura democratica.
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Ma si tratta, in fondo, di poteri presidenziali minori rispetto ad altri: ad esempio, formazione dei governi, scioglimento delle camere, promulgazione di leggi ed emanazione di decreti, nomina di cinque giudici costituzionali. Viene il dubbio che non singoli poteri siano l’obiettivo dell’ attacco di Grillo, ma la figura in sé. Gli organi di garanzia stridono con la instant democracy della rete vagheggiata da Casaleggio. Che ruolo potrebbe mai avere un capo dello stato?
Se scompare il parlamento, insieme deve scomparire il presidente della repubblica come garante. In quella concezione, ogni potere è chiamato alla mera esecuzione di una volontà popolare certificata non in un vaglio elettorale periodico, ma in una rilevazione continua e istantanea. Che poi questo conduca a una fake democracy destinata a risolversi in una permanente e soffocante dittatura della maggioranza a quanto pare non interessa.
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M5S ha preso le distanze. Ci auguriamo che sia il segno non strumentale di una effettiva crescita culturale e politica, anche se il peso di Grillo e Casaleggio fa dubitare che il processo sia già concluso, e sia indolore per il movimento. Certo, non basta dire che questi temi non sono nel contratto di governo.
Se l’ esecutivo in carica durerà per la legislatura, accadrà certamente che questioni magari rilevantissime non trovino riscontro nel contratto, e vengano comunque in agenda. È già successo a Genova. Per quanto ci riguarda, siamo scesi in campo per difendere la Costituzione contro gli apprendisti stregoni del renzismo, e non esiteremmo a farlo di nuovo contro quelli in giallo, in verde, o in giallo-verde. Gufi una volta, gufi per sempre.
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il manifesto, 23 ottobre 2018
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(*) Libertà e Giustizia, nota associazione di gufi, concorda in pieno con questa analisi di Massimo Villone. È allarmante notare che il passaggio da opposizione a governo sembra comportare per tutte le forze politiche, e ora per il Movimento 5 Stelle, un fulmineo disinnamoramento per quella Costituzione cui si era giurata fedeltà.


Tomaso Montanari 

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