DECRETO IMMIGRAZIONE/NAZIONE DI SANGUE, PER LEGGE

03 Ott 2018

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

La cittadinanza moderna nasce sulle barricate parigine alla fine del Settecento come sviluppo del droit de cité, un diritto “per” e “degli” immigrati. Diritto di entrare e risiedere che consentiva di diventare cittadini a tutti gli effetti, con gli stessi diritti e doveri degli altri, uguali di fronte alla legge e al potere costituito.

Nel corso dei decenni, la nazione ha interrotto quell’ inizio aperto e ha fatto della cittadinanza uno status di privilegio, molto spesso per escludere, non solo respingendo chi veniva da fuori, ma anche trattando in maniera diversa le minoranze interne (come fecero le leggi razziali del 1938).

Per molti, troppi, la nazione ha assunto il significato di “corpo”, acquistando una dimensione biologica; con la politica a svolgere una funzione terapeutica, per prevenire o reprimere, per respingere o penalizzare.

La penalizzazione identitaria è anche oggi un’ arma usata. Anzi, è tra le armi privilegiate dal populismo nazionalista. Scrive Manuel Anselmi in un libro dedicato al populismo penale che con lo«sgretolamento del modello sociale protettivo, che era stato del welfare europeo della seconda metà del Novecento, il linguaggio della colpa e della pena, le istituzioni penitenziarie e quelle del controllo sociale coattivo sono tornate in auge a compensare il disorientamento della civiltà post-moderna e la fragilità delle sue istituzioni».

Incarceramento come politica di sicurezza sociale e sospetto come politica preventiva verso tutti coloro che possono infettare il corpo: le minoranze per ragioni di scelta sessuale o religiosa o etnica, e i naturalizzati italiani; e tra i non cittadini, tutti coloro che risiedono nel Paese o sono intenzionati ad avvicinarsi alle frontiere. Con il decreto Salvini si fanno labili le distinzioni tra immigrati, rifugiati, esiliati politici e inoltre, per chi vive in Italia, tra cittadini di nascita e non. Il provvedimento è una stretta sul diritto di cittadinanza, di residenza e di ingresso – per parafrasare Hannah Arendt, una esplicita dichiarazione che non tutti gli umani hanno l’eguale diritto di avere diritti.

Il provvedimento Salvini è di una radicalità gravissima perché nel colpire una parte numericamente minoritaria della popolazione ( i cittadini non per nascita), rompe la cittadinanza e manomette il fondamento stesso della nostra Costituzione che, tra l’ altro, nel suo primo articolo nomina l’Italia non gli italiani. In uno stato di diritto, la cittadinanza giuridica significa prima di tutto una eguale posizione dei cittadini nei confronti del potere costituito.
Discriminare, come fa questo decreto, fra cittadini italiani per nascita e cittadini naturalizzati (sempre vivranno con il rischio di perdere la cittadinanza) genera per legge una diseguaglianza di tipo etnico. La nazione di sangue si fa corpo a sé, tenendo gli altri, anche quando ammessi a godere della sua cittadinanza, in permanente stato di sorveglianza. Sempre ineguali.

Questa legge repressiva, discriminatoria e punitiva porta trionfalmente il nome del suo estensore che la pubblicizza sui social come in una campagna elettorale permanente.

 

La Repubblica, 27 settembre 2018

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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