Appello Cacciari/I valori civici universali nella formazione scolastica

27 Ago 2018

Tra le risposte che, su “La Repubblica”, sono state date all’appello di Massimo Cacciari per una mobilitazione contro il populismo sovranista (che rischia di affermarsi a livello europeo nelle elezioni del 2019), due hanno una pluralità di firme “accademiche”, in un caso di filosofi e nell’altro di pedagogisti, e segnalano la rilevanza, a tal fine, di un rinnovato impegno pubblico per lo sviluppo del sistema scolastico. Il riferimento è giustissimo, poiché i dati mostrano che il consenso elettorale ai populisti è correlato a un basso livello medio di istruzione, ma non è sufficiente.

Infatti, i valori di cittadinanza non sono oggi presenti nei contenuti dei programmi scolastici: affinché essi siano pienamente vissuti dai giovani, anche nella loro dimensione universale, cosmopolita, occorre dar vita a un intervento specifico. La “educazione civica” un tempo presente, e pur del tutto insufficiente, è stata cancellata. Beninteso, singoli docenti trovano il modo di dare un senso “civico” a tutto il loro insegnamento, ma si tratta di iniziative individuali.

Consideriamo un diciottenne “maturo” alla conclusione del ciclo secondario, all’età che gli consente di votare: Liceo o Istituto Tecnico non gli hanno fornito alcun elemento che gli consenta di valutare i problemi della nostra società meglio di quanto possa fare un coetaneo poco scolarizzato. L’analisi della Costituzione, che era alla base dell’Educazione Civica quando questa c’era, è un punto di partenza necessario per l’educazione alla cittadinanza; ma non ci si può fermare ad essa, come non si può fare la formazione del cittadino con mere lezioni dalla cattedra: metodi didattici diversi, interattivi, sono indispensabili per ogni insegnamento (ricordiamo, insieme all’americano Dewey, la nostra Montessori), ma in questo caso sono del tutto decisivi.

La gestione stessa della classe può essere un terreno di sperimentazione di vita collettiva, educando al necessario rispetto per i diversi ruoli, per la funzione di chi ha la responsabilità di una guida autorevole (ma non autoritaria) così come per la partecipazione consapevole di chi sa di dover imparare. Ed è prezioso il rapporto con il territorio: interagire con il Comune (con il Municipio, nelle grandi città) o con una istituzione culturale locale, anche attraverso un buon uso della “alternanza scuola/lavoro”, può essere determinante per comprendere l’assetto democratico delle istituzioni non sulla carta, ma in concreto.

La trattazione della tematica “civica” è rilevante anche al livello universitario: ivi deve assumere un taglio specifico, diverso da quello che essa avrebbe (se vi fosse!) ai precedenti livelli scolastici. Sia se il laureato svolgerà attività propriamente professionali, sia se sarà uno studioso accademico, la sua formazione dovrebbe averlo educato a essere pienamente consapevole delle responsabilità sociali che il suo lavoro comporta. L’analisi dell’impatto che l’azione del laureato in un determinato Corso di studio esercita sull’ambiente (non solo locale e neppure solo europeo, bensì “globale”) deve entrare perciò, a pieno titolo e con spazi adeguati, nella progettazione didattica del Corso stesso.

Prevedere, in questa progettazione, attività formative relative a tali responsabilità si connette a riflessioni ancora più complessive, oggi ampiamente condivise, circa la necessità che gli obiettivi formativi dei Corsi di studio universitari guardino al di là della mera acquisizione di conoscenze settoriali: l’accento va posto non solo sulle competenze disciplinari che consentano di utilizzare al meglio le conoscenze stesse, ma anche sulle competenze trasversali. E nulla è “trasversale” quanto la capacità di inserirsi correttamente nel sistema sociale.

Dispiace, da questo punto di vista, che le risposte universitarie che ho citato all’inizio siano dovute, separatamente, a due specifiche aree disciplinari (entrambe di area “umanistica”): non si è stati capaci di rompere il tradizionale settorialismo, e sono finora mancate le voci dall’area “scientifica”, che pure ha dato origine, soprattutto per la fisica ma anche per la biologia, a strutture di ricerca europee di grandissimo prestigio e pienamente sovranazionali. Occorre che questi limiti nella “mobilitazione” chiesta da Cacciari vengano superati al più presto: e anche “Libertà e Giustizia” è chiamata a dare una mano!

(*) L’autore, già professore ordinario di Analisi Matematica alla Facoltà di Scienze dell’Università di Genova, fin dagli anni ’60 segue le questioni delle riforme scolastiche e universitarie. Fa parte del Comitato dei Garanti di LeG.

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