C’ è ancora chi si stupisce, dentro il recinto del centrosinistra, di quanto invisi siano i suoi uomini e le sue donne al “popolo” che sta fuori, che guarda, che commenta e che giudica: che ha in mano il potere oggi più temuto, quello dell’ audience. Un popolo in funzione giudicante, pollice alto/pollice verso, fa paura. E la reazione alla paura denota il carattere. Chi teme i fischi sta a casa: questo è avvenuto ai funerali di Stato delle vittime per il crollo del viadotto di Genova. La sinistra assente. Maurizio Martina lasciato solo.
Questa diserzione è un’ immagine pietosa della mancanza di leadership, che è mancanza di carattere. Ed è la conferma di una delle numerose ragioni che stanno all’ origine del disprezzo largo, dell’ odio perfino, nei confronti del Pd. La politica si basa sull’ opinione, che non fa sconti.
Come non ne fa il voto. Il persistente stupore che a sinistra si avverte per questa contrarietà è segno di una radicale incapacità a comprendere.
Come chi nel Pd ancora sostiene che gli elettori “hanno sbagliato” a votare (il 4 dicembre e poi il 4 marzo). Ma nella gara democratica sbaglia chi perde. Invece si persiste in una irrealistica astrattezza nel rifiutare la realtà. Nel frattempo, gli italiani che hanno sbagliato fischiano.
Come tra i due tronconi del viadotto Morandi spezzato, tra la sinistra e gli italiani c’ è un baratro.
Peppe Provenzano, in un commento postato sulla sua pagina di Facebook, scrive che si deve avere il coraggio di cambiare persone e sigle, programmi e messaggi. Per ripartire occorre però liberarsi della zavorra che affonda la nave: quei vizi etico-politici che sono, oggi, alla base dell’ antipatia del popolo.
Un vizio è la saccenteria, quell’immagine fastidiosa di una sinistra che tutto capisce. Viene da lontano, quando la filosofia della storia dava la certezza della comprensione dei processi. Ma allora c’ era buona fede: si credeva. Oggi, il mito è morto ma quell’ atteggiamento è rimasto e genera un insopportabile e giustificato fastidio. Con quale autorità chi è di sinistra può dire di stare più vicino al vero degli altri? Un altro vizio, conseguente a questo, è la presunzione di competenza. Che aveva una ragione d’ essere (forse) ieri, ma non oggi: alla prova dei fatti, i suoi leader e ministri hanno mostrato di essere non sempre capaci e le loro decisioni non sempre buone. Eppure, resta l’ attitudine di aristocratica supponenza di chi crede di essere comunque dalla parte giusta.
Questo genera frustrazione in chi è ancora di sinistra e risentimento in chi lo era. Genera disprezzo in tutti gli altri, che sono sempre più numerosi.
Scriveva Albert O. Hirschman che non c’ è peggior categoria di politici di coloro che credono di sapere sempre come stanno le cose, senza bisogno di confrontarsi con chi non la pensa come loro poiché, oltre ad aver la mente chiusa al dubbio e all’ apprendimento, hanno la supponenza di chi non ha nulla da imparare. Il popolo che fischia dovrebbe essere come un libro di testo; per aprirlo e leggerlo occorre una disposizione basilare di umiltà, poiché ha più di una ragione per essere così critico.
La sinistra al governo non ha mantenuto molte delle sue promesse: non ha sempre operato per la giustizia sociale; non ha ridato forza al pubblico; non è stata sempre dalla parte dei lavoratori e del lavoro; non ha sempre avuto leader capaci, amati e lungimiranti; ha tentennato sui principi e spesso li ha traditi. Questi sono alcuni degli “errori” dai quali partire. Con umiltà e accettando il principio di realtà.
Repubblica, 21 agosto 2018
Tutte le disgrazie del Paese hanno un’unica origine: l’occupazione progressiva del Parlamento da parte di una mediocrità sempre più acuta e vasta, e di ogni orientamento socio-politico.
L’arresto del declino e del degrado in corso da decenni, non potrà venire da questa mediocrità perchè essa per la propria sopravvivenza, per non firmare il proprio suicidio, è costretta a riproporre se stessa, solo un filino peggio di sè.
Soltanto la discesa in campo dell miglior elite del Paese potrà invertire questo infausto percorso che pare non avere fine. Come ha scritto il prof. Sartori:
“Nella democrazia ideale la leadership rappresenta il meglio della cittadinanza (Sartori, The Theory of Democracy Revisited, vol. I, pp. 163-171).”
Ma finchè il nostro Palamento continuerà ad essere un bivacco di mediocrità contrapposte, dove le sedute si spendono in strenui scontri a parole scagliate reciprocamente come pietre, in una continua ed infinita campagna elettorale, se sui suoi scranni continueranno a sedere indegni quaraquaquà e compagni di merende, oppure giovani volenterosi senza storia e senza i titoli indispensabili che solo essa può assegnare, se le uniche persone degne sono quelle di nomina presidenziale, e accanto al Nobel Rubbia ha potuto sedere con l’avallo del suffragio universale il senatore Razzi, se le mediocri segreterie dei partiti continueranno a candidare servi sciocchi e fedeli e la miglior elite del Paese continuerà a guardare scettica dal suo asettico piano attico, non ci sarà alcuna possibilitàdi tornare degnamente e dignitoramente nell’Europa che conta, per contare quanto ci compete.
Da anni non mi limito ad auspicare e fare appelli, ma propongo a quella miglior elite una via percorribile ed efficace, che per le troppo umili origini non caglia. Di qualche settimana fà l’appello alla stessa elite del prof Cacciari, ma con la fallace intenzione di rinnovare il PD per spenderlo nuovamente nella competizione politica: oggi PD e “sinistra” provocano solo idiosincrasia e reazioni infastidite.
Il terminale “naturale” dell’appello di Cacciari DEVE essere il COORDINAMENTO per la DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE per una lista capace di raccogliere ancora un consenso importante assicurando affidabilità e credibilità, pur in un contesto assai più difficile che non alle elezioni del 4 Marzo, quando ancora la fiducia dell’elettorato nell’offerta politica era inferiore al 10%, Lega e M5S compresi.
Paolo Barbieri, socio circolo La Spezia
Quel che genera perplessità – nella dura requisitoria della prof.ssa Urbinati – è la enfatizzazione un po’ troppo acritica del ruolo dell’ opinione pubblica. Da vecchio partecipante a numerose manifestazioni di piazza non posso, ovviamente, che ritenere del tutto legittimi sia i fischi al segretario Pd e alla ex ministra Pinotti ( l’ esponente più importante del Pd genovese ) che gli applausi agli attuali governanti. Ma mi guarderei bene dallo scrivere che “ Il popolo che fischia dovrebbe essere come un libro di testo “. Da democratico militante , infatti, continuo a pensare che il libro di testo “ da aprire e leggere con una disposizione basilare di umiltà “ sia la nostra Carta costituzionale che, nata dall’eroico impegno di una esigua minoranza di nostri concittadini, declina in modo assai chiaro ( in particolare agli artt. 2, 3, 48 e 49 ) cosa debba intendersi per ‘ popolo sovrano ‘ e quali sono i limiti entro i quali quella sovranità può – e, in determinate situazioni, deve – essere esercitata. Ebbene, alla luce di quel formidabile ‘ libro di testo ‘ , resto sempre più convinto che un popolo che preferisce “ stare fuori ( dalla politica e non solo dal recinto del centrosinistra ), guardare, commentare, criticare, alzare o abbassare pollici “ non ha niente a che vedere con il popolo per il cui riscatto e per la cui sovranità si sono battuti i nostri padri resistenti/costituenti.
Giovanni De Stefanis, LeG Napoli