Essere ‘sovrani’ in una Repubblica democratica

29 Giu 2018

In questi nostri  tempi così poveri di politica e così ricchi  di demagogia, la Costituzione è sempre più spesso oggetto di strumentalizzazioni ed estrapolazioni di comodo.

E’ ciò che capita, per esempio, con il concetto di  ‘sovranità popolare’ di cui le forze  populiste enfatizzano la centralità omettendo, però, di precisare ciò che la Costituzione dice con molta chiarezza: e che, cioè, la sovranità va esercitata “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Forme e limiti pubblici, come è giusto che avvenga in una Repubblica democratica. Dove a nessuno -né al ‘demos‘ né tanto meno al singolo ‘civis’- può  essere consentito di privatizzare ciò che è per sua natura pubblico: in primis, ovviamente, le Istituzioni.

Tutti, invece, dovremmo avvertire il dovere civico di  collaborare alla gestione democratica della cosa pubblica. In che modo? Intanto adempiendo ai “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” di cui parla l’art.2 e, poi, impegnandoci attivamente -da ‘persone umane‘ pienamente sviluppate-  a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” di cui parla il secondo comma dell’ art.3.

Un popolo che invece interpreti la sua sovranità in chiave privatistica, come l’esercizio di un diritto di proprietà (esclusivo ed escludente)  sulla ‘res-pubblica‘ e non si adoperi, quotidianamente, perché tutti siano messi in condizione di effettiva libertà ed effettiva eguaglianza (conditio sine qua non per poter ‘partecipare effettivamente all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese), non è -a mio avviso- un popolo in sintonia con il modello di democrazia disegnato nella nostra Carta.

Dobbiamo, quindi, avere l’onestà intellettuale e civica di definire questo genere di popolo -fatto, appunto,  di  spettatori deleganti tanto inclini all’indignazione quanto gretti e provinciali nel difendere il loro  ‘particulare‘-  un popolo anti-costituzionale. E’ questo il popolo dei  populismi, delle propagande demagogiche, delle scorciatoie plebiscitarie, dei voti utili, del civismo anti-partitico, del primato della mitizzata  governabilità (che vive perfettamente a suo agio  nel deserto e nell’afonìa della politica) sulla ormai negletta rappresentatività (che, invece, muore se non è alimentata da una costante, attiva, responsabile e organizzata partecipazione dei rappresentati).

E’ un popolo che, anche oggi, voterebbe in massa a favore della liberazione di Barabba. E non perché Barabba simboleggia il male, ma perché l’alternativa offerta -duemila anni fa come oggi- è troppo scomoda e impopolare. Implicando, come implica, una  partecipazione effettiva, cioè un coinvolgimento totale della propria persona, dei propri ideali, della propria libertà di giudizio, della storia e dei progetti. Qualcosa, insomma, di ben diverso dalla pancia, dall’ istinto, dal bisogno materiale da soddisfare a qualunque costo. Anche a costo della libertà. Anche provocando crescenti disuguaglianze.

 .

(*) L’autore è socio del Circolo LeG di Napoli.

Supportaci

Difendiamo la Costituzione, i diritti e la democrazia, puoi unirti a noi, basta un piccolo contributo

Promuoviamo le ragioni del buon governo, la laicità dello Stato e l’efficacia e la correttezza dell’agire pubblico

Leggi anche

Le scuole di Libertà e Giustizia

L’Unione europea come garante di democrazia, pace, giustizia

In vista della legislatura 2024-2029, l’associazione Libertà e Giustizia propone sette incontri sul ruolo del Parlamento europeo e le possibilità di intervento dei singoli cittadini e delle associazioni

Approfondisci

Newsletter

Eventi, link e articoli per una cittadinanza attiva e consapevole direttamente nella tua casella di posta.