ROMA - Questo rischia di essere il governo più a destra di sempre. Peggio di quello di Tambroni, che almeno aveva alle spalle la Dc». Il sociologo Domenico De Masi evoca l’ esecutivo che nel 1960 ebbe l’ appoggio del Movimento sociale italiano. De Masi ha votato M5S, «da uomo di sinistra» precisa, «perché speravo che poi facessero un governo col Pd». Invece sta per nascere la compagine «più anti europea, più anti immigrati, più filo piccole imprese della Repubblica. Un giorno funebre».
Di Maio e Salvini che si prendono palazzo Chigi inquieta quel pezzo di società progressista che, per delusione verso il Pd, ha guardato con simpatia al Movimento, pensando che fosse «una costola della sinistra», per citare un’ espressione che D’ Alema nel ’95 usò nei confronti Lega. Stufa di Renzi ha votato per Di Maio: ora si ritrova un governo alla Orbàn.
De Masi ha votato M5S “ da uomo di sinistra “ perché “ speravo che poi facessero un governo col Pd “.
Trovo davvero inquietante questa affermazione del prof.De Masi che dovrebbe conoscere la differenza che c’è tra la democrazia rappresentativa – cui appartengono il Pd e le altre forze di quello che…fu il centro-sinistra italiano – e la democrazia diretta di cui è alfiere indiscusso il movimento fondato da Grillo e Casaleggio. Come poteva pensare che una tale, abissale, distanza tra visioni politico-istituzionali potesse essere colmata con la stessa disinvoltura con la quale viene esercitato – ormai da molto tempo – il diritto di voto nel nostro Paese?
Di Maio e Salvini che si prendono Palazzo Chigi inquieta quel pezzo di società progressista che, per delusione verso il Pd, ha guardato con simpatia al Movimento, pensando che fosse “ una costola della sinistra “ per citare un’ espressione che D’Alema nel ’95 usò nei confronti della Lega.
Fino a prova contraria, chi si professa ‘ di sinistra ‘ e ‘ progressista ‘ dovrebbe sapere che non tutti i ‘ democratici di sinistra ‘ accettarono di confluire – quasi 11 anni fa – nel partito democratico, dando vita ad un’area politica ‘ a sinistra del Pd ‘ che – da Sinistra Democratica a Sel fino alla nascita di Sinistra Italiana – era presente a queste ultime elezioni sotto il simbolo di ‘ Liberi e uguali ‘ . Chi ha guardato con simpatia al M5S , quindi, deve averlo fatto per una profonda….antipatìa nei confronti della sinistra che offriva – pur con non poche contraddizioni – una opzione certamente meno ‘ liberista’ di quella rappresentata dal Pd di Renzi.
Senza contare alternative di sinistra ancora più radicali, come i movimenti che hanno sostenuto ‘ Potere al Popolo ‘. I delusi del Pd, insomma, avevano altre alternative ma certamente più impegnative della delega al M5S : una delega mossa, appunto, da rabbia ( il ‘rovesciare il tavolo ‘di Ivano Marescotti ) e/o disperazione , da sentimenti – cioè – che poco o nulla hanno a che fare con l’ esercizio di un ‘ dovere civico ‘ ( art. 48,2°c, Cost.) e , tanto più, con la volontà di ‘ concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale “ ( art.49, Cost.).
C’è stato un doppio errore : uno ideale, perché i democratici hanno anteposto l’ interesse del partito a quello pubblico, pur di non fare l’ alleanza, e uno politico, perchè dicendo “ hanno vinto loro, ora governino”, hanno finito per ragionare come se fossimo in un sistema maggioritario ( De Monticelli).
Intanto bisogna dire che i cinquestelle hanno pregiudizialmente detto no a qualsiasi tipo di alleanza e/o coalizione con i partiti, proprio perché espressione di un modello di democrazia – quello rappresentativo – nel quale continuano pervicacemente a non riconoscersi. Poi, definire con toni vagamente dispregiativi ‘ interesse di partito ‘ la rappresentanza, bene o male, di 6 milioni di italiani per contrapporlo ad un più nobile ma indefinibile ‘ interesse pubblico ‘ – che sarebbe davvero riduttivo identificare con la necessità di dare un governo al Paese – non mi pare , onestamente, un’ operazione culturalmente saggia. Soprattutto dal punto di vista politico che , malgrado l’ ambiguità del sistema elettorale con il quale abbiamo votato il 4 di marzo, impone proprio di ‘ ragionare come se fossimo in un sistema maggioritario ‘. Potrà sembrare paradossale , infatti, ma dopo un quarto di secolo di sbornie maggioritarie era forse inevitabile che gli italiani non fossero in grado di cogliere le opportunità del proporzionale ( unico sistema in linea con il dettato costituzionale ) e polarizzassero ulteriormente lo scenario politico, premiando quei movimenti che hanno dimostrato di saper intercettare gli umori del popolo senza bisogno di tanti filtri e/o corpi intermedi.
Certe categorie, destra e sinistra, non valgono più ( Antonio Catania ).
Mi chiedo come sia possibile – proprio davanti alle crescenti diseguaglianze che stanno mettendo a rischio le fragili democrazie di tutto il mondo – sostenere sciocchezze del genere.
Giovanni De Stefanis, Leg Napoli