Morire per Donald?

14 Apr 2018

Domenico Gallo Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

La guerra infinita che sta massacrando la Siria si sta avvitando in un ulteriore e drammatico sviluppo.

Per quanto possa sembrare assurdo, ne abbiamo avuto conoscenza attraverso un tweet di Donald Trump che si rivolge alla Russia con toni di esaltazione della guerra tipicamente dannunziani: “”La Russia giura di abbattere tutti i missili sparati sulla Siria. Preparati Russia perché arriveranno, belli e nuovi e intelligenti!”.

Questo tono provocatorio e beffardo, oltre a farci dubitare della sanità mentale di un leader politico che ha nelle mani le chiavi per la distruzione della vita sulla terra, ci comunica che l’obiettivo dell’annunciato attacco missilistico non è una velleitaria punizione di Assad, per il crimine di uso di armi chimiche, ma il confronto militare diretto con la Russia, potenza protettrice di Assad, la cui influenza nella regione gli Stati Uniti vogliono ridimensionare. Dopo sette anni in cui Russia, Stati Uniti ed Iran si sono confrontati indirettamente, a spese della popolazione siriana, muovendo le loro pedine sul campo, adesso che Assad ha rovesciato le sorti del conflitto a suo favore, caduta ogni schermatura, ci stiamo avvicinando pericolosamente allo scontro diretto fra Russia e Stati Uniti, con il corollario dello scontro fra Iran ed Israele, già in atto, con l’attacco compiuto lunedi dall’aviazione israeliana alla base aerea sita nella provincia di Homs.

Le reazioni di Mosca, per quanto più misurate, confermano che la Russia si considera direttamente implicata nel preannunciato attacco americano. Mosca si dice pronta ad «abbattere i missili» con i suoi sistemi di difesa antiaerea S-300 e S-400 e a «distruggere i siti di lancio». Ora si dà il caso che i siti di lancio sono le navi militari ed i sottomarini americani (ed eventualmente quelli inglesi se parteciperanno all’azione). E che non si tratti solo di parole lo dimostra il fatto che tutte le navi russe ormeggiate nel porto Siriano di Tartous sono salpate ed adesso incrociano nel Mediterraneo orientale, evidentemente per contrastare l’annunciato attacco americano.

In questo scenario appare del tutto evidente che la questione dell’uso di armi chimiche a Douma nella scorsa settimana è un semplice pretesto per creare il casus belli. Se siano state usate armi chimiche lo può dire solo un’inchiesta sul terreno degli ispettori dell’OPAC (Organizzazione per la proibizione della armi chimiche). Ed è stata proprio l’OPAC, non certo i bombardamenti americani, che ha smantellato (almeno in massima parte) l’arsenale chimico di Assad, nell’ottobre del 2013, mettendo sotto sigilli oltre mille tonnellate di agenti chimici ed armi chimiche. D’altronde non possiamo dimenticare che la menzogna è la levatrice di ogni guerra. Quanti ricordano le oscene menzogne del segretario di stato USA Colin Powell, che il 5 febbraio 2003 cercò di convincere il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ad autorizzare l’uso della forza, esponendo le “prove” dell’esistenza di armi di distruzione di massa irachene, che semplicemente non esistevano?

I rapporti fra Stati Uniti e Russia non sono mai stati così vicino allo scontro militare dai tempi della crisi di Berlino del 1961 e da quella dei missili a Cuba nel 1962. E tuttavia all’epoca la situazione era meno pericolosa perché i capi della Potenze contrapposte erano guidati da ideologie che, per quanto differenti, li costringevano a rendere conto del loro operato e a mantenere il conflitto entro i binari della razionalità. In questa nuova situazione il conflitto nasce da pulsioni nazionaliste e da degenerazioni delle classi dirigenti. Così un presidente americano narcisista ed ignorante, cosa può trovare di meglio del ricorso a missili belli ed intelligenti  per far dimenticare i suoi traffici con le pornostar e gli intrighi preelettorali con gli agenti di Putin?

Se non vogliamo morire per Donald dobbiamo agire subito per smarcarci dall’alleanza che Trump sta cercando di costruire con Francia ed Inghilterra per andare allo scontro con la Russia. La prima cosa da fare è recuperare la nostra dignità di nazione ed impedire l’uso delle basi di Aviano e Sigonella.

Dire no alla guerra, prima che sia troppo tardi.

Magistrato, giudice della Corte di Cassazione. Eletto senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell’arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare del conflitto nella ex Jugoslavia.

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