La crisi italiana, il governo tedesco e l’Europa: partiti e sindacati

12 Apr 2018

Dopo più di un mese dalle elezioni del 4 marzo non sappiamo ancora se e quando ci sarà un nuovo governo e da quali forze politiche sarà sostenuto. Nel frattempo auguriamo buona continuazione nel lavoro europeo al governo Gentiloni per le importanti scadenze internazionali che lo attendono.

Molti citano, a sproposito, il caso della Germania, dove il nuovo governo di “grande coalizione” è entrato infine nel pieno delle sue azioni dopo le elezioni di settembre 2017. Per sei mesi -prima fra i partiti dell’ipotetica, poi fallita, coalizione “Giamaica”, in seguito fra CDU-CSU e SPD- hanno cercato un accordo sui programmi e solo dopo sui posti da ministro al servizio di tali programmi.

Per mutuare l’espressione del Trattato di Lisbona (articolo 10) la Germania è rimasta uno dei pochi Paesi europei dove si partecipa alla formazione della ‘politica-politica’ e si segue l’espressione della volontà politica dei cittadini, cosa che purtroppo non accade ancora a livello europeo. La legge elettorale tedesca, ben diversa dalla sciagurata legge italiana, sottolinea che il sistema non è forgiato dalla legge elettorale, ma che ha una dimensione sociale ben più profonda e radicata rispetto alle modalità di voto per il Parlamento.

I nostri partiti politici non discutono al loro interno e i quattro schieramenti (centrodestra, Cinque Stelle, centrosinistra e Leu) non parlano di programmi, tema del resto scarsamente e superficialmente presente in campagna elettorale. Tra i diversi argomenti quello meno gettonato è il rapporto tra l’Italia e l’Europa. Con l’eccezione delle insistite e preoccupanti fanfaronate di Matteo Salvini e delle istituzionalmente inusuali affermazioni del Presidente del Parlamento europeo, secondo cui solo un governo di centrodestra, guidato da Silvio Berlusconi, può essere una garanzia di stabilità in Europa.

C’è un’altra differenza non marginale fra la Germania e l’Italia che ha un’incidenza sostanziale sulla prima e sulle difficoltà economiche della seconda. Essa riguarda il ruolo delle cosiddette parti sociali (sindacati e imprenditoria). Pochi sanno che il cancelliere tedesco incontra tutti i lunedì sera i conti per l’azione del governo e tiene in considerazione (pur senza doversi adeguare) le posizioni delle parti sociali.

In Italia la Lega, da un lato, e Cinque Stelle, dall’altro, hanno più volte manifestato la loro volontà di chiudere la porta in faccia alle parti sociali e ai sindacati dei lavoratori, ignorando o fingendo di ignorare attori indispensabili sulla scena sociale moderna.

Questa posizione anti-sindacale affonda le sue radici in una più vasta sottovalutazione del dialogo sociale, di volta in volta facilitato o aggravato dal dialogo tra le parti. Si tratta di un fenomeno presente anche a livello europeo, tanto che la volontà di dialogo espressa ad esempio dalla Business Europe (presieduta da Emma Marcegaglia) con la Confederazione Europea dei sindacati è praticamente inesistente, condizionando il dialogo tra le parti sociali e le istituzioni europee. Intanto i sindacati italiani sono avviati verso le stagioni congressuali, prima la UIL e poi la CGIL e la CISL. Le dialettiche europee sono largamente convergenti nel sindacalismo europeo. Quando i sindacati si avviano ai loro congressi, il dibattito politico si accende in vista delle elezioni europee del 26 maggio 2019, concepite da molti (in Italia e non solo) come si trattasse di un altro test politico nazionale.

La coincidenza è in qualche modo felice perché -nel silenzio delle forze politiche- la preparazione dei congressi sindacali potrebbe essere l’occasione per porre con forza la questione di quale Italia conviene all’Europa e quale Europa conviene all’Italia.

In questo quadro il Movimento Europeo guarderà il suo Congresso nel prossimo autunno dopo aver adeguato,  nella prossima assemblea del 18 aprile, la suagovernance interna con un nuovo statuto. Siamo pronti a dare il nostro contributo di riflessione e idee a partire dal “patto per un’Europa unita, solidale e democratica”.

(*) L’autore è presidente del Movimento Europeo Italia. Movimento Europeo Italia, Newletter numero 1 – aprile 2018

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