La promessa mancata

09 Mar 2018

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Appare evidente che vi è stato un travaso di voti dal Pd al Movimento 5 Stelle. È avvenuto ovunque, ma un caso esemplare è quello delle regioni tradizionalmente rosse, come l’ Emilia-Romagna. Qui i grillini hanno attirato molti scontenti del partito di centrosinistra. È vero che molti ex Pci scelgono la Lega, perché anch’ essa è radicata sul territorio e attenta agli interessi degli inclusi, di chi usufruisce ancora di servizi sociali ma teme di perderli (ecco i sentimenti anti-immigrati). La Lega vive sulla paura di perdere questi traguardi, ottenuti nei decenni passati grazie alle sinistre e al loro associazionismo. Nella regione rossa per antonomasia, il partito di Salvini raccoglie i consensi della classe media operaia e artigiana che per decenni era la spina dorsale del blocco sociale della sinistra. Dove c’ è un qualche benessere, e paura di perderlo, ora che il solidarismo rosso è eroso, arriva il nazionalismo della Lega.

Però il travaso verso i Cinquestelle è diverso. Possiamo ipotizzare due categorie di elettori in uscita dal Pd verso il M5S: i delusi, scontenti della direzione renziana, che non si fidavano neppure di Leu; i disagiati sociali, una fascia più corposa che è minoritaria nelle regioni rosse, ma non altrove. Il Sud monocromatico grillino è rappresentativo di questa larga area di scontenti di una classe politica che, nonostante i proclami sulla giustizia sociale, non ha saputo aiutare chi di giustizia ha più bisogno. È in relazione allo scontento nei decenni post- Tangentopoli che dobbiamo anche valutare la volata dei pentastellati.

Il loro successo è l’ evidenza, non la causa, della fine della sinistra come idea- forza che vuole mantenere la promessa della cittadinanza democratica – dare a chi vive del proprio lavoro la possibilità di accedere alla vita sociale con dignità di cittadini, non con l’ umiliante carità, pubblica o privata che sia. La sinistra è stata questa promessa di libertà politica e dignità sociale: ecco perché ha dato centralità al lavoro. Questo era il vangelo della socialdemocrazia e dei partiti a essa ispirati. E la promessa l’ ha mantenuta con gli esclusi originari, con le prime generazioni della ricostruzione democratica, creando operai con orgoglio identitario e diritti, scuola e sanità pubbliche, ferie pagate e la possibilità di acquistare una casa. I diseredati sono diventati classe media. L’ emancipazione si è però fermata.

A un certo punto, la sinistra ha mostrato solo questa faccia: difesa dello status per chi lo aveva conquistato. Non ha continuato a includere ed emancipare i nuovi diseredati – chi ha perso il lavoro e non lo ha mai trovato, disoccupati e giovani in cerca di impiego. Le politiche di liberalizzazione non hanno aiutato gli esclusi; e nemmeno le deregolamentazioni del lavoro. Queste misure hanno aiutato la crescita di una parte della classe media o ne hanno tamponato il declino. Anche questo è il problema della sinistra – una sinistra che non c’ è più dove ha sempre promesso di esserci: dalla parte degli ultimi, non per consolarli ma per dar loro opportunità di dignità. La volata grillina tra le classi disagiate è la cartina di tornasole di una sinistra che si è spenta. Si tratta di chiedere al Movimento di Luigi Di Maio se ha la risposta a questi problemi, se può dare o ridare dignità. Si tratta di capire se alle proteste e alle giuste richieste seguiranno le risposte, e quali. Se i Cinquestelle possono supplire a una sinistra in declino.

la Repubblica, 8 marzo 2018

 

 

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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