I 70 anni della Costituzione

29 Dic 2017

Sandra Bonsanti Presidente emerita Libertà e Giustizia

Sono grata al Coordinamento per la Democrazia Costituzionale che mi consente di svolgere alcune considerazioni frutto di esperienze fatte nella mia veste di giornalista e cittadina. Dunque, un giudizio ma anche il ricordo diretto di quella che fu la prima mobilitazione della società civile contro riforme tese a stravolgere la nostra Carta.

Tutto ebbe inizio nella primavera del 2005. Il 25 febbraio Libertà e Giustizia comprò le pagine dei maggiori quotidiani, Altan ci venne in aiuto con una vignetta rimasta celebre. “La Costituzione è in pericolo!

Interveniamo o ci riserviamo il piacere di dire c he l’avevamo detto?”. Era accaduto che dopo una riunione di quattro “saggi” della Casa della Libertà in una baita di Lorenzago e una seduta del consiglio dei ministri era stata decisa dal governo di destra una riforma che, disse Giovanni Sartori, “squilibrerebbe pericolosamente gli equilibri costituzionali”.

Scrissi per il nostro sito un articolo intitolato “Salviamo la Costituzione” . La discussione a questo punto si stava trascinando al Senato in un preoccupante silenzio e nell’indifferenza delle forze politiche, anche di quelle che erano contrarie e alle quali LeG era pronta a dare il suo appoggio. Comunque, con quella pagina di giornale rompemmo il silenzio. Il 19 giugno (2004) Libertà e Giustizia chiamò a raccolta politici e costituzionalisti al Teatro Smeraldo di Milano. Intervenne Oscar Luigi Scalfaro e tenne un discorso sul quale molti dovrebbero ancora oggi riflettere e quando alla fine io gli chiesi così all’improvviso: “Presidente Lei farebbe il presidente del Comitato che raccoglierà le firme per chiedere un referendum?”, lui rispose: “Grazie, ci sarò”: Andò proprio così.

Il nostro fronte si allargò, c’era con noi Astrid di Franco Bassanini, la Cgil , i Democratici di Sinistra (L’Ulivo) e una larga fetta del mondo cattolico. A novembre formammo il comitato con Scalfaro presidente. Non avevamo un soldo per farci conoscere, per fare un piccolo manifesto. Giovanni Bachelet e io andammo da Ugo Sposetti, tesoriere dei democratici, e lui ci prestò i fondi per esistere, con l’accordo che se avessimo raccolto le firme e vinto il referendum avremmo subito restituito tutto, cosa che fu fatta.

Ci riunivamo a Roma, nella sede nazionale della Cgil, nacquero in tutta Italia i comitati, molti dei quali sono ancora oggi gli stessi. Raccogliemmo 500.000 firme (anzi, quasi un milione), ai banchetti nel gelo dell’inverno, ma anche con il calore della gente che capiva improvvisamente come fosse importante la partita aperta sulla Costituzione.

Avevamo meno di due mesi di tempo e i mezzi di informazione ancora ci ignoravano, ma il presidente Scalfaro, sempre sostenuto da Leopoldo Elia, era instancabile e quando gli dicevo “Forse non ce la faremo, mi dispiace che Lei si sia così esposto…”, mi rispondeva: “Non vorrete mica fare solo le battaglie che si è sicuri di vincere!” con il tono severo di chi non accetta titubanze.

Il giorno prima del voto ci arrivò il NO del presidente Ciampi e scrivemmo: “Andiamo a votare a testa alta: la Costituzione è di tutti”.

Aspettammo in Cgil i risultati: quindici milioni di italiani ( quasi sedici) dissero NO alla riforma di Berlusconi e meno di dieci dissero Si.

Avevamo vinto, con Scalfaro e con lui Leopoldo Elia. Entrambi ci convinsero che si trattava di una vittoria per il futuro, che da quel momento in avanti la Costituzione sarebbe stata sicura, che avrebbe potuto esser aggiornata ma non stravolta. Mai più…

Se ne sono andati entrambi, questi grandi personaggi della nostra storia, politica e costituzionale, con quella illusione nel cuore. Mai avrebbero potuto immaginare che altri, appartenenti a un partito che loro stessi avevano contribuito a far nascere (nel 2007 Scalfaro fu garante delle prime liste per eleggere l’assemblea del Pd per il Lazio come io lo fui per la Toscana) avrebbero prodotto, a dieci anni di distanza, qualcosa di molto simile alla riforma Berlusconi.

Perché e come è potuto accadere? Per rispondere a questa domanda che riguarda anche il nostro futuro devo riassumere una ricerca da me fatta e pubblicata nel volume “Il gioco grande del potere”: la nostra Costituzione è giovane, ma quelli che la combattono ci sono da sempre, fin dall’inizio. Guardate una foto: il 27 dicembre 1947, il primo Capo dello Stato italiano, Enrico De Nicola, firma a Palazzo Giustiniani la Costituzione. La sua testa bianca è china sul documento che sancisce e regola la libertà del popolo italiano.

In piedi lo osserva Alcide De Gasperi. Fra i due un giovane di 25 anni tiene in mano una cartellina col testo della Costituzione.

Quel giovane si chiama Francesco Cosentino, sarà un giorno segretario generale della Camera, è figlio d’arte, figlio di Ubaldo, alto funzionario dello Stato per lunghissimi anni. Ma Francesco lo incontriamo ai vertici della Loggia P2 (tessera numero 1608), strettissimo collaboratore di Licio Gelli e probabile autore insieme a lui del “Piano di Rinascita”, l’inquietante progetto politico della P2. Cosentino finì in maniera poco nobile la carriera in Parlamento: rimase coinvolto nello scandalo Lockeed e Sandro Pertini pretese che si dimettesse. Al suo posto arrivò, era il 15 aprile del 1976, Antonio Maccanico.

Non mi dilungo, ma voglio sottolineare che i nemici della Costituzione, promotori di riforme che stravolgono il disegno del 1947 a favore di una repubblica non più parlamentare, ma di stampo presidenziale, sono molti e antichi. Sono all’opera, nel segreto della Repubblica, sin da subito e non si sono rassegnati. Il loro disegno prima o poi riemerge e torna in superficie e tornerà ancora. La nostra Costituzione è troppo illuminata, e chi insegue un disegno di limitazione dei diritti e dunque della libertà, di mortificazione dell’autonomia e dei poteri del Parlamento non si è mai rassegnato. E’ un disegno eversivo, che troverà sempre nell’Italia civile che si è battuta per il NO nel 2006 e nel 2016 fieri oppositori.

(*) L’intervento di Sandra Bonsanti, che qui pubblichiamo, è stato scritto in occasione della celebrazione per i 70 anni della Costituzione avvenuta a Roma, in Senato, il 27 dicembre scorso.

Nata a Pisa nel 1937, sposata, ha tre figlie. Si è laureata in etruscologia a Firenze e ha vissuto per molti anni a New York. Ha cominciato la sua attività professionale nel 1969 al “Mondo” con Arrigo Benedetti.

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