Alessandria, se Eco non entra al liceo

29 Set 2017

L’ idea di intitolare a Eco il liceo classico dove l’ autore di “Il nome della Rosa” ha studiato da ragazzo sembrava una proposta di buon senso. Era stata lanciata, in febbraio, a un anno dalla morte del letterato, da un gruppo di illustri alessandrini: «Diciamocelo, chi altri meriterebbe il nome di quel liceo?», dice Gianni Coscia, fisarmonicista jazz di fama mondiale, compagno di banco di Eco. Così nasce il movimento per cambiare nome al liceo Plana. Il collegio dei docenti accetta e tutto sembra andare nella direzione voluta. Ma, un po’ inaspettatamente, a giugno cambia la giunta. Dal centrosinistra si transita al centrodestra. La poltrona di sindaco va al leghista Gianfranco Cuttica di Revigliasco, docente di storia dell’ arte con l’ aria vagamente bohémienne, foulard e capelli lunghi, non un rozzo con il campanaccio di quelli che popolavano il protoleghismo delle campagne. Anzi. Un intellettuale. È lui che in agosto deve scegliere se mantenere la vecchia intitolazione o accettare la nuova.

Seduto ai tavoli del caffè sotto il Municipio, Cuttica spiega il suo no all’ idea di un liceo Umberto Eco: «Non dobbiamo cancellare la memoria del passato. Non è dimenticando che si costruisce il futuro». Imperituro deve dunque rimanere il ricordo del matematico, astronomo, geodeta Giovanni, Antonio, Amedeo Plana costruttore, tra l’altro, di un «calendario meccanico universale che, grazie a un ingegnoso sistema di ruote dentate, catene e viti è in grado di identificare un giorno qualunque dall’ anno 1 sino al 4000», come si legge su Wikipedia. «In questi giorni – ammette il preside Roberto Grenna – ci siamo catapultati tutti su internet a rintracciare le gesta di Plana che, peraltro, era di Voghera e ad Alessandria ha vissuto poco più di un anno». Per la verità il liceo ha anche una seconda intitolazione nella parte che un tempo era l’ istituto professionale: «Quella sezione – aggiunge il preside – è intitolata a Diodata Saluzzo Roero, una poetessa del ‘700 che tutti naturalmente conoscono a menadito. Io stesso recito ogni giorno qualche sua poesia… Anche se in questo momento ho un’ incomprensibile e subitanea amnesia».

Signor sindaco, le ironie si sprecano. Dica la verità, ha bocciato Eco per ragioni ideologiche. «Ma le pare? Assolutamente no. La città si è divisa. L’ associazione degli amici del liceo è sempre stata contraria a cambiare nome. Perché intitolare nuovamente a un altro personaggio un liceo che, nella storia della città, si è sempre chiamato Plana?
Quando hanno chiesto il parere della giunta, che è obbligatorio, ho ritenuto che fosse meglio lasciare le cose come stavano. Per Eco ho in mente una soluzione alternativa: dedicargli l’ ex chiesa di San Francesco, un edificio del 1200 che stiamo ristrutturando ».

Una delle insegnanti di italiano del “Plana”, il mancato “Eco”, è Rita Rossa, fino a giugno sindaca della città: «Il mio – premette con sincerità – non è un giudizio imparziale: ho perso le elezioni. Ma non trovo fondate le ragioni del rifiuto della giunta. C’ è tutta una scuola, dagli studenti ai docenti, che chiede di cambiare nome per ricordare il suo allievo più illustre e l’ aministrazione si oppone. Bah. Tra poco tempo ci saranno decine di scuole in Italia dedicate ad Eco e noi non gli intitoliamo l’ istituto dove ha studiato ».

«Vedeva l’ aula delle lezioni dalla finestra di casa sua, era affezionato a quella scuola», ricorda il compagno di banco. «La verità – si arrabbia Coscia – è che più della politica conta l’ atavica tendenza degli alessandrini a non cambiare mai nulla. Pur di bocciare l’ idea sono arrivati a brandire come una clava una “Bustina di Minerva”». Un giorno, nella famosissima rubrica che teneva sull’ Espresso, lo scrittore si scagliò contro le guerre per intitolare vie e piazze a questo o quel personaggio. Dunque di che lamentarsi oggi? Eppure ad Alessandria ai nomi ci tengono eccome. «Solo che li hanno dati ai luoghi sbagliati», protesta Rossa. E ricostruisce: «Hanno intitolato la biblioteca a Francesca Calvo, l’ ex sindaca della Lega che aveva salvato la città dall’ alluvione. Avrebbero invece potuto dedicarle il nuovo ponte sul Tanaro, da lei voluto». Se avessero intitolato il ponte a Calvo, è il ragionamento conseguente, si sarebbe liberata la biblioteca per Eco. E quale soluzione migliore?
Perché in fondo i nomi sono importanti, almeno nel lungo periodo: «Dell’ antica Roma – si doleva Bernando Cluniacense – è rimasto solo il nome».

la Repubblica, 29 Settembre 2017

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