M5S, dal movimento di tutti al partito di qualcuno

14 Set 2017

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

«Tra i frutti della risposta emotiva al declino della democrazia dei partiti vi è il Vaffa Day, il movimento dei cittadini al quale Beppe Grillo ha dato voce – gentismo invece che partitismo»


La democrazia senza partiti e contro i partiti è stata negli ultimi tre decenni la risposta, non soltanto emotiva, alla caduta della democrazia dei partiti nella polvere della corruzione, portata in tribunale per aver mercanteggiato con i soldi pubblici il sostegno di privati potenti e gruppi di potere. I partiti hanno gestito le istituzioni e la macchina elettorale, come si supponeva che dovessero fare — ma lo hanno fatto non per perseguire obiettivi di interesse generale e tra loro alternanti, ma per mantenere la posizione dentro le istituzioni. Tra i frutti della risposta emotiva al declino della democrazia dei partiti vi è il Vaffa Day, il movimento dei cittadini al quale Beppe Grillo ha dato voce – gentismo invece che partitismo.

Ma la ruggine contro la democrazia dei partiti precede di molto il fatidico 1992. Nasce insieme alla repubblica dei partiti, in Assemblea Costituente c’erano anche i rappresentanti dell’Uomo Qualunque, il movimento-partito di Guglielmo Giannini, anch’ esso con un’ideologica gentista e anti-partitista, liberale e anti-statalista, orientata a destra. Molte pulsioni dell’ uomoqualunquismo sono ricomparsi nel Vaffa Day. Ma l’antipartitismo ebbe anche propaggini più a sinistra; per esempio con una visione comunitaria di democrazia che doveva unire competenza e partecipazione, creare un ordine sociale strutturato per gruppi di funzioni complementari invece che per individui. Simile a questo fu il sogno di Adriano Olivetti di una “democrazia senza partiti”, dal quale emerse il co-fondatore del M5S, Gianroberto Casaleggio.

La sua impronta sul movimento è ben espressa nel volume pubblicato insieme a Beppe Grillo, Siamo in guerra, dove si profetizza una visione di “mondo nuovo” fatto di connettività, senza partiti e possibilmente senza istituzioni statali perché senza un “dentro” e un “fuori”. La totalità della Rete come preambolo di una società totale tecnocratica e senza più parzialità partigiane: il mito di una società coesa e integrata per autonoma cogestione — un mito libertario e tuttavia non individualista; organico ma senza gerarchie. Questo doveva essere il progetto del non-partito M5S.

Scriveva Norberto Bobbio che i critici della rappresentanza politica sono anche critici della democrazia dei partiti. Il loro sogno è di avere una rappresentanza diretta o una delega con mandato imperativo (come propose appunto Grillo nel 2013, quando il suo gruppo portò un esercito di rappresentanti in Parlamento), così da togliere libertà agli eletti e superare la detestata divisione “dentro/fuori”. Ma quale sarebbe l’esito di questo mito totalizzante? L’esito sarebbe una democrazia di partiti personali, ammoniva Bobbio, in cui i signori Bianchi o Rossi chiedono voti in nome di quel che dicono e sono. Votandoli, tuttavia, si finirà per dar vita veramente a un Parlamento di plenipotenziari che faranno quel che vorranno poiché loro saranno il partito, decidendo senza limiti l’azione legislativa e di governo. Al di fuori di una piccola città-Stato, la democrazia senza partiti è un tremendo sistema di potere che possiamo chiamare “rappresentativo patrimoniale”, un termine che è un ossimoro, poiché la rappresentanza moderna è stata la pietra tombale del patrimonialismo.

Eppure, la storia è capace di darci ossimori e sorprese. E a leggere Supernova di Nicola Biondo e Marco Canestrari si ha il timore di trovarsi di fronte a una forma di potere davvero inedita e molto inquietante. Il libro parla del M5S nell’ età di Luigi Di Maio come la chiusura del cerchio: la trasformazione da puro movimento anti-partito a movimento di qualcuno, del leader designato Di Maio. “A quel punto il Movimento non sarà altro che lui”. Proprio come aveva paventato Bobbio riflettendo sull’ ondata di anti- partitismo, allora solo all’ inizio.

La transizione assai veloce dal “movimento di tutti” al “partito di qualcuno”, dal gentismo al personalismo senza contrappesi (poiché la Rete stessa è stata esautorata) ci conferma la grande diffidenza che dobbiamo nutrire nei confronti della propaganda anti-partitica. I partiti- associazione, con statuti pubblici (possibilmente attenti a trovare contrappesi al potere del leader nel potere degli iscritti e di organi collegiali di discussione e decisione), sono una garanzia e un baluardo contro i partiti- di-qualcuno, anche quando il qualcuno non è un ricco uomo d’affari. Quel che appare dalle trasformazioni del M5S è che il “capitale” del consenso-via-audience può generare una versione post- moderna di patrimonialismo: dove il patrimonio è l’assenza di struttura e la presenza differita via Rete di un pubblico indefinito.

La Repubblica, 10 settembre 2017


Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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