Saviano: io sto con Msf, errore introdurre il reato umanitario

Saviano: io sto con Msf, errore introdurre il reato umanitario

Io sto con Medici senza Frontiere. Lo voglio dire ed esprimere chiaramente in un momento in cui sta avvenendo la più pericolosa delle dinamiche, ossia la criminalizzazione del gesto umanitario. Sto con Medici senza Frontiere nella decisione di non firmare il codice di condotta per le Ong che fanno salvataggi in mare voluto dal ministro Minniti. È una scelta importante e sostanziale, non un capriccio. Medici Senza Frontiere (Premio Nobel per la Pace 1999) difende un principio fondamentale: la neutralità.

Questo significa che avere agenti armati sulle navi sarebbe la fine di questo principio. Il lettore forse ingenuo mi dirà: ma come? È una garanzia per tutti avere agenti armati sulle navi di Msf: per i migranti, per gli operatori volontari, per la sicurezza. Invece non è così e per capirlo basta conoscere le dinamiche di chi opera in situazioni difficili, di emergenza sanitaria, di guerra, dove l’assoluta assenza di armi nei luoghi del soccorso rappresenta la vera protezione. Il segnale di divieto che disegna il kalashnikov inserito nel cerchio rosso sbarrato è fuori di ogni laboratorio, ogni tenda, ogni presidio di Msf, Emergency e non solo.

l’elemento fondante che permette alle Ong di agire in sicurezza e con la propria identità. Non avere armi in un luogo di soccorso non significa che sono luoghi dove la legge è sospesa, tutt’altro. Infatti qualsiasi sbarco di profughi che effettua Msf viene coordinato dalla Guardia costiera e una volta a terra c’è totale collaborazione con le forze di polizia. A Mosul, ad Haiti, in Congo i soldati di qualsiasi esercito lasciano le armi fuori dai presidi di Msf. Invece il governo italiano vorrebbe portare agenti armati sulle navi.

Non firmando il codice Msf salva i suoi operatori e la sua condotta, tutte le parti in causa nei conflitti devono sapere che Msf non ha armi, mai, non nasconde soldati sotto le sue pettorine, non è un luogo utilizzato per indagini, ma solo di soccorso. Questi sono i motivi per i quali Msf non ha sottoscritto il codice. Altre Ong possono firmare il patto Minniti perché non hanno presidi in zone di guerra o perché facendolo sanno di non mettere a repentaglio la propria identità. Ma non Msf.

In questa triste fase storica si sta configurando in Italia, come ha scritto Luigi Manconi su Il manifesto e come scrive da giorni Avvenire, il “reato umanitario”. È il frutto di mesi di confusione, durante i quali tutte le parti politiche hanno soffiato – in un clima di perenne campagna elettorale – sul fuoco della paura. Dall’aberrante definizione di “taxi del mare” di Di Maio sino a chi pone sullo stesso piano gli affari criminali fatti da Mafia Capitale e il business dei trafficanti con l’attività di chi salva vite. Tutti luoghi comuni banali, semplici, veloci per configurare il “reato umanitario”.

L’indagine sulla Ong tedesca Jugend Rettet (che non ha firmato il protocollo Minniti) non c’entra nulla con le insinuazioni fatte sino ad oggi, tese a dimostrare che le Ong sono braccia operative dei trafficanti. Nonostante si cerchi di manipolare il più possibile – come tenta di fare l’aberrante (e come sempre ridicolo) post di Matteo Salvini che parla di Ong che hanno protetto scafisti – secondo la stessa procura di Trapani avrebbero agito “non per denaro” ma per “motivi umanitari”. In ogni caso se gli appartenenti a Jugend Rettet hanno commesso reati, verranno processati e, qualora riconosciuti colpevoli, condannati. Quello che sappiamo sino ad oggi è che se hanno violato regole lo hanno fatto per realizzare un corridoio umanitario, come lo definisce Massimo Bordin di Radio Radicale. Null’altro che questo.

Mi domando a questo punto dove nasce tutto questo odio? Siamo di fronte a dinamiche psicologiche semplici, basterebbe rileggere “Psicologia delle folle” di Gustave Le Bon. Di fronte al senso di colpa d’essere incapaci di agire, dinanzi a centinaia di bambini che annegano nel Mediterraneo, si accusa chi agisce. La stessa cosa avviene con le mafie. Spesso è più facile attaccare chi combatte la mafia piuttosto del mafioso. Un paese al collasso economico e demografico ha l’esigenza di trovare altrove i colpevoli: i migranti sono il capro espiatorio perfetto.

Più è semplice la lettura più verrà adottato quel bersaglio. Manca il lavoro? Colpa degli immigrati. Aumentano i crimini? Colpa degli immigrati. Anche se i dati ci smentiscono, anche se si ha una falsa percezione del problema. Furbescamente chi soffia sulla paura, sul razzismo, vuole approfittare della enorme possibilità distraente del dramma immigrazione. Se il problema sono gli immigrati l’incapacità economica di far ripartire il paese, di snellire le dinamiche burocratiche, di contrastare il crimine organizzato diventa un corollario.

La coperta dell’immigrazione protegge tutti. Per cui quando Renzi dichiara “pugno duro contro le Ong che hanno contatti con i trafficanti”, senza conoscere i termini dell’indagine, bisognerebbe rispondere che ci sarebbe piaciuto sentirlo tuonare contro la vendita delle armi italiane ai paesi in guerra. Né abbiamo sentito insistere Minniti sulla necessità di aumentare la quota di Pil destinato ai paesi in via di sviluppo che oggi è appena dello 0,17%. Parole legittime le loro ma che li precipitano al di fuori della tradizione di sinistra del paese.

Avverto i miei lettori: tutti coloro che non si inseriscono nella canea anti immigrazione e contro le Ong saranno soli. In questo momento l’odio verso le Ong e verso gli immigrati non ha pari, magari le mafie avessero avuto contro tutto questo impegno e questa solerzia. Facciamoci forza, io ne sono consapevole. Bersagliati dalle più basse menzogne, ci vedremo sui social sommersi dalle più comuni banalità. Sarà un profluvio di “portateli a casa tu”, “vi fate pagare per fare le anime belle”, “buonisti”. Ma pazientemente, smontando il fuoco di fila delle bugie ne verremo fuori. Ricordo che non è solo il Mediterraneo a vivere il problema profughi, anzi sono quasi 3 milioni i rifugiati intorno al Lago Chad dove si sta consumando una delle peggiori crisi umanitarie del nostro tempo e che tocca l’intera regione compresa tra il Chad, il Niger, la Nigeria e il Camerun. Profughi e sfollati che vivono in condizioni infernali, a Diffa, ad Assaga, a Yebi e cito solo alcuni di questi luoghi. Dimenticati e infinitamente più numerosi di quelli che si affacciano sulle rive del Mediterraneo.

In Uganda, i rifugiati arrivati in seguito al riaccendersi delle violenze in Sud Sudan sono oltre 900mila, molto al di sopra delle migliaia che l’Europa non riesce e non vuole gestire. Situazioni drammatiche e dimenticate, che Msf testimonia ogni giorno attraverso i suoi team impegnati a garantire un accesso dignitoso alla salute e all’acqua. Sono uomini, donne e bambini che non busseranno alla nostra porta e per i quali dovrebbero invece essere consentiti dei corridoi umanitari, soluzioni nuove che promuovano una cultura diversa dall’indifferenza. Le Ong stanno semplicemente supplendo all’assenza dell’Europa. Sono davvero ingenui utopisti che vogliono ancora salvare le vite umane mentre come dicono anche alcuni esponenti del Pd “non possiamo più permettercelo”? Non è così. In realtà pensare di presidiare il Mediterraneo con le navi da guerra per fermare questi flussi è la vera colpevole ingenuità. In verità il codice sottende un unico obiettivo: provare a limitare gli sbarchi. Quello che non si è riuscito ad ottenere politicamente si scarica sulle Ong e sui migranti.

Questo è evidente con il divieto di trasbordare migranti su altre navi. Provo a chiarire: immaginate che ci siano due navi che possono riempirsi sino a mille profughi, ne raccolgono un giorno solo trenta, razionalmente li spostano su una nave e la si fa partire e l’altra resta a presidiare. Da oggi non si potrà più farlo, il codice costringe le imbarcazioni delle Ong a trascorrere moltissimo tempo in viaggio tra le coste libiche e quelle italiane raccogliendo meno persone, portandone meno in Italia e lasciandone di più in mezzo al mare. Questo è il secondo motivo per cui Msf non ha firmato il codice Minniti.

E allora che cosa si può fare? Provare a razionalizzare partendo da un presupposto: come salvare vite umane, vite come la nostra. E imprimere nella nostra mente le parole di Loris De Filippi, presidente di Medici senza frontiere: “Ogni giorno migliaia di uomini, donne e bambini continuano a prendere il mare affidandosi a trafficanti senza scrupoli. Non lo fanno perché potrebbero esserci delle barche a salvarli al largo della Libia, ma perché non hanno altra scelta e le politiche europee non offrono loro alcuna alternativa. Non sono le organizzazioni umanitarie, ma le politiche europee a favorire i trafficanti”. Ecco perché io sto dalla loro parte.

 

La Repubblica, 5 agosto 2017

2 commenti

  • Però attenzione, caro Saviano, a non criminalizzare chi semplicemente pone questioni e cerca, col cuore e con la ragione, di esaminare tutti gli aspetti della questione: attenzione a non fare di tutte l’erbe un fascio salviniano! Le questioni sollevate da Milena Gabanelli e riprese da Marco Travaglio non hanno niente a che vedere con l’odio!
    Dell’Italia nei Paesi che hanno già assorbito, per tradizione storica o capacità effettive, molta più immigrazione di quanto abbiamo saputo fare noi, si parla malissimo, ma perché? Per due motivi. Il primo e fondamentale è che non esistono veri percorsi di integrazione di quelli che arrivano – con poche meravigliose eccezioni, come in alcuni comuni ad esempio nel Salento. E’ vero cioè che si sprecano molti soldi semplicemente per un’accoglienza che non è tale, si limita a fornire un letto in cui dormire ed è qualcosa, ma non risponde al desiderio di integrarsi, di lavorare, di dare un senso a quei mesi e forse anni di attesa incerta…. Ma il secondo motivo è la mancanza di efficienza nelle attività di identificazione e controllo, che evidentemente comprendono anche il controllo dei racket dei trasporti, l’identificazione degli scafisti eccetera. Lei sa naturalmente che la non efficienza nell’identificazione dipende in gran parte dal fatto che i migranti non vogliono restare in Italia, mentre il Trattato di Dublino li obbliga a restare dove vengono identificati…. Ma questo è un circolo vizioso, mi pare, che dà ai Paesi europei argomenti per chiudere alle nostre richieste di modificare gli accordi di Dublino. Prima mettetevi in regola e poi ci pensiamo, dicono…. E non si può dunque interpretare il codice di autodisciplina come un passo in questa direzione – di maggior coinvolgimento dell’Europa – e non in direzione “securitaria”, se poi si fa attenzione all’effettiva statistica per cui più ne vengono salvati e più la pressione aumenta, quindi aumenta anche il numero dei morti? Non è possibile, ogni tanto, sollevare una domanda o un dubbio senza….. essere affibbiati a una parte o all’altra di una politica che non ha niente a che fare con la perplessità, la ricerca, il ragionamento? Le sarei gratissima di una risposta.
    Roberta De Monticelli

  • Continuare a parlare di “accoglienza” senza considerare che l’ONU prevede per il 2050 un incremento demografico africano di oltre un MILIARDO di individui, è una cieca assurdità incapace di guardare la realtà, che, come si dice, ha la testa dura!

    Il prof. Romano Prodi già nell’Aprile 14 firmava un editoriale sul Messaggero che titolava “Un salvagente per l’Africa, altrimenti l’immigrazione ci travolgerà”. Prodi, conoscitore di Africa ed Europa, colto, cattolico adulto e coerente, non Salvini. E qualche settimana fa è tornato sul tema affermando che senza un piano Marchall (o Merkel), una grande tragedia umanitaria, sarà inevitabile.

    Che vuol dire che solo l’Africa può ospitare un MILIARDO di nuovi africani: un’Africa bonificata da guerre, da ignoranza demografica e ambientale, da insufficienza alimentare e similia.

    Considerando che un € speso male in Europa, in Italia e nel Mediterraneo, vale 20/50/100 € investiti in Africa. Ma si preferisce dare miliardi ad Erdogan.

    La solidarietà deve restare SOSTENIBILE altrimenti insterilisce e muore generando conflitti tra poveri, che i paesi europei, anche i nordici evoluti ed accoglienti, che chiudono le frontiere, vogliono evitarsi. Dovrà farlo drammaticamente anche l’Italia costretta dalla dimensione delle migrazioni in atto e in prospettiva. Oltre che dalla cronica mediocrità e incapacità dei suoi politici e alla volontà di ignorare questo problema del mondo cosiddetto sviluppato.

    Paolo Barbieri

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