Rodotà, l’Italia della Costituzione e del popolo sovrano

Rodotà, l’Italia della Costituzione e del popolo sovrano

Si serra la gola alla notizia che non ascolteremo più la voce ferma, affettuosa e ironica di Stefano Rodotà. E si sente che da oggi, senza quella voce, siamo ancora un po’ meno sovrani: un po’ più indifesi, più soli, più fragili.

Quando capitava di camminare per strada in sua compagnia, invariabilmente succedeva che un cittadino si avvicinasse per salutarlo chiamandolo ‘presidente’. E non si riferiva alle sue tantissime presidenze (per esempio a quella del Partito Democratico della Sinistra, in un’epoca politica che oggi sembra remotissima), ma al fatto che per molti, per molti di noi, Stefano Rodotà era il presidente morale della Repubblica. Non c’erano polemica, o faziosità in questo dolce legame sentimentale: c’era invece un profondo senso di gratitudine. Tutti ricordiamo quell’aprile di quattro anni fa, in cui il nome di Rodotà risuonò per 217 volte nell’aula di Montecitorio dove si eleggeva il Capo dello Stato. E ad ogni lettura l’immaginazione correva verso un’altra Italia: un’Italia più libera, più dignitosa, più solidale. L’Italia della Costituzione e del popolo sovrano.

L’Italia che tante volte è scesa in piazza per questa Costituzione e questa sovranità: e Libertà e Giustizia ricorda con profonda gratitudine, tra tante occasioni di incontro e lotta comune, la presenza di Stefano alla grande manifestazione romana dell’ottobre del 2013 per difendere la “via maestra” della Costituzione.

Il Rodotà politico era la naturale – ma quanto coraggiosa! – conseguenza dello studioso che non ha usato la sapienza del diritto per rendere più potenti i detentori del potere, ma per restituirne un po’ agli oppressi, agli ultimi. Se dovessi indicare il nucleo della sua altissima lezione direi che ci ha insegnato – sono parole sue – «l’irriducibilità del mondo al mercato». La più essenziale delle lezioni di cui ha bisogno il mondo di oggi.

Tra i beni comuni che è vitale sottrarre alla dittatura del mercato, Rodotà ne indicava uno modernissimo quanto essenziale: la rete. «In questo spazio – ha scritto – tutti e ciascuno acquistano la possibilità di prendere la parola, acquisire conoscenze, creare idee e non solo informazioni, esercitare il diritto di critica, discutere, partecipare alla vita pubblica, costruendo così una società diversa, nella quale ciascuno può rivendicare il suo diritto ad essere egualmente cittadino. Ma questo diviene più difficile, se non impossibile, se la conoscenza viene recintata, affidata alla pura logica del mercato, imprigionata da meccanismi di esclusione che ne disconoscono la vera natura e così mortificano una ascesa che ha fatto della conoscenza in rete il più evidente dei beni comuni». Tra i tanti diritti al cui studio e alla cui difesa Rodotà ha dedicato una lunga vita felice è forse proprio il diritto alla conoscenza quello che oggi appare il fondamento più essenziale, e insieme più fragile, della nostra democrazia.

Il modo migliore per ricordare questo nostro grande amico, per provare ad essergli grati, è continuare a lottare per costruire, con le sue parole e le sue idee, «una società diversa».

il Fatto Quotidiano, 24 Giugno 2017

(*) Presidente di Libertà e Giustizia.

4 commenti

  • Serra la gola, stringe il cuore, comprime l’anima…solo l’angoscia dilaga.

    Se ne va un’altra Eccellenza del paese. E non si riesce a scorgere alcuno che possa avviarsi ad occuparne anche gradualmente il vuoto.

    Ci si aggrappa alla speranza, ma la mediocrità arrembante ha perso un altro grande argine.

    E nel 2013 il Popolo Sovrano, orfano di leaders “naturali” di valore, ha perduto un altro incontro con la storia non “imponendo” ai grandi elettori, grandi solo nel modo di dire, il nome del Presidente più desiderato.

  • Di fronte a persone come Stefano Rodotà credo che ogni commento suoni retorico, è stato un esempio di onestà intellettuale, di coerenza, di competenza e di…..modestia e queste qualità ne fanno un esempio che lascia e lascerà un grande vuoto. Unica consolazione è pensare che perfino in un Paese come questo, con tutto ciò che conosciamo, possano avere voce (autorevole) uomini come Rodotà….Forse una speranza c’è…………….

  • Ogni volta che l’ ho sentito parlare, ho sempre visto una persona giovane. Era la freschezza dell’ animo, che infondeva freschezza alle sue idee, pur saggiamente calibrate in una visione ampia e generosa. Il sorriso appena ritroso, per sconfinata gentilezza. Come far capire a chi gestisce la cosa pubblica, l ‘informazione, che è questo il mondo che noi vogliamo, che esiste, e ci vogliamo vivere, esseri umani in mezzo a esseri umani

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