Corrado del Bò: Siamo tutti turisti di massa. Inutile voler fare gli alternativi

21 Giu 2017

“Siamo tutti turisti. Non viaggiatori. Il turista è colui che si sposta per diletto, per svago, per divertimento. Viaggiare vuole dire scoperta, avventura, è un’idea dei tempi passati.

Ed è inutile rifarsi a questo concetto affannandosi di distinguersi dalla massa”. Il professore di Filosofia del diritto e Filosofia del Turismo, Corrado Del Bò, non lascia all’homo low cost un grosso margine di manovra.

Il suo punto di vista, inesorabilmente filosofico parte da questo sillogismo: “Di luoghi davvero incontaminati al mondo oramai quasi non ne esistono. Essere dei pionieri è impossibile visto che il mondo è già tutto noto. Quindi, se esistono dei luoghi dove il turismo non arriva è solo perché non sono agevoli. E nel caso in cui lo diventassero, non sarebbero più incontaminati, perché arriverebbe anche lì il turismo cosiddetto di massa”.

Quindi? Niente, anche chi di noi pensava “da snob” di essere stato particolarmente originale nella scelta della meta di quest’estate è destinato a perpetrare l’assioma del professore sintetizzato nelle 140 pagine del suo libro: Etica del turismo, in libreria per Carocci.

Un testo che andrebbe studiato prima di partire, ma anche al ritorno. Il sottotitolo: “Responsabilità, sostenibilità, equità”, ne spiega il motivo.

Certo “non si tratta di un breviario”, come chiarisce l’ autore, che sottolinea anzi come la sua opera pre-feriale non abbia come fine quello di tradursi nel ‘manuale del giusto comportamento del turista’”. Né, tantomeno, aggiungiamo noi, ci si trova di fronte a paginate giudicanti contro le abitudini degli “uomini feriali”. Anzi, già alla domanda su cosa pensi dell’ ultima moda del turista straniero a Roma di prendere il sole sui marciapiedi del centro, Del Bò si fa riconoscere, rispondendo, fuori da qualsiasi attesa: “Non c’è niente di moralmente sbagliato. Anzi, è probabile che l’ errore stia nel sentire di chi vi scorge un cattivo comportamento”. La verità è che secondo il professore di Etica è chiaro che l’avversione nei confronti dei turisti, soprattutto quelli in formato “gregge”, sia totalmente ideologica e che di fondamento ne abbia poco.

“Quando si va in vacanza – ci istruisce Del Bò – si ha l’esigenza di rompere la continuità con la vita di ogni giorno e anche di fare ciò che nella vita ‘reale’ non si farebbe, come ad esempio, prendere il sole al Colosseo. Altrimenti – continua il prof. – come ci spiegheremmo l’abbigliamento tipico del turista?

A questo “fenomeno per forza di cose pervasivo, soprattutto dalla fine del 900 in poi, con l’arrivo dei viaggi organizzati prima e dei low cost dopo”, che è lo spostarsi tutti negli stessi luoghi e nelle stesse date, non c’è scampo. Quello che semmai è cambiato è l’approccio di alcuni di noi, che, secondo Del Bò, infatti, hanno progressivamente sviluppato più o meno consciamente, una specie di “turistofobia”, ossia paura di percepirci come i “soliti” turisti, o meglio, l’esigenza di non percepirci come tali, e soprattutto la vera questione è “ci teniamo a non essere percepiti dagli altri come coloro di cui stigmatizziamo determinati comportamenti”.

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Ma se è vero tutto questo prendere le distanze (nel vero senso della parola: c’ è chi per distinguersi dalla massa è disposto a ogni peripezia in giro per il mondo) è uno spreco di energie, è anche vero che monumenti e luoghi “sacri” periti sotto ai danni provocati dalle masse di visitatori ringrazierebbero gli aspiranti viaggiatori.

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Questo “anche perché – sottolinea il professore – esistono luoghi strutturalmente inadatti ad accogliere le masse, come ad esempio le isole Galapagos”. Ed è qui che il ragionamento di Del Bò si fa dicotomico come sintetizza nel capitolo “Turismo ed equità”.

Vale a dire che se “sicuramente esiste e deve esistere una democrazia del turismo”, che significa che chiunque ha il diritto di visitare i luoghi che più gli aggradano, non è sbagliato, quando serve, come nel caso di Venezia, “limitare, ovviamente senza alcun tipo di discriminazione, neanche di prezzo” l’accesso al sito”, chiarisce Del Bò.

Purché – attenzione – per risolvere il problema delle masse, non si parli di leggi antibivacco. Da quella del sindaco di Firenze Nardella che fa lavare le scale del Duomo per impedire che i turisti ci si siedano a sporcare, a quella della sindaca di Roma, Raggi che fa transennare le fontane della Capitale ai primi caldi per evitare che a qualcuno venga il prurito della Ekberg. “Sono misure totalmente inefficaci – sbotta il professore – i regolamenti comunali a volte contengono anche delle cose anche buffe, ma non servono a niente. Fanno più da moral suasion che altro”. E a proposito di morale, ad essere osteggiato, secondo Del Bò dovrebbe essere invece il turismo sessuale. “Non soltanto quello pedopornografico contro cui siamo più sensibili, ma quello esercitato sugli abitanti dei paesi in via di sviluppo. È molto più subdolo questo e molto meno riconoscibile, perché passa dal potere che viene al turista dalla sua ricchezza esibita agli occhi degli abitanti del luogo in stato di indigenza. È la disparità socioeconomica del turismo”.

Come dire: noi turisti frequentiamo quei luoghi perché con poco ci divertiamo, anche sessualmente, senza preoccuparci che con quel poco in quei Paesi, c’ è chi neanche riesce a vivere. Un vero accanimento di massa.

Il Fatto Quotidiano, 20 giugno 2017

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