VOLONTARI LICENZIABILI

27 Mag 2017

Tomaso Montanari

SI POSSONO licenziare dei volontari? Al ministero per i Beni culturali si può. E la motivazione è strepitosa: erano pagati. Uno scandalo: perché «questi volontari devono lavorare a titolo gratuito» (cito testualmente le parole pronunciate ieri da Dario Franceschini rispondendo a una interrogazione di Stefano Fassina).

Il caso è quello, ormai celebre, degli “scontrinisti'” della Biblioteca nazionale di Roma: professionisti necessari a garantire i livelli minimi del servizio, ma in forza da anni come “volontari” retribuiti con un rimborso spese di 400 euro, corrisposto dopo la presentazione di uno scontrino. Una forma di moderno schiavismo. Dopo l’ ennesima denuncia, il ministro Franceschini ha deciso di muoversi: ma non per assumerli, per licenziarli.

Franceschini ha detto ieri: «La norma è molto chiara: la qualità di volontari è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato e autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto con l’ organizzazione di cui fa parte. Se sono associazioni di volontariato e volontari, devono restare associazioni di volontariato e volontari. Non possono diventare forme sostitutive di rapporto di pubblico impiego». Sacrosanto: ma il punto è che il ministro finge di non sapere che tutto il sistema dei Beni culturali si fonda in Italia su questa e altre forme di precariato spinto, mascherato da volontariato. Nel settembre del 2015, reagendo a una (legittima e annunciata) assemblea sindacale al Colosseo, Franceschini ottenne un decreto che dichiarò la cultura «servizio pubblico essenziale»: peccato che il discorso finì lì, senza nessun tentativo di assicurarlo davvero, quel servizio.

La vicenda degli scontrinisti della Biblioteca di Roma era nota almeno dal 2014, grazie a una esemplare inchiesta di Roberto Ciccarelli sul Manifesto.

Ma Franceschini non si era mosso: forse perché nel frattempo il suo ministero ha bandito 29 posti di volontario per lavori iper-professionalizzati, in occasione del Giubileo della Misericordia, e poi altri 1050 di volontariato retribuito del Servizio civile (con 433,80 euro al mese), nel quadro di un accordo col ministero del Lavoro (particolare illuminante). A questo si aggiunge il ricorso amplissimo al lavoro interinale dell’ Ales (agenzia di diritto privato del Mibact), la cessione di monumenti pubblici alla gestione del Fai (benemerita, ma anch’ essa fatta di volontariato) e l’ episodio simbolico in cui il Quirinale allargò (felicemente) le proprie aperture ai cittadini, ma ricorrendo ai volontari del Touring Club.

Per quanto riguarda il patrimonio culturale, la Repubblica è ormai fondata sul volontariato mascherato. Cioè non sull’apporto di pensionati, o di lavoratori che nel tempo libero aiutano a tenere aperti i musei, ma sul “lavoro” di giovani laureati e dottorati che fanno quello per cui hanno studiato, ma lo fanno da volontari: senza diritti, e con rimborsi ridicoli. E che ora sanno che, se protestano, saranno licenziati. Con quali argomenti potrò ancora convincere i miei studenti a non lasciare questo Paese?

la Repubblica, 25 Maggio 2017

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