L’amara verità è che l’Italia vive (anche) di parentele, amicizie e relazioni vantaggiose

29 Mar 2017

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Si è scritto molto sui social e i giornali a proposito dell’infelice frase del ministro del Lavoro Poletti sul fatto che giocare a calcetto sia più producente ai fini di trovare un lavoro che spedire il curriculum vitae. Alle opinioni critiche (e stracritiche) se ne affiancano alcune positive o che cercano di vedere nelle parole del ministro un significato morale tutt’altro che negativo, anzi un’esortazione al realismo.

Ha scritto Alessio Postiglione su Huffington che “questa volta il ministro ha ragione. E, a furia di esagerare, di essere una voce fuori dal coro, spesso e volentieri incespicando in gaffe, incomincia pure a starmi simpatico. Non parla politichese, dice l’amara verità ai nostri ragazzi, è poco consolatorio, è anticonformista rispetto ai parrucconi inamidati della sinistra – realtà dalla quale proviene -, che ripetono stantiamente altisonanti e roboanti petizioni di principio a base di Cultura, Impegno, Scuola, e via sacramentando con le maiuscole”.

“L’amara verità” che il ministro racconta senza infingimenti starebbe nel fatto che occorre partire da quel che si è, ovvero dal paese dove si vive: l’amara verità è che l’Italia vive di parentele, amicizie e relazioni vantaggiose. Conoscere come stanno le cose è necessario e doveroso (se lo dice un ministro, poi!); ma equivale a farne una norma? Equivale a prendere quella descrizione come l’accettazione del fatto che solo con le spintarelle si può trovare lavoro?

Sarebbe come se nell’età della subordinazione politica delle donne queste avessero accettato l’amara verità e invece di incaparbirsi con la politica dei principi (suffragio) si fossero ingegnate a cercare soluzioni vantaggiose con le armi della furbizia, della simpatia servizievole, etc.; cosa che provarono anche a fare ma che si rivelò disastrosa (e vantaggiosa solo per gli uomini).

È paradossale fare del reale una norma perché il risultato sarebbe che nemmeno il reale funzionerebbe più come “verità”. Se davvero tutti coloro che cercano lavoro avessero bisogno di conoscenze, simpatie servizievole, relazioni di influenza, etc., è probabile che gli influenti sarebbero così oberati di richieste da avere troppi clientes da accontentare e quindi che cesserebbero di essere patroni convenienti e influenti – giocare a calcetto con loro non servirebbe proprio a nulla.

Il che significa che (escludendo la conclusione astratta che tutti si convertirebbero alla moralità per l’impotenza degli influenti) la corruzione per funzionare deve essere selettiva e non inclusiva – dunque non deve essere che una realtà parziale. Che vale per alcuni (fortunati) ma non può valere per tutti.

La realtà non deve essere tutta di spintarelle perché le spintarelle abbiano efficacia. Questo significa che dire che Poletti racconta “l’amara verità” significa dire che Poletti non racconta “tutta” la verità, ma la verità parziale, quella di coloro – pochi comunque – che approfittano del sistema di conoscenze. Ecco perché questa filosofia della realtà “come è” è davvero negativa, perché invita ad accettare una realtà che tra l’altro è solo parziale. Ha la funzione di creare conformismo al ribasso – fatalistica accettazione. Caconomics!

Proviamo a leggere così la questione. Il lavoro è basato certamente anche su rapporti di fiducia. Ma per conquistare la fiducia sul campo occorre entrarci nel campo. E l’ingresso ha bisogno di credenziali che si basano sulla competenza – è il sistema che ne ha bisogno se non vuole fallire miseramente e, quindi, generare disoccupazione (la corruzione genera inefficienza e non aiuta alla lunga a sconfiggere la piaga della mancanza di lavoro).

Dunque, cominciare dalla fiducia che si acquista per frequentazione o influenza (giocare, appunto, a calcetto) significa ammettere che qualcuno si fa fiduciario per qualcun altro – la spintatella, le conoscenze giuste… sedimentate sui campi di calcetto o da golf.

Poletti traduce in immagini padane (nella sua terra il calcetto è molto diffuso) la logica delle relazioni utili, la logica di formazione dei gruppi di influenza. Insomma la logica delle clientele o dei gigli e gigliucci magici. Se non sei nel giro giusto allora non hai l’influenza giusta e quindi… o hai un lavoro straprecario (ecco a che cosa sono associati i curriculum vitae) o la povertà… per la quale arriva la carità privata e pubblica. Una proposta che suona come un ossimoro se viene da un ministro che appartiene a un partito di centro-sinistra.

 

huffingtonpost.it, 29 marzo 2017

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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