“Il popolo deve parlare: no a trucchi per aggirare le urne”

21 Mar 2017

Tomaso Montanari – Il presidente di LG: ”Per i Comitati del No sarà un secondo tempo”

Questo referendum va tenuto e qualsiasi legge per evitarlo sarebbe una toppa insufficiente. Bisogna consultare i cittadini per sapere se accettano lo scambio tra più lavoro e meno diritti, perché è questo il vero tema dietro al quesito sui voucher”. Tomaso Montanari, neo-presidente di Libertà e Giustizia, insegna Storia dell’Arte moderna presso l’università Federico II di Napoli.

Libertà e Giustizia è stata una delle associazioni più impegnate per il No alla riforma costituzionale. Il referendum su voucher e appalti del 28 maggio è il secondo tempo di quella partita?

Dire che è un altro tempo della stessa sfida, perché questa volta bisogna difendere l’articolo 1 della Costituzione, secondo cui l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro, e la sovranità appartiene al popolo.

Non esagera?

No. Siamo in una fase in cui democrazia e metodi schiavistici sembrano poter convivere. Si sfrutta la gente, e io lo vedo da vicino nel mio settore, quello della cultura. Penso agli “scontrinisti”, quei ragazzi che lavorano nelle biblioteche e in cambio ottengono solo dei rimborsi per i pasti dopo aver presentato delle ricevute.

Così vi impegnerete per due Sì.

Sì, saremo accanto alla Cgil, anche se il tema del lavoro non può essere solo prerogativa dei sindacati, e lo dico con il massimo rispetto. È una questione che deve coinvolgere tutti, perché senza lavoro non c’è democrazia.

Dal 4 dicembre è passato del tempo. E la rete dei comitati per il No potrebbe essersi già allentata.

È ancora operativa, si fanno riunioni periodiche. E comunque credo che si riattiverà nel migliore dei modi in breve tempo.

Userete lo stesso espediente del referendum costituzionale, mobilitare tutti contro Matteo Renzi? Questo è pur sempre un governo renziano.

Nessun espediente, e nessuna personalizzazione. Il problema non è Renzi come individuo, ma sono le sue politiche, in larga parte indistinguibili da quelle di Monti e di Berlusconi. L’aggressione ai diritti sociali e la costante distruzione degli spazi democratici durante il suo governo sono state evidenti. E tuttora la politica italiana è ostaggio dell’ex premier.

E allora farete asse con la sinistra fuori del Pd? Roberto Speranza di Mdp è stato chiaro: “Se non si trova una soluzione sui voucher entro 7 giorni (ossia una legge) voteremo Sì”.

Sarebbe bizzarro che gli ex dem non votassero Sì. Altrimenti, cosa sono usciti a fare dal Pd?

Voi e i comitati del No rappresentate un grande bacino di voti. Tutta la sinistra cercherà di succhiarvi consenso ed energie, magari approfittando proprio del referendum.

Io non ho paura della convergenza sui temi. Perfino la Lega votò No il 4 dicembre, e parliamo di gente con cui non prenderei neppure un caffè. L’importante è che i partiti non usino i diritti come un taxi, da cui scendere quando gli viene più comodo.

Ma come giudica questo agitarsi fuori dei dem?

È positivo. Però questo referendum sarà una prova importante proprio per dimostrare che esiste una sinistra, ossia una parte politica che si occupa delle disuguaglianze, e che non nega l’esistenza di un conflitto sociale.

Ma questa consultazione è così necessaria? Perché dire no a una buona legge che regolamenti i voucher? In fondo l’obiettivo sarebbe comunque raggiunto.

Non ci si può aspettare granché da un governo che ha varato una tassa forfettaria per i super ricchi, un insulto alla Carta che ci trasforma in un paradiso fiscale.

Siamo ai sospetti…

Bisogna andare a votare perché gli italiani devono esprimersi su questo scambio tra più lavoro, peraltro puramente teorico, e riduzione dei diritti. Serve un pronunciamento chiaro.

Senza l’accorpamento del referendum con le amministrative il pronunciamento rischia di essere dimezzato, ossia senza quorum.

In un Paese dove tagliano la carta igienica nelle scuole non sarebbe tollerabile non risparmiare unendo i due appuntamenti. E sarebbe comunque un grave errore per la maggioranza. Il declino di Renzi è iniziato quando ha invitato gli italiani a non votare al referendum sulle trivelle. Proprio come quello di Craxi si aprì quando lui esortò a disertare il referendum sulla preferenza unica, nel 1991.

Quale è lo scopo finale di queste vostre lotte: portare un movimento in Parlamento o federare la sinistra?

Nessuno dei due. Io e Libertà e Giustizia vogliamo fare politica attiva fuori dai palazzi, rappresentare la società. Piuttosto, la sinistra non renziana e i 5Stelle dovrebbero provare a costruire un’intesa politica. Avrebbero dovuto farlo già nel 2013: un governo Rodotà, per dire, ci avrebbe evitato tanti guai.

Montanari, lei si candiderà.

Non accadrà, glielo assicuro.

 

Il Fatto Quotidiano, 15 marzo 2017

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