L’ INTERVISTA/ NADIA URBINATI “Un conto è l’assalto al potere, un altro governare”

13 Feb 2017

«Il Movimento 5 stelle è un’armata fatta per attaccare e per vincere, ma non poi per governare quando ha vinto. Un’ organizzazione pensata per scardinare ma poi senza la capacità di costruire. Perché il governo presuppone autonomia, quella che gli eletti del Movimento non possono avere, in Emilia si vede prima che altrove perché qui hanno iniziato prima». Così Nadia Urbinati, politologa che insegna alla Columbia University, spiega le difficoltà dei “grillini” alle prese con governo ed elezioni nelle amministrazioni locali.

Professoressa Urbinati, il caso di Parma non sembra isolato, ci sono altri Comuni dove il Movimento 5 Stelle, molto forte alle ultime amministrative, per le prossime elezioni fatica a comporre le liste, perché secondo lei?
«I grillini hanno avuto fin dall’ inizio la prassi di proporre nei loro programmi per le città il massimo possibile e poi scaricare sindaci che dovevano venire a patti con la prassi dell’ amministrazione. Un esempio è quello dell’ inceneritore di Parma, che non poteva essere realmente fermato. Alla lunga il purismo non si sorregge e l’ esito finale è quello di un movimento problematico perché contiene le energie che raccoglie col voto invece che liberarle».

Si dice che i sindaci “ribelli” non hanno rispettato le regole interne al Movimento, oppure non hanno seguito le indicazioni del gruppo sulle varie scelte…
«Per la sua stessa identità non partitica, il movimento che fa capo a una sola persona dà regole che non garantiscono la partecipazione individuale. Se un rappresentante politico ha un minimo di autonomia, se ne deve andare, perché ci sono delle forme di decisione quasi dispotiche. Il mondo delle decisioni politiche è elastico, quando sono eletto non posso certo riunire i miei elettori ogni volta che devo prendere una decisione, ma allora ci vuole la libertà di decidere. E questo è in contrasto con i presupposti di partenza».

Il lavoro nelle amministrazioni locali è spesso anche un po’ ingrato, fatto di molto impegno personale e scarso riconoscimento economico, anche questo influisce?
«Il ruolo di consigliere comunale prima di tutto non è un lavoro, è un servizio reso alla comunità. Il fatto che oggi in Italia manchi il lavoro a molte persone adulte porta a identificare anche questo servizio come una specie di introito, ma per essere appetibile il rimborso dovrebbe essere ben più sostanzioso. Questo è un grande paradosso che coinvolge molti giovani amministratori, di tutte le appartenenze, perché il servizio politico è in realtà saltuario e incerto, ben lontano da garantire sicurezze».

La Repubblica (edizione Bologna), 10 febbraio 2017

 

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