Corte Costituzionale e Italicum: la tutela dei diritti fondamentali non può mai essere pregiudicata

26 Gen 2017

Redazione

Dopo il No fragoroso del 4 dicembre scorso, che ha fermato la riforma costituzionale, cade anche l’altro dei due pilastri del piano di potere di Matteo Renzi: l’Italicum non è più legge dello Stato. In circa un mese il potere costituito ha ricevuto due fermi fatali: nel primo caso da parte dal voto sovrano dei cittadini e nel secondo da parte dell’organo supremo di garanzia. La Corte Costituzionale che “ha accolto le questioni, sollevate dai tribunali di Torino, Perugia, Trieste e Genova, relative al turno di ballottaggio, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle disposizioni che lo prevedono”. La Consulta ha anche accolto la questione sollevata da cinque diversi Tribunali ordinari “relativa alla disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d’elezione.” Infine, la Corte afferma il principio per cui le leggi elettorali incostituzionali non devono essere applicate.

Libertà e Giustizia esprime tutta la sua soddisfazione per come si è conclusa questa seconda, grande, battaglia che abbiamo condotto e ringrazia di cuore -a nome dei suoi associati e simpatizzanti- gli avvocati e gli amici del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale per l’impegno competente e caparbio con il quale hanno portato avanti la campagna dei ricorsi, all’indomani dell’approvazione dell’Italicum e del giubilo degli “esperti” che lo hanno partorito, nonché dei promotori politici che lo hanno proposto e imposto a colpi di fiducia al Parlamento.

Il principio passato, con la decisione della Corte, per meglio valutare la quale dobbiamo attendere la pubblicazione della sentenza, è che la tutela costituzionale dei diritti fondamentali indisponibili, perché assoluti, non può mai essere pregiudicata e che non è lecita l’introduzione di norme che possano pregiudicarli, indipendentemente dalla loro applicazione in concreto. Ovvero che non occorre che la sentenza capitale venga eseguita prima di rimuovere la legge che l’abbia prevista.

La Corte, mentre non ha ricusato il premio di maggioranza alla lista, ha tuttavia ristabilito il criterio di proporzionalità costringendo le forze politiche -se nessuna raggiunge il 40% (con la conquista di 55% dei seggi pari a 340)- di trovare in Parlamento le mediazioni per raggiungere una maggioranza. La Consulta non boccia i capilista bloccati, ma boccia la norma odiosa per cui un capolista eletto in più seggi poteva scegliere “a propria discrezione” il collegio d’elezione, un insulto pesante alla rappresentanza democratica.

Non resta che di augurarsi che il Parlamento tragga da questa sentenza gli elementi utili per svolgere il suo compito, ovvero discutere e approvare una legge elettorale legittima e coerente al dettato costituzionale, attenta a garantire sia la formazione di maggioranze, sia la rappresentanza.

La Presidenza di Libertà e Giustizia

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