Le sfide da vincere per essere leader

19 Gen 2017

Nel colloquio con Ezio Mauro, Matteo Renzi ci ha consegnato una riflessione critica sulla propria azione a Palazzo Chigi. Come sembra lontano il tempo in cui era bardato di certezze, peraltro condivise con vari responsabili della sinistra fuori dall’Italia. Ricordiamo che a una festa dell’ Unità, il 7 settembre 2014 a Bologna, tre leader pieni di entusiasmo ­ Matteo Renzi, Pedro Sánchez e Manuel Valls ­ sostenevano di voler aprire una nuova era della sinistra riformista. Il primo, oltre che segretario del Pd, era capo dell’ esecutivo, come lo era Valls in Francia, mentre lo spagnolo Sanchez dirigeva il Psoe.

Oggi, dopo il fallimento del referendum costituzionale, Renzi si è dimesso dalla presidenza del Consiglio; Pedro Sánchez è stato eliminato dalla direzione del suo partito; Manuel Valls non è più primo ministro, e parteciperà alle primarie ­ dall’ esito quanto mai incerto ­ per la designazione del candidato socialista alle elezioni presidenziali del prossimo mese d’ aprile.

Ognuno di questi leader è confrontato con le realtà politiche, economiche e sociali dei rispettivi Paesi. Matteo Renzi deve rilanciare il Pd. Pedro Sánchez tenta di riconquistare il suo partito. Quanto a Manuel Valls, se vincerà alle primarie socialiste dovrà imporsi su due concorrenti ­Emmanuel Macron al centro e Jean­Luc Mélenchon alla sua sinistra ­e cercare di rivaleggiare con i candidati della destra e dell’ estrema destra, François Fillon e Marine Le Pen. Al tempo stesso le loro traiettorie da meteoriti rivelano la portata della crisi ­ una della più gravi della sua lunga storia ­ in cui versa ormai da decenni la sinistra europea.

Eppure quei tre protagonisti ­ ma soprattutto Matteo Renzi e Manuel Valls, in quanto capi di governo ­volevano dare una soluzione a questa crisi. Si proponevano entrambi di rilanciare la competitività delle imprese per favorire il ritorno della crescita e la creazione di posti di lavoro. Speravano di allentare l’ austerità a livello europeo, mostrandosi al tempo stesso virtuosi grazie al risanamento dei conti pubblici e a una sempre maggiore flessibilità del mercato del lavoro. Avevano promulgato diverse misure in campo sociale e in quello dei diritti civili (in Francia il matrimonio per tutti era stato approvato prima dell’ arrivo al potere di Manuel Valls, mentre in Italia è stato il governo Renzi a far adottare la legge sulle unioni civili).

Inoltre, Renzi ha tentato una riforma costituzionale che non ha equivalente in Francia. Il loro modo di fare politica presentava molte analogie ­ ad esempio nelle dure polemiche con le sinistre dei rispettivi partiti, che a loro volta non cessavano di attaccarli, e continuano a farlo. Combattevano i sindacati ­la Cgil in Italia, la Cgt in Francia ­che contestavano le loro riforme del mercato del lavoro; e infine cercavano di affermare uno stile di leadership molto personalizzato e quasi brutale, soprattutto nel caso di Manuel Valls, anche in seguito ai terribili attentati terroristici subiti dalla Francia.

Queste politiche, portate avanti con esiti positivi ma anche con vari insuccessi, hanno diviso profondamente la sinistra, soprattutto in Francia dove il partito socialista rischia una grave batosta alle presidenziali, mentre il Pd può ancora contare su una base elettorale reale. Al di là degli attuali giochi della competizione politica (i dibattiti sulle elezioni anticipate in Italia, sulla leadership della sinistra francese in vista delle presidenziali e sulle alleanze da favorire ­ con la sinistra radicale o col centro) la sinistra deve risolvere una serie di problemi essenziali, alcuni dei quali sono stati affrontati da Renzi nel suo colloquio.

Ad esempio, come cambia il lavoro al tempo del digitale nelle nostre società presenti e future? Il lavoro dipendente continuerà ad essere organizzato allo stesso modo? E inoltre, la questione del divenire dell’ Unione europea a fronte delle attuali minacce di disgregazione. L’ at­teggiamento di larga parte dei ceti medi e popolari, dei giovani e di tutti coloro che soffrono delle crescenti disuguaglianze e si sentono minacciati, penalizzati o esclusi dall’ evoluzione del nostro mondo. L’ immigrazione, che sta sconvolgendo dalle fondamenta le nostre società. La questione della democrazia: da un lato il massiccio rifiuto dei partiti tradizionali, e dall’ altro l’ aspirazione a una maggior partecipazione, che dovrebbe passare anche per un cambiamento della classe politica, dell’ esercizio della leadership e delle forme di adesione agli schieramenti. Infine, il problema dei cosiddetti populismi, che prosperano in questo clima, con le loro risposte semplici, e per ciò stesso seducenti. Nel segno dell’urgenza, la politica obbedisce a ritmi sfrenati.

Ma su questi temi sia Renzi che Valls e Sánchez devono fare chiarezza, se vogliono avere un futuro. Le idee non mancano. Ma la loro enunciazione e attuazione provocheranno inevitabilmente profonde ricomposizioni politiche. E non solo a sinistra.

La Repubblica, 16 gennaio 2017

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