Riforma elettorale/Le proposte dei Comitati per una legge coerente con la Costituzione

Riforma elettorale/Le proposte dei Comitati per una legge coerente con la Costituzione

Il voto del 4 dicembre ha bocciato l’Italicum insieme alle deformazioni della Costituzione. È un bene per il paese. Non solo per la necessità di un sistema elettorale omogeneo nelle due Camere ma soprattutto per il carattere ipermaggioritario e distorsivo del voto dell’italicum.

E’ inaccettabile che questo Parlamento, sostanzialmente delegittimato dalla Corte costituzionale sin dalla sentenza n. 1 del 2014, abbia dapprima approvato l’Italicum, poi abbia tentato di modificare la Costituzione pur non essendo rappresentativo del paese, e ora non riesca ad assolvere al compito, sollecitato dallo stesso Capo dello Stato, di approvare una nuova legge elettorale coerente per le due Camere, dimostrandosi incapace di raccogliere il segnale venuto dal popolo italiano con la vittoria del NO.

Il sistema elettorale deve essere coerente con i principi costituzionali in modo che il sistema politico possa agire per la loro attuazione ed evolvere per rispondere ai mutamenti della vita sociale. I rappresentanti debbono sempre essere eletti dai rappresentati, anche nelle Provincie, il cui rinnovo sta avvenendo con modalità oscure. Il sistema elettorale non può e non deve distorcere la volontà degli elettori e tanto meno privilegiare la governabilità a scapito della rappresentatività e deve restituire agli elettori la possibilità di scegliere i propri rappresentanti. Quando il parlamento legifera sul sistema elettorale occorre che l’intervento non sia finalizzato a favorire o danneggiare qualcuno dei partiti in campo, ovvero a scoraggiare la nascita di nuovi soggetti politici. Anzi, nel nostro paese la legge elettorale deve favorire la ricostruzione di forme organizzate  della politica come canali stabili di partecipazione da parte dei cittadini. Solo così si possono ricostruire i connotati fondamentali di una partecipazione democratica effettiva, come prefigurata dall’art. 49 della Costituzione, che non si esaurisca in periodiche ordalie elettorali o primariali.

Per gli obiettivi indicati una legge elettorale sostanzialmente proporzionale è la scelta più coerente con l’impianto costituzionale in un sistema politico ormai stabilmente articolato su almeno tre poli. Deve essere respinta la pretesa, alla base dell’Italicum e del Porcellum, di ricavare direttamente dal voto popolare un vincitore e una maggioranza parlamentare, trasformando le elezioni in una mera procedura per l’investitura di fatto del Capo del Governo. Quest’impostazione mina le basi della democrazia parlamentare e comporta un’artificiosa e forte distorsione tra il numero dei seggi assegnati e i voti effettivamente ottenuti, dando vita a governi blindati in parlamento, ma deboli e minoritari nel paese.

Oggi si discute del Mattarellum, certamente migliore dell’Italicum e del Porcellum, da cui è stato sostituito perché inidoneo a creare delle maggioranze precostituite per legge.

Tuttavia non possiamo ignorare che un sistema elettorale misto con prevalenza del collegio uninominale maggioritario a turno unico – calato in un sistema politico almeno tripolare e con forti squilibri territoriali della distribuzione  delle forze politiche – presenta gravi inconvenienti in quanto può produrre una non proporzionalità significativa tra voti e seggi; può  massimizzare il vantaggio di soggetti marginali nei consensi ma decisivi per la vittoria delle coalizioni; può esaltare la frammentazione territoriale e ridurre il pluralismo; può penalizzare i soggetti portatori di risposte politiche generali.

Vengono ventilate “correzioni” del Mattarellum del tutto inaccettabili, come la soppressione della quota proporzionale o la sua trasformazione in “premio di governabilità”.

Nella riforma elettorale vanno anche riviste le normative per il voto degli italiani all’estero per superare difetti evidenti per quanto riguarda la segretezza e il carattere personale del voto.

In conclusione va segnalato che la scelta del sistema elettorale deve essere ricercata con la più ampia condivisione, a partire dal Parlamento che, seppure largamente delegittimato, non può e non deve sottrarsi al compito politico di scegliere la legge elettorale oggi più opportuna per il paese. Di questa scelta il Parlamento rimane responsabile, nel rispetto di quel che la Corte deciderà il 24 gennaio quando verificherà la compatibilità dell’Italicum con il dettato costituzionale, come richiesto dal Comitato per il No e dal Comitato contro l’Italicum.

Paradossalmente, quand’anche l’Italicum non fosse demolito dalla Corte costituzionale, rimarrebbe comunque l’esigenza imprescindibile di superarne radicalmente l’impianto. In tale prospettiva il Comitato contro l’Italicum conferma fin d’ora l’impegno a promuoverne il referendum abrogativo ove si rendesse necessario.

Sulla base di quanto sopra e alla luce dell’imminente sentenza della Corte sull’Italicum verrà predisposta una proposta politica che sia alla base di una iniziativa ampia e di massa.

Roma, 12 gennaio

3 commenti

  • E’ un “obbligo democratico” sottrarre all’arroganza della maggioranza pro tempore di turno, la scelta di una sempre nuova legge elettorale conforme al proprio tornaconto, per una scelta finalmente definitiva e neutrale.

    Ma la prima domanda a cui essa deve rispondere, è la capacità di costringere i partiti a scegliere candidati eccellenti e non famigli, servi o complici. La capacità di impedire alla mediocrità l’accesso al Parlamento, causa primaria del degrado del Paese, che deve essere riservato a portatori di sicuro rigore morale e culturale.

    E quella che più s’avvicina è l’uninominale di collegio che induce il confronto più tra le persone, ben conosciute alle cronache del piccolo collegio di residenza, che tra gli orientamenti socio-politici dei partiti. Se poi fosse a doppio turno, al primo salverebbe il pluralismo e al secondo la governabilità. La rappresentanza del territorio sarebbe nella realtà, e non nelle promesse, anche per gli elettori astenuti.

    Paolo Barbieri

  • Considerato che secondo i principi costituzionali nel parlamento le forze politiche devono essere rappresentate in proporzione ai voti ricevuti dai rispettivi elettori, in teoria la legge elettorale per la Camera e il Senato non può che essere su base proporzionale, e che qualunque ipotesi di premi di maggioranza e/o di ballottaggi andrebbe a contrastare con il dettato costituzionale.

    Il fatto è che nel nostro sistema istituzionale si è ormai consolidata la prassi secondo cui l’elezione del parlamento sarebbe finalizzata alla formazione di una maggioranza parlamentare al servizio del governo non elettivo.

    Poiché nessuna delle forze politiche che concorrono al governo dello stato è in grado di ottenere a seguito di una consultazione elettorale su base proporzionale la maggioranza assoluta dei voti, e considerato che un accordo per la formazione di una maggioranza è improponibile per la forte contrapposizione ideologica tra le maggiori forze politiche, una legge elettorale proporzionale produrrebbe una insuperabile situazione di impallo istituzionale.

    La via d’uscita esisterebbe, ma nessuno finora ha voluto prenderla in considerazione.

    Si tratta di modificare la costituzione, conservando il criterio di rappresentatività proporzionale per il parlamento la cui competenza legislativa deve essere resa esclusiva in particolari materie politicamente sensibili (costituzione, diritti fondamentali, autonomie locali, leggi cornice su scuola famiglia lavoro fisco), e introducendo l’elettività del governo con autonomo sistema elettorale eventualmente accompagnato dal ballottaggio. L’elettività del governo richiede peraltro che per esso vengano stabiliti invalicabili limiti di iniziativa legislativa nelle materie di competenza esclusiva del parlamento.

    Ma per modificare in questo senso la costituzione è in ogni caso necessario procedere all’elezione del parlamento, con qualunque legge elettorale, ma con il previo impegno corale di tutte le forze politiche di procedere, qualunque fosse il risultato delle elezioni, a modificare la costituzione introducendo l’elettività del governo.

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