Dire la verità su Napoli: Saviano e il potere

08 Gen 2017

Tomaso Montanari

La cosa più triste della tirata di Luigi De Magistris contro Roberto Saviano è la sua sconcertante banalità. Quanti potenti – di tutti i colori, di tutti i livelli, di tutte le moralità – hanno già usato quegli irripetibili argomenti? E non solo contro Saviano, ma contro ogni altro intellettuale che faccia il proprio dovere. Mancava solo che il sindaco usasse la parola ‘gufo’…

Mi piacerebbe che il sindaco di Napoli leggesse questa pagina di un libro prezioso di Edward Said (Dire la verità. Gli intellettuali e il potere, 1994): «Niente mi sembra più riprovevole dell’abito mentale che induce l’intellettuale a voltare la faccia dall’altra parte, tipico modo di evitare  una posizione difficile, che sappiamo essere giusta nei principi, ma che decidiamo di non fare nostra. Perché non vogliamo mostrarci troppo schierati politicamente, abbiamo paura di apparire polemici, ci serve il plauso del capo o di un’altra figura di potere, vogliamo conservare il nostro buon nome di persona equilibrata, oggettiva, moderata. Speriamo di essere riconfermati, consultati, chiamati a far parte di qualche direttivo o prrstigioso comitato, e così rimanere nel novero di quelli che decidono».

Ebbene, se nel centro di Napoli la Camorra spara sugli immigrati che si rifiutano di pagare il pizzo perché Saviano non dovrebbe dire la verità? Per non dispiacere ad un sindaco che, tra qualche merito, ha gravissimi limiti? Per non contrariare un sindaco che, con tutta evidenza, non è riuscito a cambiare Napoli?

Quel che che De Magistris non capisce è che il successo di Saviano, il suo rapporto diretto con il pubblico non sono né una colpa, né una speculazione: sono la sua libertà.  Sono, cioè, la condizione necessaria che gli consente di non cedere all’abito mentale descritto da Said. Un abito mentale che grava sui nove decimi degli intellettuali italiani: che infatti tacciono.

Naturalmente chiunque, e De Magistris per primo, può criticare, anche ferocemente, il merito di ogni affermazione di Saviano. Quel che non può fare è provare a delegittimarlo mettendone in dubbio i moventi, e attaccando il suo diritto, anzi il suo dovere, di non «voltare la faccia dall’altra parte». Questo è il peggior riflesso condizionato del peggior potere.

Saviano parla perché è libero. E non è lui a trarre profitto dai mali di Napoli. È Napoli a trarre profitto dal fatto che ci sia ancora qualcuno abbastanza libero da prendere la parola in pubblico, senza voltare la faccia dall’altra parte.

La voce di Saviano è la voce di chi non ha voce: se tacesse saremmo tutti meno liberi. Anche il sindaco di Napoli.

Articolo 9.blog, 6 gennaio 2017

 

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