Agli amici che temono ‘il peggio’ propongo una battaglia per la normalità

09 Dic 2016

Roberta De Monticelli Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Ma perché tanta sfiducia, tanta paura in molti degli amici che hanno votato No, insieme con noi, eppure sono ora spaventati dall’avvenire possibile? E perché addirittura toni di acrimonia – a volte – ci vengono da coloro che pure avevano annunciato di votare Sì “turandosi il naso”, e lo hanno fatto in buona fede, per timore del peggio?

Ma perché dovremmo nascondere il sollievo che non sia stata avvilita la nostra memoria comune, e svilita la nostra Carta? Perché non dovremmo respirare più largo, ora che molti e non solo alcuni rivendicano il “patriottismo costituzionale” che certamente ha guidato il cuore e la testa di moltissimi dei molti giovani che hanno votato, questa volta? E perché non dovremmo rinviare al mittente l’accusa di voler soltanto conservare l’esistente, quando in mille occasioni abbiamo detto che era il contenuto di questa riforma ad essere sbagliato, il modo in cui è stata strappata fino all’ultima prova referendaria, ad essere scorretto, e le premesse su cui si basava la propaganda dei promotori, ad essere false?

E se pure ci sia una larga fetta dei votanti che non si sarebbe mobilitata senza il richiamo di leader le cui visioni non possiamo condividere: non era chiaro forse che sulla Costituzione si votava? Ci è stato chiesto di votare nel merito, mentre purtroppo spesso si agiva come se il voto non fosse sul merito. Eppure idealmente e giuridicamente lo è: e perché mai ora dovremmo mettere in dubbio che lo sia? Non dovremmo forse credere che le parole e le idee, se sono buone, chiare e ferme, possano anche fare il miracolo (sostenuto dalla nostra volontà) – di contenere, precisamente, le pulsioni peggiori?

Non è fatta per questo una buona Costituzione, e non era la prima priorità salvarla anche soltanto dallo sconcio simbolico, che era la prepotenza, l’arroganza, il ricorso ai mezzi più … ignobili, purtroppo, cui si è fatto ricorso per vincere? E se certamente la forza del No non si è nutrita solo di ideali, ma perché non dovrebbe l’intelligenza dare quello che può alla forza che vince: la luce del buon senso e dell’interesse pubblico? Perché l’intelligenza diffusa di migliaia di persone, nelle scuole, nelle case, negli uffici, e perfino sui social a volte, non dovrebbe illuminare la forza, imprimere una svolta o almeno alzare una barriera decisiva? Anche se, certo, non ha da sola quella forza che oggi sostiene la sua voce.

Ma perché infine non dovremo credere che quel poco che abbiamo di religione civile si sia consolidato oggi proprio intorno alla memoria della nostra Carta, della storia terribile che portò alla sua nascita, delle speranze che intorno a questa furono concepite e poi deluse – e si sia espressa, nella serenità di un voto tanto esteso?

Ad onta del cinismo di troppi intellettuali e filosofi che da tempo sputano su questo poco che ci resta di amor di patria e di memoria illuminata. Che esaltano il pensiero buio di chi definì la politica soltanto nei termini feroci della lotta per il potere, disprezzano la morale come cosa da anime belle, che confondono Socrate con la Realpolitik, e non hanno per i nostri giovani altro messaggio che quello di votare una riforma su cui hanno riversato tutto il loro disprezzo.

E quand’anche una parte del voto non abbia, nelle intenzioni di chi ha votato, un significato buono, siamo forse stati noi a trasformare un voto referendario in un plebiscito? Non dipende ora molto da tutti noi, dal nostro impegno e da quello che diremo e faremo, che prevalga il significato buono su quello cattivo? Forse ci vuole solo un po’ di calma, un po’ di fiducia. E’ parte di una grande battaglia che ora comincia, per la normalità.

Perché questa parola riacquisti l’altra metà del suo significato, quella perduta: non il significato statistico, che dice cosa accade per lo più – ma quello che ha radice nella parola norma, obbligazione, dovere. L’età dei diritti sta finendo male – se non sapremo difendere il suo rovescio e il suo futuro, l’età dei doveri. Ma le norme, le idee, i pensieri veri e i progetti giusti non hanno altra casa che le nostre coscienze.

Non è tempo di polemiche ora: i compiti sono più grandi. Ognuno di noi dovrebbe mandare un ringraziamento al nuovo Presidente austriaco, anche per dissuaderlo sull’assenza in Italia di altri argini che Renzi e il renzismo alle forze oscure che ci minacciano. Quel vento alpino che profuma d’erba deve gonfiare un po’ anche la nostra piccola vela. Come possono i leader europei non vedere la differenza che c’è fra votare Trump e difendere la Costituzione italiana?

Eppure noi dobbiamo sorridere e spiegarlo anche a loro. L’Europa, nonostante una certa miopia delle sue politiche (che pure abbiamo approvato anche noi), resta la nostra salvezza: e perché ignorare che il Presidente del Consiglio non perdeva occasione per sfondare i tetti di spesa e chiedere eccezioni?

Spetta a noi fare ricredere quelli di loro che guardano così distrattamente a questa Italia. Che ignorano la sua migliore tradizione etico-politica, quella di Giustizia e Libertà, che nella piccola Libertà e Giustizia (non molto più piccola della grande antenata) ha voluto rifondarsi. Con niente di mezzi economici, col lavoro delle notti e delle domeniche, con il sostegno di moltissime persone che non firmano ma edificano, abbiamo tradotto in educazione civica una battaglia che è stata da parte governativa, con qualche rara eccezione, una ostentata e arrogante indifferenza al vero.

Ma perché, amici pessimisti o sfiduciati, siete così certi che niente, neanche una goccia di questo immenso lavoro (cominciato nel 2014! Con il primo nostro documento di denuncia del tentativo di cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza!) abbia lasciato traccia? E perché tanta sfiducia nell’ipotesi che ci sia un po’ di buonsenso, anche nella mente di molti che sono estranei alle tradizioni della Sinistra? Non è cosa di tutti, la Repubblica?

“L’Italia è un paese pronto a piegarsi ai peggiori governi. E’ un paese ….dove regna il cinismo, l’incompetenza, la confusione. E tuttavia, per la strada, si sente circolare l’intelligenza, come un vivido sangue”. Perché non ascoltare queste parole di Natalia Ginzburg (Le piccole virtù)? Anzi, perché non ascoltiamo di più anche l’intelligenza che circola per le strade?

 

 

 

Nata a Pavia il 2 aprile 1952, è una filosofa italiana. Ha studiato alla Normale di Pisa, dove si è laureata nel 1976 con una tesi su Edmund Husserl.

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