L’incoerenza di Napolitano

L’incoerenza di Napolitano
Per l’ennesima volta, il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano entra a gamba tesa nel gioco politico, prendendo posizione a fianco di una sola delle due metà in cui lui e Matteo Renzi stanno spaccando il Paese. Lo fa dichiarando che vota Sì, “coerentemente con le mie posizioni di questi anni”.
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Non so sull’arco di quanti anni sia lecito misurare questa coerenza, ma se nel computo rientra ancora, non dico il 1956 ma almeno il 1995, Napolitano è – al contrario – del tutto incoerente. In quell’anno, infatti, egli firmò una proposta di legge costituzionale (2115/1995) che, se fosse stata approvata, oggi avrebbe impedito a Renzi di imporre a maggioranza questa “riforma” e, in ogni caso, ci obbligherebbe a un voto referendario “spacchettato” per temi.
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In quel momento la maggioranza era nelle mani di Berlusconi, Bossi e Fini e un fitto drappello di parlamentari del Centrosinistra affermò con forza che la costituzione non doveva essere nella disponibilità del governo del momento. Tra quei parlamentari figuravano anche Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella.
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Ma cosa diceva quella sacrosanta proposta di modifica che toccava gli articoli 64, 83, 136 e 138 della costituzione? Essa muoveva dalla convinzione – cito dalla relazione introduttiva – che “il principio maggioritario trovi un limite invalicabile nel rispetto dei principi costituzionali, delle regole democratiche, dei diritti e delle libertà dei cittadini: principi, regole, diritti, libertà che non sono e non possono essere rimessi alle discrezionali decisioni delle maggioranze pro tempore”.
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Perché – cito ancora – “è questo il pilastro principale del costituzionalismo moderno, prodotto maturo di una lunga e contrastata stagione storica terminata con l’affermazione dei principi e dei valori della cultura democratica e liberale”.
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Essendo queste le premesse, si capisce che tutti gli articoli di quella proposta di legge firmata da Napolitano (e da Mattarella) meritino di essere commentati.
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L’articolo 4 cambiava il primo comma del fatidico articolo 138, elevando a due terzi la soglia minima per cambiare la costituzione, e continuando a prevedere due deliberazioni separate da almeno tre mesi. Tradotto in termini odierni: se quella riforma Napolitano fosse stata approvata, oggi non avremmo la riforma Napolitano-Boschi-Renzi, approvata a maggioranza.
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Si proponeva poi di cambiare anche il terzo comma dello stesso articolo 138, che manteneva il referendum popolare (in aggiunta ai due terzi del parlamento), prevedendo che si votasse “per ciascuna delle disposizioni sottoposta a revisione, o per gruppo di disposizioni tra loro collegate per identità di materie”. Tradotto in termini odierni: se quella riforma Napolitano fosse stata approvata, oggi si sarebbe votato come avrebbe (giustamente!) voluto Valerio Onida.
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Ancora due altri punti, diametralmente opposti alla riforma odierna. Napolitano proponeva che il presidente della Repubblica fosse eletto “a maggioranza di due terzi dell’assemblea”. Sempre: dal primo all’ultimo scrutinio. Tradotto nei termini della riforma renziana farebbero 487 voti: quando invece oggi ne bastano 221, dal settimo scrutinio.
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Al Napolitano di oggi la velocità sembra un valore cui sacrificare le garanzie democratiche, ma al Napolitano del 1995 era venuta un’ottima idea: “Se, alla scadenza del mandato del presidente uscente, l’assemblea non ha ancora provveduto alla elezione del suo successore, le funzioni di presidente della Repubblica sono provvisoriamente assunte dal presidente della Corte Costituzionale”.
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Infine, un’altra chicca: si stabiliva che le Camere adottassero i propri regolamenti a maggioranza dei due terzi dei componenti. Questo sì che era uno statuto delle minoranze! Mentre oggi la riforma Napolitano-Renzi-Boschi prevede che ciò avvenga a maggioranza semplice: mettendo di fatto la minoranza nelle mani della maggioranza e, per esempio, vanificando totalmente la possibilità che le leggi di iniziativa popolare vadano avanti speditamente anche se non gradite al governo.
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Insomma, Giorgio Napolitano può dire tutto tranne che il suo Sì di oggi sia coerente con il Napolitano del 1995. Allora Napolitano era in minoranza, e pensava ai diritti della minoranza. Oggi è il capo della maggioranza e non pensa più ai diritti della minoranza.
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Ma noi siamo ancora d’accordo con il Napolitano di allora, e votiamo No perché pensiamo che cambiare la costituzione a maggioranza abbatta “il pilastro principale del costituzionalismo moderno”: parola di Giorgio Napolitano.
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(*) Vicepresidente di Libertà e Giustizia
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Huffington Post, 22 novembre 2016

3 commenti

  • E´ naturale che a 92 anni ed oltre si possa dimenticare di quel che si pensava e si esprimeva con lucidita´ 20 anni prima !
    E´ fenomenale che si ricordi ancora che in Italia esiste ancora una Costituzione per la democrazia progressiva.

  • La Costituzione dovrebbe denominare diversi tipi di quorum rapportandoli ai differenti procedimenti e rimandare ad ulteriori leggi costituzionali il dettaglio di meccanismi che modulino tali quorum in base ai livelli di disproporzionalità (es. indice di Gallagher) delle contingenti leggi elettorali.

    Con il Mattarellum -ad esempio- solo quorum di due terzi ma con il proporzionale puro anche quorum di maggioranza assoluta (i due quorum per l’elezione del presidente potrebbero essere denominati come “quorum rafforzato” e “quorum qualificato”)

    In questo modo si eviterebbero le astuzie con cui sono stati stravolti gli equilibri stabiliti nella Costituzione del 1948 che conteneva quorum (parte del check and balance) pertinenti ad un proporzionale puro ma che sono stati scardinati con leggi elettorali (ordinarie) filo-maggioritarie.

    Stabilire unicamente quorum rafforzati (come quello di 2/3) nella Costituzione avrebbe effetto (collaterale) di precludere -per la prima volta nella storia della Repubblica- proprio quel genere di legge elettorale presa a riferimento nella stesura della Costituzione.

    Una simile modifica non risolverebbe il problema costituirebbe un incentivo verso leggi elettorali ancora più disproporzionali che limiterebbero ancora più la possibilità di “concorrere a determinare la politica nazionale” (nel Parlamento).

  • Dove sta scritto che un ex presidente della repubblica non possa dire la sua su un referendum costituzionale (gamba tesa??)?
    Dimostra ancora una volta il suo atteggiamento reazionario verso chi non la pensa come lei.
    A questo proposito basta leggere la lettera di oggi su Republica Firenze dell’artista Gaetano Pesce indirizzata a lei.

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