Michael Moore: Ora occorre combattere per limitare i danni di Trump. Un memorandum in 5 punti

11 Nov 2016

Redazione

Il regista Michael Moore – tra i pochi (intellettuali e non) ad aver previsto la vittoria di Trump (si veda più sotto) – scrive sulla sua pagina Facebook un memorandum in cinque punti per affrontare i giorni postelettorali.

1) Partito democratico al popolo. C’è  bisogno di un cambiamento dopo il pesantissimo fallimento ed è necessario restituire il Partito Democratico al popolo.

2) Non dar retta a chi ha fatto previsioni sbagliate. Moore se la prende con i ‘profeti’, giornalisti ed esperti di sondaggi che nei mesi scorsi, fino alla chiusura delle urne, hanno dato per vittoriosa Clinton e che anche nei prossimi tempi inventeranno storie, invitando all’unità.

3) Resti solo chi vuole combattere. C’è posto, per Moore, in questo momento, solo per chi non ha intenzione di abbassare la testa: è un invito ai membri democratici del Congresso ad opporsi contro il ‘pericolo’ del nuovo presidente.

4) Riprendersi dallo shock. Non serve più dirsi sconvolti per il verdetto. Se le urne hanno dato questo risultato è perché c’è stata poca attenzione a quella parte di popolazione disperata, che ha dato sfogo alla rabbia. La vittoria di Trump, sostiene Moore, è colpa anche dei media che lo hanno creato come personaggio.

5) “Hillary ha vinto il voto popolare”. Un invito a tutti a ricordare che la candidata democratica “ha vinto il voto popolare”. Il risultato del voto è legato a un sistema elettorale che non rispecchia la volontà dei cittadini. La maggior parte di loro avrebbe voluto Clinton alla Casa Bianca e crede in posizioni ‘liberali’.

Ecco le sue previsioni del giugno scorso in 5 punti.

“In vita mia non ho mai sperato così tanto di essere smentito”, aveva scritto Moore a giugno, prevedendo i cinque motivi della vittoria di Donald Trump.

Per il regista, per prima cosa, il candidato repubblicano avrebbe puntato a conquistare i voti di Michigan, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin. E ci è riuscito.

Al secondo punto della lista, Moore collocava l’orgoglio dell”uomo bianco’, che mai avrebbe potuto tollerare, dopo otto anni di presidenza da parte di un uomo di colore, che il potere finisse addirittura nelle mani di una donna.

Sul terzo gradino c’è, poi, la sfiducia per la candidata democratica, ritenuta dal 70% degli elettori disonesta e inaffidabile, troppo legata alla vecchia politica.

Non era da sottovalutare, diceva Moore, ed è questo il quarto motivo, il peso dei sostenitori di Sanders che, seppure pronti a mettere la croce sul nome della candidata democratica, di certo non avrebbero cercato di convincere parenti, amici e conoscenti a seguire il loro esempio.

Infine, come quinto e ultimo movente, c’è la libertà che solo l’isolamento della cabina elettorale concede: nell’assenza totale di contatto reale o virtuale con il mondo esterno, ognuno può dare sfogo alla rabbia e alla voglia di ribellione. O semplicemente fare una scelta diversa da quella che tutti si aspettano da lui, semplicemente perché può.

(Tratto, in parte, da Repubblica.it del 10 novembre 2016)

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