L’ APPELLO CONTRO LE OLIMPIADI: Settis e i professori a Raggi, “Dica no a Roma 2024”

07 Set 2016

«Ecco perché Roma non è adatta a ospitare le Olimpiadi». Gli urbanisti scendono in campo per chiedere alla sindaca di interrompere il percorso per la candidatura di Roma ai Giochi del 2024. A poco più di un mese dalla scadenza per l’ invio del dossier al Comitato olimpico internazionale (Cio), fissata per il 7 ottobre, Tomaso Montanari, Salvatore Settis, Paolo Maddalena e altri 20 colleghi scrivono una lunga lettera a Virginia Raggi nella quale spiegano perché la Capitale non sarebbe adatta a ospitare il grande evento. Dopo la posizione netta espressa dal M5s in campagna elettorale, invitano ora la prima cittadina ha non ascoltare le sirene che la vorrebbero indurre al ripensamento.

Perché «in una città economicamente fallita – scrivono – con un debito storico che si aggira ora sui 14 miliardi, blindato nel 2008 e spalmato fino alle prossime generazioni, è difficile avere fiducia nei cronoprogrammi e nei piani economici delle grandi opere». Ricordano le incompiute come «la Città dello Sport a Tor Vergata, con due relitti che dovevano essere finiti per i mondiali del 2009. O la metro C, che da Pantano doveva arrivare a piazzale Clodio nel 2016 e che ancora non arriva alle mura del Centro storico». Dunque aggiungono: «È difficile non vedere le migliaia di interventi che dovrebbero essere messi in agenda per restituire ai romani una qualità della vita degna delle altre capitali europee».

Lei, la sindaca, mantiene il silenzio. «Deciderò dopo aver incontrato Malagò». Mentre il premier, Matteo Renzi, ancora due giorni fa ha ribadito come i giochi portino «tanti soldi anche per le periferie e per le persone in difficoltà. Ci sono stati esempi negativi – ha ammesso – ma guardiamo a quelli positivi come Barcellona».

Gli urbanisti sperano però che la sindaca mantenga la promessa fatta in campagna elettorale. «Propagandare le Olimpiadi come una occasione di riscatto per la città – ribattono – ricorda le tristi scenografie di cartapesta con cui a Roma, in tempi poi non così lontani, si nascondevano le miserie dei quartieri più poveri».

La Repubblica, 3 settembre 2016

 

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