L’arma segreta

22 Ago 2016

Domenico Gallo Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Durante la seconda guerra mondiale, quando le sorti del conflitto volgevano al peggio per le potenze dell’Asse, si era diffusa l’illusione che la Germania stesse mettendo a punto delle armi segrete che avrebbero rovesciato l’esito della guerra. Il mito dell’arma segreta è duro a morire e qualche volta ricorre anche, sotto forma di metafora, quando il confronto politico si fa più accanito.

I dati pubblicati dall’Istat qualche giorno fa sulla crescita zero annunciano una cattiva novella che mette in mutande i cantori del miracolo italiano, dell’Italia che riparte perché adesso c’è una classe dirigente che fa le riforme, che sblocca tutto e rimette in moto il Paese.

Se questa narrazione del miracolo italiano diviene incredibile, se la fiducia in questo ceto politico dirigente decresce rapidamente, diventa sempre più concreto il rischio che il malcontento popolare verso il Governo possa portare ad una bocciatura della riforma costituzionale, sulla quale il Presidente del Consiglio ci ha messo la faccia.

Per rovesciare questa china ci vorrebbe un’arma segreta.

Ed è arrivata: hanno cominciato a tuonare i cannoni della finanza internazionale.

Il Wall Street Journal (che come dice il nome è il giornale portavoce della finanza) nell’edizione del 15 agosto ha sganciato una bomba a favore del Sì, paragonando il referendum costituzionale italiano alla Brexit, affermando senza vergogna alcuna: “È questo scenario che rende il referendum vitale, probabilmente più importante di Brexit”. Il giornale americano riferisce che “i mercati sono concentrati sulla posta in gioco politica del referendum”, cioè il rischio che una bocciatura degli elettori travolga Renzi, “ma il vero costo per l’Italia sarebbe che l’economia resterebbe inchiodata nella sua stagnazione di lungo termine” rendendo più difficile la soluzione di tanti problemi: dal debito pubblico alle sofferenze bancarie. All’attacco del Wall Street Journal hanno fatto eco il New York Times ed il Financial Times che hanno evocato scenari disastrosi se gli elettori italiani bocceranno la riforma di Renzi.

Orbene, paragonare gli effetti della possibile  bocciatura della riforma costituzionale in Italia a quelli derivanti dall’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea è un’idiozia talmente assurda che può trovare spiegazione soltanto nella faziosità di chi l’ha proposta.

Anche un bambino capirebbe che i due fenomeni non sono comparabili.

L’annullamento di una riforma costituzionale, che non è mai entrata in vigore, non comporta nessun mutamento nell’assetto giuridico (e politico) vigente e non comporta nessuna variazione degli assetti economico-sociali, non incide sull’economia proprio perché non produce alcun effetto.

L’uscita di un paese membro dall’Unione Europea, al contrario, è un fatto che incide direttamente, con una portata che è difficile da determinare, sugli assetti economico-sociali di quel paese perché comporta l’uscita dal mercato unico (con effetti immediati su importazioni ed esportazioni) e l’impossibilità di continuare a percepire le sovvenzioni dell’Unione Europea.

E’ evidente che quella del Wall Street Journal non è un’analisi seria, è una dichiarazione partigiana di smaccato sostegno politico al “nuovo corso” del segretario fiorentino.

Ha scritto l’ex vice presidente della Corte Costituzionale Paolo Maddalena: “l’articolo uscito stamattina (17 agosto) su Repubblica (che cita Wall Street Journal, New York Times e Financial Times) è la conferma che la riforma costituzionale Renzi-Boschi giova soltanto alla finanza e che il Presidente del Consiglio è un esecutore dei voleri di quest’ultima. La minaccia di un’ecatombe finanziaria in caso di vittoria del No è un’offesa alla sovranità del popolo italiano ed alla libertà di voto dei cittadini”.

Il Quotidiano del Sud, 19 agosto 2016

 

Magistrato, giudice della Corte di Cassazione. Eletto senatore nel 1994, ha svolto le funzioni di Segretario della Commissione Difesa nell’arco della XII legislatura, interessandosi anche di affari esteri, in particolare del conflitto nella ex Jugoslavia.

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