Il Fatto quotidiano – 3 giugno 2016

05 Giu 2016

Redazione

Il No a casa Renzi: a Firenze il Comitato contro la riforma, “Giù le mani dalla Carta” dicono partigiani, giuristi e studenti

di Ferruccio Sansa   

    Il vero oggetto del referendum non è la Costituzione, ma la vittoria politica. Che si auspica definitiva.
Chi vincerà resterà al potere per decenni. Questo deve farci paura”. Termina così Gustavo Zagrebelsky. Ma non è il timore la nota dominante dei discorsi di chi era ieri a Firenze per festeggiare il 2 giugno, ribadendo il “no” al referendum. Un appuntamento organizzato da Libertà e Giustizia, Anpi e Libera. Erano in mille al teatro Odeon, fino a riempire i corridoi, a sedersi per terra. La nota più viva è stata proprio la varietà: anziani, ma anche ragazzi, soprattutto in galleria.

 Famiglie, bimbi. Rabbia, ma anche entusiasmo. Perché, ricorda Zagrebelsky, gli inconvenienti sono opportunità. “Pare di essere tornati ai tempi dei girotondi, c’è lo stesso entusiasmo, la stessa trasversalità. Ma allora c’era Berlusconi, ora Renzi”, per dirla con Matteo Cazzaniga, insegnante di Milano. Tomaso Montanari, storico dell’ arte, esordisce ricordando: “Settant’ anni fa ci fu il referendum monarchia-repubblica. Oggi il vero monarca nel disegno Renzi-Boschi-Napolitano è il mercato”.

Tante voci, tante esperienze: come Carlo Smuraglia, presidente dell’ Anpi, da settimane sulle barricate. Parte dai suoi ventitré anni, Smuraglia; da quando, dopo aver fatto il partigiano, nel 1946 si trovò ad aspettare “qualcosa di grande e nuovo. Ma gli scopi di allora non si sono realizzati”. Fino alla domanda chiave: “Siamo di fronte a una democrazia quando si mette mano alla riforma del Senato e del sistema elettorale a colpi di fiducia?”.

Smuraglia dai suoi 93 anni ricorda cose vissute: “La Costituente significò giorni e notti di incontri per trovare un punto comune tra idee opposte. Confrontiamola con il metodo di oggi. Da che mondo è mondo delle Costituzioni si occupa il Parlamento, non il Governo”. E tocca un punto sottolineato da molti: “Non è vero che si lascia intatta la prima parte della Costituzione. Perché la Carta ha un disegno unitario, toccando un elemento si sbilancia l’ intera costruzione”.

Ma anche Smuraglia sceglie toni propositivi: “Essere tristi, no. Mettere mani alle proprie energie, sì. Non scoraggiatevi mai. Siamo pronti a tutto, anche agli attacchi contro l’ Anpi. La nostra risposta sono i 9.300 iscritti in più di quest’ anno”.

In prima fila ecco Silvano Sarti, il partigiano “Pillo”, che qualcuno voleva arruolare nel “sì”. E invece è qui, si alza in piedi e ripete la canzone dei partigiani, fino a scandire, con tutto il fiato dei suoi 91 anni: “Ribelli, ribelli”. Da Smuraglia e Sarti ad Alessio Grancagnolo, l’universitario zittito mentre faceva domande alla Boschi.

Norma Rangeri, direttrice del Manifesto, ironizza sui sostenitori del “Sì”. Due in particolare: “Massimo Cacciari e Roberto Benigni, quelli che la riforma fa schifo e per questo votano sì”. La giornalista Sandra Bonsanti è convinta: “Siamo qui non perché la Costituzione non sia riformabile. Ma perché non si può fare in questo modo”. Nadia Urbinati, poi Rosaria Bortolone, anima dell’ organizzazione. Ed Elena Tagliaferri, pasionaria della Costituzione, che segue ore e ore di dibattiti. Tante donne. Come tante settant’ anni fa votarono per la prima volta. E scelsero la Repubblica, ben più degli uomini.

È il sindacalista Maurizio Landini a rispondere ai dilemmi di Cacciari e Benigni: “È una forzatura dire che se perde va via. Ma… poi, c’è solo lui? Siamo 60 milioni, ne troveremo un altro… La battaglia non è dire “sì” al sovranetto di turno che si crede Gesù”.

Fino a Marco Travaglio che passa in rassegna i saggi arruolati dal fronte del “Sì”: “Ci sono professori di giudaistica, anatomia, chimica, petrologia, chirurghi. Fino agli esperti di psicopatologia, che qui torna utile. Studiosi di fisica delle particelle elementari, forse per scandagliare il cervello della Boschi. E gastroenterologi per far digerire queste boiate”.

Un’unica scelta, tanti approcci: Nando dalla Chiesa se la prende con l’ ideologia del cambiamento purché sia. Pensa forse ai Benigni e ai Cacciari, ormai diventati simboli loro malgrado: “Dicono che bisogna cambiare, ma non si sa che cosa né come”, scherza Dalla Chiesa che poi si fa serio: “È il pifferaio magico che porta il cambiamento. Ma che viene scelto anche perché conquista il potere. Ci vuole coraggio per resistere”.

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