Solitamente noi filosofi iniziamo le nostre riflessioni ponendoci la domanda: «che cosa?». E perciò mi chiedo subito: che cos’è l’Unione Europea? E, quindi, che cos’è l’Europa? In prima battuta, si può rispondere facilmente all’interrogativo. Che cos’è l’Europa se non l’insieme delle storie che vengono narrate sull’Europa? Sono state raccontate molte storie sull’Europa. E sono molto differenti le une dalle altre. Alcune addirittura contrastanti. La lettura delle vicende passate e il giudizio su di esse sarà parziale. Tuttavia, anche se non sarà possibile ricordare tutte queste storie, bisogna menzionare almeno quelle più significative. Non solo per ragioni di scelta, ma anche di attenzione o rifiuto, abbiamo bisogno di ricordare le storie dell’Europa. L’Europa non vanta un numero così sorprendente di storie solo perché è il continente più antico, ma è diventata quella che è oggi proprio perché ha così tante storie. L’Europa è uno storytelling continent, un continente che ha costruito la sua identità come una sorta di autobiografia.
Fin dai tempi del primo Rinascimento sono state scritte o sono comparse diverse autobiografie dell’Europa. Una storia era incentrata sul continente cristiano contrastato da continenti non cristiani, un’altra sull’Occidente contrastato dall’Oriente, un’altra sul continente moderno contrastato da quello tradizionale, un’altra sul continente degli uomini bianchi contrastato dai continenti delle persone di colore, un’altra ancora sui colonizzatori contro i colonizzati, e così via. Come in tutti i casi di costruzione dell’identità, anche l’identità dell’Europa è stata forgiata contrapponendo il «nostro» continente agli «altri», alla non-Europa. [...]
Il caso dell’Unione Europea è simile. Tuttavia c’è una differenza sostanziale. Al contrario dei vecchi imperi europei, ci sono istituzioni democratiche centralizzate: è quindi un’entità del tutto nuova. D’altronde, la modernità consente la possibilità di inventare istituzioni, forme di organizzazione e di governo totalmente nuove. Come ho ricordato, sia la democrazia liberale sia il totalitarismo sono proprio esempi di invenzioni moderne: la prima come nuova forma di governo che sostituisce, da un lato, le vecchie repubbliche e, dall’altro, le monarchie liberali; il secondo come sostituto delle dittature militari e dei dispotismi, mentre l’Unione Europea rappresenta una nuova entità che sostituisce i vecchi imperi europei. È molto probabile che, se le democrazie liberali si estenderanno, allo stesso modo il modello dell’Unione Europea potrà stabilirsi in altri continenti.
Ho sostenuto prima che l’Unione Europea è un impero atipico, dal momento che ha soppiantato gli imperi europei. In primo luogo è un’Unione nella quale gli Stati membri hanno uguale influenza, e dove i singoli Stati nazionali rimangono indipendenti nonostante abbiano concordato un autorestringimento della propria sovranità. La difficoltà di elaborare e di accettare una costituzione vincolante per tutti gli Stati membri è dunque la mancanza che deriva da una condizione iniziale ideale. In secondo luogo, l’Unione Europea è un impero atipico perché non ha un esercito. Un impero senza esercito è indifeso perché deve basarsi esclusivamente sul proprio potere economico o sul potere militare di altri. Questo problema dovrà essere risolto dalle prossime generazioni. E non è affatto semplice. Se l’Europa sviluppa un apparato militare al suo interno, si troverà più pronta e in grado di resistere a un eventuale ricatto; per fare ciò, dovrà però sacrificare una parte della sua ricchezza.
La Stampa, 23 Maggio 2016
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