Caro Massimo, non è la prima questa lettera e non sarà l’ultima, nel corso della nostra ormai lunga, benché molto intermittente, conversazione “filosofica”. E lo scrivo fra virgolette, perché lo è, filosofica, e non lo è, la questione che pongo. Lo è per noi che concepiamo la filosofia come “pensiero concreto”, per usare un’espressione tua. E non come una fabbrica di abracadabra e calembour più o meno brillanti. Comunque la questione che ti pongo la chiamo “filosofica” anche per darmi coraggio e superare la distanza, tutta a tuo favore, di autorevolezza e presenza sulla scena pubblica, oltre che quella abissale, ancora a tuo favore, di effettiva conoscenza ed esperienza della politica.
Vengo alla questione che vorrei porti questa sera, 9 maggio, dopo averti ascoltato, ospite di “Otto e mezzo”, sviscerare – anzi, eviscerare, a rapidi colpi di spada, con espressività e vigore assolutamente eloquenti – l’“assurdità” e la sgangherata incongruenza della riforma costituzionale che sarà sottoposta a referendum. Quel ridicolo senato fatto di consiglieri regionali e sindaci non solo non risolverebbe il problema del bicameralismo perfetto, che tu ed altri, dicevi, avevate rivoltato in tutti i suoi aspetti (con ben altra attenzione e competenza, si evinceva dal contesto) prima che gli autori della riforma attuale “fossero al mondo”, ma complicherebbe a dismisura – lo hai ben chiarito – il più profondo errore di sistema della democrazia italiana, al quale tornerò fra poco.
Ecco la domanda: perché allora voterai “sì” al referendum, come hai detto? E’ una domanda sincera e smarrita. E se la faccio, è perché credo che molti se la facciano con il mio stesso smarrimento. Molti di quei non molti che della nostra vita civile si preoccupano, che credono o tentano di credere, con la loro fatica quotidiana, che la Repubblica siamo noi, e che se accettiamo una riforma “assurda”, incongrua, incoerente e inefficiente dei suoi fondamenti, della democrazia sfigurata e monca che ne risulterà noi saremo non passivi, ma attivi complici, dunque colpevoli. E quanti di quelli che ti hanno ascoltato continueranno a credere, come Socrate insegnava ai suoi concittadini, che sia doveroso chiedere ragione di ogni decisione che ci riguarda? Che abbia senso applicare la volontà di evidenza, la logica, il buon senso, alle cose che pure sommamente ci riguardano, della politica?
Se anche il più noto filosofo italiano scorna la logica e l’evidenza in politica, e getta il peso di tutto il suo prestigio nel dire sì a una riforma costituzionale sopra la quale sputa? Quanti che ancora non avevano del tutto perduto la voglia di partecipare, cioè di discutere e deliberare nello spazio delle ragioni, dove le parole hanno un senso e le decisioni una coerenza, perderanno la loro residua fiducia nella democrazia? Perché la democrazia non è solo una forma di governo. E’ una civiltà fondata in ragione, il che vuol dire, sulla fragile forza dei nostri interrogativi, sulla fatica dei buoni argomenti. Una Repubblica democratica è fondata su lavoro – sul nostro lavoro di cittadini, così faticoso, così disprezzato. Anche e soprattutto da chi, “nel paese di Machiavelli”, come hai detto, trova come te che si parli troppo di “questione morale”. Cioè di interesse pubblico!
Vengo al paese di Machiavelli, perché qui hai detto una cosa illuminante, che il politico di turno ha subito ripreso a suo vantaggio. Non è di questione morale che si dovrebbe parlare ma di sistema. Non di gente che ruba, ma dell’assenza di un sistema funzionante, di un meccanismo, di un automatismo – hai insistito – che renda irrilevante la gente che ruba (non il rubare, spero). Evviva, qui riconosco a ciascuno il suo e a te maggior sapienza: io non chiamerei automatismo un’amministrazione impermeabile alla corruzione, ma riconosco che qui sì, ha più da dire un filosofo che conosce o riconosce l’elemento sistemico della politica e della società – più di uno che, come chi scrive, non ha in politica altro orizzonte che quella dell’etica pubblica e non vede altri attori che gli individui responsabili.
Bene: ma proprio qui tu hai detto la cosa giusta. Il più profondo errore di sistema della democrazia italiana è non disporre di un dispositivo che disinneschi la corruzione, lasciando operare come devono le pressioni degli interessi particolari, ma senza farsene travolgere. E proprio questosenaticchio incongruo, fatto dei pezzi finora più corrotti di meccanismo mal funzionante, ci hai fatto capire, aggraverebbe ancora di più l’errore di sistema. Questo sarebbe l’esito della riforma.
E allora perché, perché dirle di sì?
Cacciari.
Roberta de Monticelli mi ha letto nel pensiero. Aspetto di sentire le ragioni di Cacciari.
Da qualche tempo il professore Cacciari alterna, purtroppo, ad acutissime osservazioni, strane decisioni …
Quando l’ho sentito recentemente in trasmissione dalla Gruber ho pensato subito ad una possibile reazione da parte della professoressa Roberta De Monticelli che già in passato gli ha scritto pubblicamente.
La qual cosa mentre mi ha trovato trovava e mi trova tuttora concorde con la professoressa, al contempo mi fa riscontrare come non facciano altrettanto molti altri fra coloro che reputo possano esprimersi autorevolmente in merito, e preferiscano far finta di nulla.
È così da noi. Troppi, singolarmente, dicono che bisogna mutare il mutabile ma quando c’è da unirsi in discussione per agire decisamente in tale direzione, ciascuno ritiene opportuno tacere, non partecipare.
Ojetti diceva che bisogna rispettare l’opinione altrui; e voglio pensare che sia legittimo cambiare opinione.
Comprendo pure come non si voglia far attivamente politica ma non riesco a giustificare l’omissione di filosofi, di sociologi e di ogni intellettuale a contribuire ad un alto e vivace confronto per la realizzazione di una buona politica con persone degne dell’attribuzione di democratici e di saggi governanti e legiferatori in luogo di populisti, incapaci, mistificatori, figuranti e amministratori delegati.
Perché di questo passo non ci salveremo, rischiamo di toccare il fondo.
Non è solo tristezza la mia. È molto di più.
Elio Matteo Palumbo
15 maggio 2016
Se anche la cultura disprezza ma vota si, ci tocca davvero contare su Salvini, Brunetta e casa Paund.
Ma non ce la faremo cmq: è troppo in sintonia col loro pensiero politico questa “riforma”, poi ci sono i fans, i complici , i coautori e quel 47% di “analfabeti funzionali” (OCSE) facilmente plagiabili, e pure la generale ansia di riforme purchessia.
Bisognerebbe far sapere al “Massimo” e ai suoi vicini che esiste una via diversa per le riforme e il cambiamento virtuoso, che parte dal coinvolgimento di tutto quel 95% che Ilvo Diamanti denuncia da lustri non aver più alcuna fiducia nella casta, confermato di recente da quei 9 su 10 che stanno con Davigo, come dalle analisi dei flussi e delle astensioni elettorali : un potenziale di cambiamento ENORME che attende solo di essere coinvolto dai professori contro la casta.
Proprio come è successo in Spagna con Podemos: professori affidabili che si rivolgono non solo alla sinistra, ma a tutta la Cittadinanza sofferente, non destra contro sinistra, ma sotto contro sopra, società civile contro casta, proponendo più riforme e migliori di quelle del PdC: andando allo scontro armati solo del NO saremo perdenti; andarci con evidente strategia anticasta e progetti di riforme più numerose e migliori, sarebbe un grande viatico per la vittoria del NO e per riportare in Parlamento il rigore morale e culturale per uscire stabilmente dalla palude della mediocrità.
Molto bella, saggia e gentile la lettera di De Monticelli a Cacciari. Vorrei solo sottolineare, e ribadire fino all’ estenuazione, che di fronte al referendum sulla riforma costituzionale siamo solo e innanzitutto cittadini, non appartenenti a questo o quel gruppo, casta o partito, pro o contro il presidente del consiglio di turno. I cittadini tutti sono chiamati ad affrontare questa prova per dimostrare il proprio senso civico delle istituzioni, della cui democratica configurazione la Carta è e deve continuare a essere la suprema garanzia. Per parte mia, dovrò solo stare attenta a non calcare troppo la mano sul NO per non perforare la scheda. Buon referendum a tutti, e banchettiamo a più non posso.
Cara signora Corinna,
è un vero peccato che la salvaguardia della Costituzione sia ritenuta prioritaria solo dal 6% della Cittadinanza (Pagnoncelli, di martedì).
E’ la mia stessa domanda. Aspetto la risposta di Cacciari.
Un ulteriore motivo per votare NO alla riforma costituzionale è dato dalla mole mostruosa e disomogenea della sua revisione, che non può consentire al cittadino di formarsi ed esprimere un chiaro giudizio in merito, e trasforma quindi un referendum costituzionale in un volgarissimo sondaggio.
La salvaguardia dello spirito della nostra Costituzione è una priorità, non la sua revisione, soprattutto in un frangente storico così mutato come quello che stiamo vivendo. Per risparmiare si potrebbe tagliare, subito, qualche “poltrona” (è il gergo del governo attuale) in ambedue le Camere in proporzione. Il resto potrà sempre essere modificato, come è già avvenuto in passato, argomento per argomento, se sarà veramente necessario.