La retorica del catastrofismo e la campagna dell’odio

11 Mag 2016

Nadia Urbinati Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Il clima che i proponenti della riforma costituzionale, Renzi e Boschi, stanno premeditatamente creando ha davvero ben poco a che fare con la politica costituzionale. La Costituzione è diventata, a questo punto e per loro espresso proposito, un oggetto di contenzioso politico, proprio come un programma elettorale: di costituzionale non vi è nulla. Figuriamoci se questo fosse stato il clima dei Costituenti! Avremmo avuto la guerra civile non settant’anni di vita civile.

E fa davvero stupire il più sprovveduto osservatore leggere le opinioni di stimati articolisti, giornalisti, e intellettuali: tutti loro “bevono” (per usare un verbo che piaceva a Piero Gobetti) l’espediente retorico del plebiscito: non c’è alternativa. La catena di idee è questa: poiché non ci possiamo permettere, come Paese, di avere una crisi di governo, e siccome Renzi la scatenerebbe se perdesse il plebiscito, non abbiamo alternativa se non votare come lui vuole, anche perché non c’è altro politico disponibile in questo momento a parte Renzi: quindi turarsi il naso e votare. La nuova Costituzione è brutta, può essere pericolosa perché non ci tutela da cattive maggioranze, eppure per “spirito di responsabilità” la si deve votare. La responsabilità è invocata per l’oggi e verso l’oggi, non per verso il paese.

La retorica del catastrofismo ha fatto breccia nel cervello degli intellettuali, che mostrano così la labilità della razionalità e dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, che davvero nessuno può dirsi “intellettuale” in una democrazia, perché tutti lo sono poiché indistintamente di tutti sono queste emozioni così poco razionali.

Ma appunto per questo, appunto perché i sacerdoti del Sì non possono vantare, proprio come quelli del No, alcuna privilegiata saggezza, mettiamo sul tappeto le questioni reali implicate in questa battaglia sulla Costituzione: parliamo del carattere di questa nuova versione della Costituzione e degli effetti che può generare, soprattutto se accoppiata con l’Italicum. Dicevano i teorici e i politici settecenteschi che hanno teorizzato e/o scritto le costituzioni che queste devono essere scritte “per i demoni non per gli angeli”.  E come per il ‘Peter sobrio’, che scrive le regole pensando a se stesso quando potrebbe essere ubriaco, queste carte di regole e di intenti servono proprio per esorcizzare e contenere il potere, in particolare quando e se tenuto da mani sconsiderate.  Una Costituzione che promette di non fare troppi danni solo a patto che una maggioranza specifica governi è una costituzione per il presente, non per il futuro (o per un presente corto rispetto al futuro lungo, secondo cui dovrebbe essere pensata la vita di una Costituzione), e quindi è improvvida. E allora, come si può coerentemente e razionalmente sostenere che, sì, questo nuovo Senato è pasticciato, e forse necessiterà di ritocchi in corso d’opera, e però deve approvato? Perché, sapendo che ha questi problemi, non si è provveduto a superarli prima di giungere alla sua approvazione? Non è irrazionale questo comportamento?

La campagna referendaria che ci attende sarà in molta parte all’insegna dell’odio verso i sostenitori del No – l’unico modo per sfuggire alle obiezioni, per non rispondere nel merito, per non dar conto di questa irrazionalità. E’ a questo che ci si deve preparare – a un parlare senza dialogo e senza discussione; a un parlare su binari paralleli per convertire i propri e condannare al rogo mediatico gli altri.  Alla fine, quale che sia l’esito, l’Italia sarà una società molto divisa. La Costituzione, la grammatica comune, sarà essa stessa la causa della divisione. Anche in questo vi è una sovrabbondanza di irrazionalità.

Politologa. Titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo e delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica. Collabora con i quotidiani L’Unità, La Repubblica, Il Fatto Quotidiano e con Il Sole 24 Ore; dal 2019 collabora con il Corriere della Sera e con il settimanale Left.

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