Oggi è emergenza cultura

08 Mag 2016

Tomaso Montanari

Giuseppe Dossetti avrebbe voluto in Costituzione un articolo che dicesse che:

«La resistenza individuale e collettiva agli atti dei poteri pubblici che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione è diritto e dovere di ogni cittadino».

Oggi tutti noi siamo in questa piazza romana perché sentiamo questo dovere. E perché vogliamo esercitare questo diritto.

Lo vogliamo fare con tutta la nostra voce: e siamo felici che alle nostre voci si aggiunga quella potente della tromba marina del Tritone di Gian Lorenzo Bernini, che oggi è un nostro speciale compagno di lotta.

In questi mesi una serie di decisioni scellerate di questo governo – un governo sostenuto da una maggioranza parlamentare resa possibile da una legge formalmente dichiarata incostituzionale – sta di fatto sradicando dalla Costituzione l’articolo 9.

Denuciamo che oggi la Repubblica non promuove lo sviluppo della cultura.

Non promuove la ricerca.

Non tutela il paesaggio, cioè l’ambiente.

Non tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Oggi è emergenza cultura!

Nei primi colloqui che ho avuto con lui, il ministro Dario Franceschini (allora appena nominato) mi disse che il presidente del Consiglio aveva il progetto di abbattere la tutela pubblica del paesaggio e del patrimonio («far fuori le soprintendenze», mi disse). E che lui, il ministro, si sarebbe opposto.

Ebbene, i fatti – i fatti che ci hanno portato in questa piazza – certificano che quel confronto, se mai c’è stato davvero, l’ha vinto il presidente del Consiglio, e l’ha perso il ministro per i Beni culturali.

Anzi l’hanno perso il paesaggio e il patrimonio artistico: cioè tutti noi, e i nostri figli.

Noi chiediamo l’abrogazione dello Sblocca Italia: una legge criminogena che consegna l’Italia ai signori del cemento e del petrolio. Una legge scritta sotto la dettatura telefonica delle lobbies.

Vogliamo, invece, una legge che porti a zero il consumo suolo: una legge vera, non come quella, ipocrita e dannosa, che giace in Parlamento.

Chiediamo al governo di ritirare l’odioso provvedimento del silenzio assenso. Prima si sono svuotate le soprintendenze di mezzi e di personale. E, ora che non ce la fanno più a rispondere in tempi brevi, si vuol far pagare il conto ai cittadini: perché il famoso silenzio assenso servirà solo a costruire Grandi Opere Inutili. Utili, anzi, solo a chi le costruisce, e fatali per l’ambiente: e non di rado per la vita stessa dei cittadini, falciati da alluvioni e da frane provocate dal cemento.

Chiediamo al governo di rinunciare alla bestemmia del Ponte sullo Stretto.

Vogliamo l’Unica Grande Opera utile, e cioè il risanamento e la messa in sicurezza del territorio.

Chiediamo al governo di ritirare l’articolo della Legge Madia che mette le soprintendenze sotto i prefetti: che mette, cioè, la tutela tecnico-scientifica del territorio sotto il potere del governo stesso.

Nemmeno un governo eletto plebiscitariamente (e questo, notoriamente, non lo è) ha il potere di distruggere ciò che dobbiamo lasciare alle future generazioni. Siamo custodi, non padroni.

E la nostra voce è umile: ma contiene quella dei nostri figli, e dei figli dei nostri figli: finché non si spenga la luna. È il futuro che ci supplica di non distruggere la bella Italia.

Vogliamo che la soprintendenza sia una vera magistratura del territorio e del patrimonio storico e artistico. Indipendente dal potere politico.

Chiediamo, dunque, che ad essere finanziato sia il bilancio ordinario della tutela: e che il governo rinunci alle misure propagandistiche e clientelari del miliardo a pioggia su siti già ricchi, mentre il patrimonio diffuso (cioè il 90% del patrimonio), e le biblioteche e gli archivi muoiono, inesorabilmente, di fame e di sete.

Chiediamo che cessino l’umiliazione, il disprezzo e il mobbing di Renzi e Franceschini contro i lavoratori del Ministero per i Beni culturali. Un’arroganza intollerabile sta colpendo chi ha dedicato la vita a questi insostituibili beni comuni.

Quei funzionari che hanno provato a parlare con noi in questi giorni sono stati colpiti da provvedimenti disciplinari: imbarazzanti, umilianti anticostituzionali.

Ma queste misure fasciste non ci intimidiscono: la nostra voce è la loro voce.

Vogliamo che la cultura diventi davvero un servizio pubblico essenziale: ma non per comprimere i diritti sindacali dei lavoratori che la fanno vivere, ma perché tutti possano accedervi, gratuitamente.

E chiediamo che i ministri della Repubblica che non garantiscono questo servizio, si dimettano.

Chiediamo lavoro per i nostri laureati, specializzati, dottorati. Chiediamo lavoro Vero: non Nero.

Non stages. Non tirocinii. Non contratti di formazione. Non volontariato. Non assunzioni una tantum a numeri tondi: che servono solo alla propaganda del ministro.

Vogliamo un lavoro vero, dignitoso, sicuro. Con assunzioni regolari, ogni anno.

Diciamo no ai musei-supermercato, con direttori, consigli d’amministrazione e perfino consigli scientifici nominati dalla politica, nazionale e locale.

Vogliamo invece che i musei siano vissuti da comunità di ricercatori residenti: che ne facciano spazi di cittadinanza inclusivi, luoghi liberi dal mercato e dal marketing. Luoghi di cultura vera: cioè libera.

 Vogliamo una scuola buona: non la #buonascuola.

Non vogliamo una scuola che sia l’avviamento alla vendita del brand Italia.

Vogliamo, invece, che a scuola gli italiani imparino fin da bambini la storia dell’arte come una lingua viva.

Per saper leggere, per saper amare, per saper godere di questo paese ancora, nonostante tutto, straordinariamente bello.

Oggi siamo in questa piazza per la cultura. Ma cos’è la cultura?

La cultura è la costruzione della nostra umanità.

La cultura è lo strumento per esercitare la nostra sovranità.

È la misura della nostra capacità di partecipare alla democrazia.

La cultura è un antidoto al potere totalitario del mercato.

La cultura è la condizione fondamentale per il pieno sviluppo della persona umana, per un’inclusione vera, per la realizzazione dell’eguaglianza sostanziale.

La cultura – ha detto Claudio Abbado – serve a distinguere il bene dal male. A giudicare chi ci governa. La cultura salva.

«La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura, e la ricerca scientifica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione»

Siamo qua per chiedere con tutta la nostra voce che il nono articolo della Costituzione italiana non venga tradito, estirpato, distrutto.

Siamo qua per chiedere che venga finalmente attuato

Non smetteremo di combattere finché questo non accadrà.

Grazie per aver condiviso il cammino di emergenza cultura. Questo è solo l’inizio.

W l’articolo 9, W la Costituzione, W la Repubblica!

(*) il discorso è stato pronunciato in occasione della manifestazione Emergenza Cultura, che si è tenuta il 7 maggio a Roma.

 

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