Perché partecipare a EmergenzaCultura, Roma 7 maggio

05 Mag 2016

Tomaso Montanari

Qual è il nesso tra la politica culturale e la revisione costituzionale del governo Renzi?

Prendiamo le parole che il presidente del consiglio ha pronunciato lunedì scorso, aprendo a Firenze la campagna plebiscitaria del Sì (mentre il fiorentino Piero Calamandrei – per il quale i banchi del governo dovevano essere vuoti mentre si discuteva della Costituzione – si rivoltava nella tomba).

Renzi ha detto che «abbiamo fatto un cambiamento straordinario …servono anche azioni simboliche: come il recupero di Pompei». E che la «pedonalizzazione di piazza del Duomo a Firenze è simbolo dell’Italia che dice sì».

La prima affermazione è una menzogna. O, meglio, un’appropriazione indebita. Il recupero di Pompei, infatti  è merito di Massimo Bray. Posso dirlo con piena cognizione di causa perché fummo Salvatore Settis ed io a suggerire a Bray, allora ministro per i Beni culturali del governo Letta, i nomi dell’attuale soprintendente e del responsabile del Grande Progetto Pompei. Renzi e Franceschini non hanno fatto davvero nulla per Pompei: se non trasformarlo in un set della propaganda di governo.

La menzogna è una cifra di questo governo. È, per esempio, una menzogna che il patrimonio culturale abbia più soldi di prima: ci sono, è vero, progetti straordinari una tantum, ma i bilanci ordinari rimangono alla canna del gas, le biblioteche e gli archivi chiudono, i monumenti continuano a crollare.

Allo stesso modo sono menzogne quelle che propagandano la riforma costituzionale come una forma di risparmio: ammesso che sia vero, quel risparmio è calcolato nello 0,003 del PIL. Mentre è sicuro che risparmieremo in democrazia: non voteremo più per i senatori. Ma un Senato inutile, clientelare e farraginoso, continuerà ad esistere.

Al contrario, quando Renzi dice che la «pedonalizzazione di Piazza del Duomo a Firenze è simbolo» della revisione costituzionale, dice la verità. Quella pedonalizzazione, decisa in fretta e furia, senza un progetto e senza un piano di trasporti pubblici, ha escluso dal cuore della città i cittadini, accentuando ancora la trasformazione di Firenze in una quinta per turisti del lusso. Perfino l’iperrenziano Oscar Farinetti ha dovuto ammettere che nel suo negozio fiorentino (che sorge, simbolicamente, al posto della più grande libreria della città: proprio nel cuore della zona pedonalizzata), la sera non arriva nessuno.

Ecco, una riforma che darà ad un’esigua minoranza parlamentare tutto il potere esecutivo e tutti i contrappesi che dovrebbero garantire i cittadini avrà lo stesso effetto della pedonalizzazione fiorentina: tenere lontani i cittadini dal cuore della polis, cioè della politica.

Per questo, scendere in piazza a Roma il 7 maggio per la difesa dell’articolo 9 significa difendere tutto il progetto della Costituzione. Difendere la nostra sovranità.

 

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