Renzi vuole trasformare il referendum di ottobre in un plebiscito perché deve semplificare tutto. Non può spiegare che la riforma cambierà circa 40 articoli della Costituzione, mutando la forma di governo: ma accettare la sua logica, quella del ‘o con me o il diluvio’ sarebbe un errore”. Nadia Urbinati, docente di Teoria politica presso la Columbia University di New York, neo-presidente di Libertà e Giustizia, boccia la riforma costituzionale: “Se finisse nelle mani sbagliate, con un’ altra maggioranza, ci sarebbe da rabbrividire”.
Perché è così dura? Chi si oppone è solo un conservatore, obietterebbero i renziani.
I pensatori del ’700 dicevano che le buone Costituzioni sono quelle scritte per i demoni e non per gli angeli. Bene, questa riforma della Carta devono averla scritta pensando agli angeli, perché scardina il sistema parlamentare e concentra il potere nelle mani del presidente del Consiglio, del suo governo e della sua maggioranza. E quindi va maneggiata con molta cura.
Vede rischi di deriva autoritaria?
L’ attuale maggioranza non mi suscita ancora queste preoccupazioni. Ma se ne arrivasse una diversa… Rimane il fatto che su questa riforma Renzi punta tutto.
“Se perdo il referendum vado a casa”, ripete allo sfinimento.
Come Giovanni Sartori, propendo a non credergli. Cerca il plebiscito perché non può e non vuole spiegare nel dettaglio questa riforma. L’ articolo 138 della Costituzione disciplina le leggi di revisione della Carta. Ma questa non è una revisione, un intervento mirato su alcuni punti, bensì è una riforma radicale, che muta la forma della nostra Repubblica. Per cui, sottoporla a referendum significa necessariamente chiedere un voto sui suoi proponenti e non sul merito. Non è possibile che in un semplice Sì o No si possa tenere conto di tutti gli aspetti di questa legge. E poi porre l’ aut aut è tipico di Renzi, e della sua visione della politica. Una visione di comando.
Ma in tutto il mondo è ormai il tempo dei leader che decidono, non crede?
Non è così. I leader preponderanti nelle democrazie costituzionali devono fare i conti con sistemi di contrappesi al loro potere. Nella riforma renziana invece i meccanismi di controllo saranno pesantemente espressione della maggioranza. C’ è un presidenzialismo non confessato e quindi senza una struttura con precisi contrappesi e controlli, come avviene invece nelle repubbliche presidenziali.
Questa legge è un pasticcio, che concede un’ ampia discrezionalità di azione al governo e al suo leader.
Però in Italia decidere è sempre stato complicato. Renzi vuole dare più poteri al governo per velocizzare tutto, e forse su questo ha ragione.
Il fare non è in sé necessariamente buono o giusto. Dopodiché, non è vero che con i sistemi parlamentari non si decide. In Italia abbiamo avuto importanti decisioni molte delle quali buone, prese in Parlamento. Certo, il bicameralismo perfetto andrebbe riformato, ma non così. Da questo punto di vista, la Renzi-Boschi è un’ occasione perduta.
Il cardine della riforma è proprio il nuovo Senato, con poteri limitati… Ecco, non è vero che il nuovo Senato renderà più veloci i lavori. Sono previsti almeno sette procedimenti legislativi per Palazzo Madama, e ciò renderà tutto più farraginoso.
Non si andrà più veloci?
Non sembrerebbe.
Renzi però potrà contare su argomenti forti a ottobre.
Potrà propagandare il taglio dei senatori e quindi dei costi. Come si può ribattere?
Non sarà facile, anche perché sulle tv e sui grandi giornali appare solo lui. Parla sempre e soltanto Renzi, e a ridosso della votazione questo fenomeno aumenterà. Detto questo, è un errore scendere sul piano del plebiscito. Bisognerà contestare questa strategia entrando nel merito, mostrando le conseguenze di questa riforma.
Però il tema è difficile, ostico. Come si può portare la gente alle urne se non politicizzando questo referendum, anche contro Renzi?
Questo è un problema concreto. Io dico che all’ inizio bisognerà mostrare tutti i vizi di questa riforma. Poi, quando Renzi radicalizzerà la strategia verso il plebiscito, bisognerà evidenziare tutti i suoi limiti e quelli del suo governo.
Si dovrà arrivare a questo manicheismo, con tutti i rischi che comporta. Ma soprattutto si dovrà porre il tema di un’ equa competizione a tutte le autorità, a cominciare dal Quirinale. Lo strapotere mediatico del presidente del Consiglio va contenuto, o rischia di non esserci partita.
I pensatori del ’700 dicevano che le buone Costituzioni sono quelle scritte per i demoni e non per gli angeli. Bene, questa riforma della Carta devono averla scritta pensando agli angeli, perché scardina il sistema parlamentare e concentra il potere nelle mani del presidente del Consiglio, del suo governo e della sua maggioranza. E quindi va maneggiata con molta cura.
Vede rischi di deriva autoritaria?
L’ attuale maggioranza non mi suscita ancora queste preoccupazioni. Ma se ne arrivasse una diversa… Rimane il fatto che su questa riforma Renzi punta tutto.
“Se perdo il referendum vado a casa”, ripete allo sfinimento.
Come Giovanni Sartori, propendo a non credergli. Cerca il plebiscito perché non può e non vuole spiegare nel dettaglio questa riforma. L’ articolo 138 della Costituzione disciplina le leggi di revisione della Carta. Ma questa non è una revisione, un intervento mirato su alcuni punti, bensì è una riforma radicale, che muta la forma della nostra Repubblica. Per cui, sottoporla a referendum significa necessariamente chiedere un voto sui suoi proponenti e non sul merito. Non è possibile che in un semplice Sì o No si possa tenere conto di tutti gli aspetti di questa legge. E poi porre l’ aut aut è tipico di Renzi, e della sua visione della politica. Una visione di comando.
Ma in tutto il mondo è ormai il tempo dei leader che decidono, non crede?
Non è così. I leader preponderanti nelle democrazie costituzionali devono fare i conti con sistemi di contrappesi al loro potere. Nella riforma renziana invece i meccanismi di controllo saranno pesantemente espressione della maggioranza. C’ è un presidenzialismo non confessato e quindi senza una struttura con precisi contrappesi e controlli, come avviene invece nelle repubbliche presidenziali.
Questa legge è un pasticcio, che concede un’ ampia discrezionalità di azione al governo e al suo leader.
Però in Italia decidere è sempre stato complicato. Renzi vuole dare più poteri al governo per velocizzare tutto, e forse su questo ha ragione.
Il fare non è in sé necessariamente buono o giusto. Dopodiché, non è vero che con i sistemi parlamentari non si decide. In Italia abbiamo avuto importanti decisioni molte delle quali buone, prese in Parlamento. Certo, il bicameralismo perfetto andrebbe riformato, ma non così. Da questo punto di vista, la Renzi-Boschi è un’ occasione perduta.
Il cardine della riforma è proprio il nuovo Senato, con poteri limitati… Ecco, non è vero che il nuovo Senato renderà più veloci i lavori. Sono previsti almeno sette procedimenti legislativi per Palazzo Madama, e ciò renderà tutto più farraginoso.
Non si andrà più veloci?
Non sembrerebbe.
Renzi però potrà contare su argomenti forti a ottobre.
Potrà propagandare il taglio dei senatori e quindi dei costi. Come si può ribattere?
Non sarà facile, anche perché sulle tv e sui grandi giornali appare solo lui. Parla sempre e soltanto Renzi, e a ridosso della votazione questo fenomeno aumenterà. Detto questo, è un errore scendere sul piano del plebiscito. Bisognerà contestare questa strategia entrando nel merito, mostrando le conseguenze di questa riforma.
Però il tema è difficile, ostico. Come si può portare la gente alle urne se non politicizzando questo referendum, anche contro Renzi?
Questo è un problema concreto. Io dico che all’ inizio bisognerà mostrare tutti i vizi di questa riforma. Poi, quando Renzi radicalizzerà la strategia verso il plebiscito, bisognerà evidenziare tutti i suoi limiti e quelli del suo governo.
Si dovrà arrivare a questo manicheismo, con tutti i rischi che comporta. Ma soprattutto si dovrà porre il tema di un’ equa competizione a tutte le autorità, a cominciare dal Quirinale. Lo strapotere mediatico del presidente del Consiglio va contenuto, o rischia di non esserci partita.
Il Fatto Quotidiano, 23 aprile 2016
La verità è solo questa:
Urbinati non sopporta che il re non lo chiami a corte. Sente il nulla.
Illustre presidente Urbinati,
lei ha individuato perfettamente il problema che è condensato in questa frase: “Lo strapotere mediatico del presidente del Consiglio va contenuto, o rischia di non esserci partita.”
Situazione evidente anche perchè una Cittadinanza che, secondo l’OCSE, è “analfabeta funzionale” al 47%, è senza difese e quindi assai vulnerabile al plagio di un abile comunicatore propagandista.
Ma non ha neppure ipotizzato la soluzione. Perchè dove si possono mai trovare le ragioni per credere che qualcuno “contenga” lo strapotere del PdC?
Le nostre uniche armi di difesa e offesa nei confronti di quel potenziale massmediatico, sono ancora “nelle forme e nei limiti della Costituzione” e in quel 95% di Cittadinanza che dichiara alla demoscopia la sua sfiducia nell’offerta politica. % confermata grosso modo dalle analisi dei flussi e delle astensioni dal voto. Sfiducia che accomuna, è facile capirlo, sia quel 47% OCSE, che la parte più evoluta e che costituisce un potenziale enorme se coinvolta e mobilitata tenendo conto di questo fattore unificante.
Solo una proposta appunto coinvolgente, con più riforme e migliori, con l’esercizio diretto, congiunto e sinergico degli artt 50 e 71, e con chiaro orientamento anticasta, può spianare la strada ad un successo del NO al referendum di ottobre.
Una strategia semplicemente negativa e difensiva, nulla potrà contro lo strapotere massmediatico e la vulnerabilità della Cittadinanza senza alcuna alternativa prospettica di riforme cmq attese.