Tomaso Montanari, neo vice-presidente di Libertà e Giustizia: Lettera ai soci

18 Apr 2016

Tomaso Montanari

Care socie e cari soci di Libertà e Giustizia,

vi ringrazio per l’immeritata fiducia con la quale avete voluto eleggermi alla vicepresidenza dell’associazione.

Avverto fino in fondo la responsabilità che questo comporta: una responsabilità aumentata dalla fiducia del consiglio di presidenza, del presidente onorario Gustavo Zagrebelsky, della presidente emerita Sandra Bonsanti. Ed è una responsabilità ulteriore condividere questo impegno con una studiosa ed una cittadina come la presidente Nadia Urbinati.

Mi impegnerò con tutte le mie forze al servizio della missione di Libertà e Giustizia. Se dovessi dire qual è, oggi, questa missione non saprei trovare parole più chiare e aderenti di quelle che Piero Calamandrei pronunciò, qua a Milano, nel lontano febbraio del 1954: «In questo clima avvelenato di scandali giudiziari e di evasioni fiscali, di dissolutezze e di corruzioni, di persecuzioni della miseria e di indulgenti silenzi per gli avventurieri d’alto bordo, in questa atmosfera di putrefazione che accoglie i giovani appena si affacciano alla vita, apriamo le finestre!».

Ecco, la missione – umile, semplice, attuale – di Libertà e Giustizia è questa: aprire le finestre. Fare circolare aria nuova. Aria pulita. E permettere di guardare, attraverso quella finestra, a un’altra Italia: un’Italia che possiamo ancora costruire.

La metafora della finestra aperta non può che essere cara ad uno storico dell’arte come me: per Leon Battista Alberti quella finestra è la pittura. Una finestra che non serve a contemplare un bello inutile, ma a cambiare il mondo attraverso una bellezza che sia anche e soprattutto giustizia. 

Ed è doloroso ricordarlo oggi: quando le leggi volute da questo governo mettono a rischio come mai forse prima il patrimonio culturale della nazione. Un fronte, questo, sul quale inviterò l’associazione a combattere con rinnovate energie: fin dalla partecipazione numerosa a Emergenza Cultura, la prima grande manifestazione di piazza per l’articolo 9, che si terrà a Roma il 7 maggio prossimo.

Ciò che mi propongo di fare è lavorare perché il valore politico – nel senso più alto – della cultura sia al centro della missione dell’associazione. La cultura come strumento principe di costruzione della polis, della comunità. La cultura come via maestra per la formazione di una cittadinanza adulta. 

La nostra amata Costituzione mette tra i principi fondamentali della Repubblica «lo sviluppo della cultura» e la promozione della ricerca (art. 9, comma 1). Ebbene, la ricerca (cioè il rinnovamento critico della cultura) è un elemento fondamentale delle democrazie moderne, e un’associazione come la nostra ha il dovere di fare di tutto per aumentare la redistribuzione della conoscenza rinnovata dalla ricerca. 

Lascia di sasso il fatto che il presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche appena nominato dal governo Renzi abbia dichiarato che il compito della ricerca pubblica sia «fare andare avanti l’Italia senza pensare a principi etici». Non ci potrebbe davvero essere un ritratto migliore dell’Italia del ‘fare’ che non si pone il problema di che cosa fare; dell’Italia dello Sblocca Italia: convinta che le leggi e l’etica siano lacci da tagliare con decreti emergenziali. 

Chiederemo con voce ferma le dimissioni di questo presidente del CNR, ma il nostro compito più alto e urgente è quello di lavorare perché un domani, di fronte a simili dichiarazioni, siano non solo i ricercatori, ma un numero sempre più ampio di cittadini ad indignarsi.

Vi scrivo mentre amara e profonda è la delusione per l’esito del referendum sulle estrazioni petrolifere. 

L’irresponsabile, cinica esortazione all’astensione che è venuta dal capo dell’esecutivo e (cosa davvero inaudita) da un presidente emerito della Repubblica ha trovato eco in un Paese che ha bisogno di ritrovare le ragioni della partecipazione e della democrazia. 

A settant’anni dall’approvazione della Carta costituzionale ci si vuol far credere che il nostro problema sia la troppa democrazia: il vero obiettivo della abusiva revisione costituzionale (che è stata votata da una minoranza politica trasformata in maggioranza parlamentare da un legge dichiarata incostituzionale) è dunque costruire i presupposti per cui una minoranza molto determinata possa dismettere il ruolo dello Stato in settori strategici, a scapito degli interessi di una maggioranza anestetizzata e ridotta al silenzio. Uno degli esiti della dittatura della maggioranza parlamentare sarà la sostanziale esclusione della maggioranza dei cittadini dalla possibilità di incidere sulla politica. Vedremo l’astensione ascendere a vette inquietanti, mentre uno scontento senza rappresentanza parlamentare rischierà di imboccare le strade più nefaste. Ebbene, noi diciamo NO a questa deriva.

C’è un tempo per ogni cosa, e ora è il momento della lotta. 

Libertà e Giustizia si appresta a combattere con tutte le sue forze contro questo scempio della Costituzione, e la battaglia del referendum di ottobre è probabilmente la più decisiva tra le tante che l’associazione si è trovata a combattere nella sua storia.

Poi verrà il tempo, più lungo e forse anche più duro e usurante, della ricostruzione di una cittadinanza diffusa. 

In quel discorso del 1954, Calamandrei affermava che «la maledizione che ha gravato nei secoli sul popolo italiano è stata questa separazione, questa scissione tra popolo e Stato» e che la vera svolta provocata dalla Resistenza, dalla nascita della Repubblica e dalla Costituzione era che finalmente «il popolo rivendicò a se stesso il dovere e la responsabilità di far la sua politica, comprendendo che solo con una partecipazione collettiva e solidale alla vita politica un popolo può essere padrone di sé».

Ecco: la missione di Libertà e Giustizia, quella che io mi impegno a servire, è forgiare e offrire ai cittadini italiani – nelle scuole, nelle università, sui luoghi di lavoro, nei musei e nei laboratori scientifici, nelle carceri, negli ospedali, nelle piazze – rinnovati strumenti culturali per esercitare la sovranità. 

In un momento in cui il futuro del Paese è in mano ai predicatori dell’astensione e della fuga dall’impegno pubblico, Libertà e Giustizia si impegna per far rinascere il desiderio, la gioia, l’amore per la partecipazione «collettiva e solidale alla vita politica».

Buon lavoro comune, e viva la Costituzione!

 

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