Se la Guidi rilancia il referendum contro le trivelle

02 Apr 2016

Tomaso Montanari

 

Alle ottime ragioni per votare sì al referendum del 17 aprile contro le trivelle se ne aggiunge ora una macroscopica: la ministra Guidi, e il suo cortocircuito tra interessi privati e funzione pubblica.

All”origine del referendum c’è lo Sblocca Italia, la legge Renzi-Lupi che riporta agli anni sessanta le lancette di un’insostenibile economia mangia-territorio. Si era già dimostrato che la parte dello Sblocca Italia sulle autostrade era stata scritta sotto dettatura della lobby delle Grandi Opere.

Ora la conversazione tra la Guidi e il suo compagno dimostra che si tratta di una prassi diffusa: un ministro della Repubblica informa in tempo reale, tramite il suo compagno, una grande compagnia petrolifera straniera che la leggina ad petroleum sarà approvata, facendo sapere che è d’accordo anche Maria Elena Boschi (che di conflitti di interesse è ormai un’esperta).

 Come ha scritto lucidamente Michele Serra (nell’Amaca del 19 marzo): «la questione delle trivellazioni in Adriatico, proprio come, a suo tempo, quella dell’acqua pubblica, è tipicamente ideologica». Al di là del merito dell’unico quesito referendario sopravvissuto (il rinnovo delle concessioni di estrazione), in gioco c’è la protezione dell’ambiente: se gli italiani andranno a votare e voteranno sì, metteranno un freno allo sfruttamento indiscriminato e insostenibile del territorio.

Ora forse la loquacità della ministra Guidi aiuterà ad appassionare gli italiani: perché quella loquacità dimostra molto bene che l’ambiente italiano è immolato sull’altare degli interessi privati, non su quello del lavoro o dell’interesse pubblico.

Nonostante le dimissioni lampo della ministra, rimane l’indelebile impressione di un governo «a disposizione» degli interessi delle compagnie petrolifere (così il compagno della Guidi al telefono con la Total).Se vogliamo che a decidere la politica energetica del Paese, e il futuro del nostro ambiente, siano i cittadini e non le lobbies, abbiamo uno strumento efficace: andare a votare, il 17 aprile, e votare sì.

Repubblica.it, 31 marzo 2016

 

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