Il grande equivoco di Milano

12 Mar 2016

Roberta De Monticelli Consiglio di Presidenza Libertà e Giustizia

Un grande equivoco ha circondato la nostra speranza che Gherardo Colombo potesse darsi il tempo di ascoltare la voce che saliva dalla grande Milano, dal suo cuore alle sue periferie. La voce che esprimeva una domanda, una preghiera quasi, ma formulata con le sue parole: “Una società, per crescere, ha bisogno che i suoi cittadini si mettano in gioco e imparino a scegliere, scommettano sull’uguaglianza, non accettino scorciatoie, ma si impegnino a percorrere la strada, a tratti faticosa ma piena di promesse, della libertà, l’unica che può portare a una reale, autentica democrazia” (Gherardo Colombo, “Lettera a un figlio su Mani Pulite”, Garzanti 2015)”.

Noi ci eravamo messi in gioco. Perché? E’ inutile ripeterlo se ancora non si vede di quale indifferenza a ogni regola, quale preferenza per le “scorciatoie”, quale disprezzo per l’eguaglianza si annidi in una politica che prepara la fusione in una sola persona del controllato e del controllore, del manager che spende i soldi pubblici e del sindaco che gliene deve chieder ragione, ma anche ripianare la spesa. Noi credevamo… Noi chi?

Che ormai ognuno riacquisti il suo volto e parli in nome della sua coscienza, che parli con la sua voce. Io ci credevo: che quello dell’autore de “Il vizio della memoria” sarebbe stato un sì, perché tutta la sua vita sembrava destinarlo a questo. I suoi libri, la sua ansia di intelligenza e di cura del male. La sua impoliticità, la sua credibilità  come emblema non solo di limpidezza morale, ma di fiducia nell’efficacia anche pratica della cognizione morale. E insieme la sua competenza quanto allo spirito, alla forma e alla sostanza della legge.

E ancora, la sua lontananza dall’impegno attivo nella magistratura, la consacrazione socratica della sua vita a insegnare Idee, cioè Regole. Platone non avrebbe respinto la sfida, pur sapendo quanto sporca e feroce possa essere la Caverna. Grande il sacrificio che gli chiedevamo, certo. Come grandissima era l’ambizione.

Non Milano soltanto. Nella luce ‘nuova’ di Milano, un’Italia possibile. Che c’entra allora la “sinistra-sinistra”? Oserei dire: che c’entra la “politica” nel senso desolante che questa parola ha assunto? Come sei potuto cadere in questo tranello? Dove abbiamo sbagliato, distruggendo una ‘chance’ così esatta, e così grandiosa? Ed è veramente finita?

 

 

Nata a Pavia il 2 aprile 1952, è una filosofa italiana. Ha studiato alla Normale di Pisa, dove si è laureata nel 1976 con una tesi su Edmund Husserl.

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