Boboli è di tutti

12 Feb 2016

I fiorentini che in questo fine settimana hanno provato ad entrare a Boboli dal consueto cancello di Annalena, hanno trovano chiuso: si sono sentiti dire di andare all’ingresso di Porta Romana, o a quello di Pitti, a fare la fila con i turisti per avere un biglietto gratuito. Una piccola vessazione: uno dei tanti peggioramenti a cui la vita quotidiana in questa strana città ci ha abituati. Ma nessun passo verso l’ulteriore separazione tra Firenze e i suoi cittadini è irrilevante.

Ufficialmente si dice che questa chiusura ci sarà solo nelle domeniche ad accesso generale gratuito, ma la netta sensazione è che il complesso mediceo centrale (gli Uffizi, Pitti e Boboli) stia entrando in una fase ancora più commerciale di quella che ci siamo lasciati alle spalle: ancora più ‘gentrificata’, cioè ancora più sbilanciata verso l’espulsione sistematica dei residenti a favore di un turismo oceanico valutato solo in base al numero dei biglietti venduti. Il modo migliore per impedirlo è segnalare pubblicamente i pericoli via via che si manifestano: e la chiusura di Annalena è il primo, piccolo ma incontrovertibile, segnale negativo trasmesso alla città dal nuovo direttore, Eike Schmidt. Intendiamoci, egli si trova a gestire una mission impossible: il ministro che l’ha messo in quel ruolo gli chiede di aumentare i livelli di sicurezza del complesso e di fare ancora più cassa, e tutto questo senza dargli personale aggiuntivo. Da qui la reazione automatica: chiudere uno degli accessi, e far scontare ai fiorentini le inefficienze radicali del sistema.

Ma quel che veramente preoccupa è che si sente dire con insistenza che si sta per tornare al pessimo assetto vidimato dalla Corte dei Conti nei primi anni novanta – e poi per fortuna sempre disatteso –, per cui ai fiorentini sarebbe consentito di entrare gratuitamente solo nel lembo di Boboli verso Porta Romana, cioè nel Prato delle Colonne e poco più. Ebbene, se dovesse succedere sono certo che l’Oltrarno, e non solo, insorgerebbe. Perché il centro di Firenze ha una carenza drammatica di verde pubblico e Boboli – qualunque sia la complessità della sua gestione burocratica – è innanzitutto un parco urbano indispensabile alla vita quotidiana delle nostre famiglie. Ma, soprattutto, la possibilità di entrare da sovrani nel giardino del sovrano è uno degli ultimi segni della nostra sovranità su una città della quale siamo sempre più espropriati.

Ci vorrebbero 25 giardinieri, bisognerebbe che il Comune partecipasse alla gestione, occorre convincere la Corte dei Conti e l’Europa, estendere la gratuità a tutta la città metropolitana, trovare altre risorse? Probabile, ma la soluzione non può essere chiudere i cancelli in faccia ai cittadini.

Uno dei principali rimproveri che si devono muovere ai responsabili delle precedenti gestioni del complesso mediceo è quello di essersi lamentati in privato del superiore Ministero, ma di non aver avuto né la forza di far ascoltare le proprie richieste, né quella di denunciare, infine, pubblicamente il vicolo cieco in cui erano stati cacciati. Così, alla fine, sono diventati, da vittime, complici e hanno deciso di far pagare ai fiorentini il prezzo della loro ignavia. È quello che speriamo di non dover vedere più.

 la Repubblica Firenze, 10 febbraio 2016

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