L’intenzione di Renzi di chiedere il referendum sulla revisione costituzionale, allo scopo dichiarato di trasformarlo in un voto su se stesso e sulla sua azione di governo, disvela il plebiscitarismo insito nella cultura costituzionale del Presidente del Consiglio.
Nell’impianto della Costituzione originaria, il referendum regolato dall’articolo 138 era “oppositivo”. Era uno strumento nelle mani di chi non voleva la revisione, l’ultima risorsa di chi, sconfitto in Parlamento, si rivolgeva direttamente al popolo scommettendo sull’esistenza di uno scollamento tra la maggioranza parlamentare e il sentimento costituzionale diffuso presso gli elettori. Nel momento della scelta parlamentare più grave, quella sulle regole comuni, la Costituzione aveva voluto introdurre la possibilità di sottoporre a verifica l’effettiva rappresentatività del Parlamento.
La trasformazione, nel 1993, della legge elettorale da proporzionale a maggioritaria ha creato le condizioni per lo stravolgimento dell’istituto. Il sistema maggioritario, infatti, produce per definizione una maggioranza assoluta in capo a un partito o a una coalizione. Ne consegue che tale maggioranza, indicata sempre dall’articolo 138 come limite minimo per la seconda deliberazione della revisione costituzionale, non è più una quota di garanzia, ma diventa una soglia nella piena disponibilità della parte politica che ha vinto le elezioni. Ciò rende superflua la ricerca di intese con le minoranze parlamentari (ciò a cui, in effetti, stiamo assistendo), in contrasto con quanto era stato invece previsto dai costituenti, che avevano immaginato, per ogni revisione, il prodursi di un compromesso ampio, sul modello di quello con cui si erano conclusi i lavori dell’Assemblea costituente.
Di qui, l’avvio della stagione delle riforme “a colpi di maggioranza”. E a seguire – come per controbilanciare la forzatura parlamentare compiuta da una maggioranza che in realtà è minoranza nella società – l’affermarsi dell’idea che il referendum costituzionale possa essere richiesto, in funzione “confermativa”, dagli stessi promotori della revisione, per ottenere a posteriori, dal corpo elettorale, il consenso non conseguito in Parlamento. In tal modo, però, il significato dell’istituto referendario si inverte: da strumento di sovrana decisione popolare (sia pure in negativo), a mezzo attraverso cui il popolo è sollecitato, assai più banalmente, a fornire la propria passiva adesione a quanto già deciso da altri.
È ciò che è avvenuto, per la prima volta, nel 2001, quando la maggioranza di centrosinistra approvò, per un pugno di voti, la pasticciata modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione (le disposizioni sulle Regioni), trovando poi nelle urne conferma della forzatura compiuta. Com’era facile aspettarsi, il precedente venne fatto proprio, e in forma potenziata, da Berlusconi, che ne approfittò per ritenere unilateralmente modificabile l’intera Parte II della Costituzione. Quella volta ne seguì un referendum realmente oppositivo, che riuscì a bloccare la trasformazione della forma di governo in un premierato assoluto (secondo la definizione che ne diede Leopoldo Elia).
Oggi Renzi prende il peggio delle due esperienze precedenti – la revisione unilaterale e il premierato assoluto – e, in più, carica il referendum, evocato in funzione “confermativa”, di un ulteriore significato, improntato a un personalismo leaderistico che non ha precedenti nelle democrazie mature. Siamo ormai oltre la stagione del referendum “confermativo”. Siamo al plebiscito (in)costituzionale. Siamo al Capo che si pone in relazione immediata con il “suo” popolo e, al di là di tutti e tutto, persino al di là del proprio partito, va a costruirsi un’autonoma risorsa di legittimità direttamente alla fonte.
il manifesto, 3 gennaio 2015
Il populismo ha facile presa sugli elettori fin quando i diritti individuali verranno calpestati
Il messaggio agli Italiani del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Discorso coraggioso, di alto livello e di rottura con il passato. Finalmente un Presidente che interpreta i sogni e le speranze dei cittadini devoti alla Costituzione. Un Presidente che ha compreso che non si può governare il Paese giocando con il linguaggio. Le parole esprimono un’idea, un concetto, un pensiero. Accolte dalla maggioranza degli appartenenti ad una comunità, le idee creano un sistema che ne regola i rapporti. Un’idea corrotta genera norme corrotte, inquinando i rapporti sociali. Di una mentalità perversa sono figli il provvedimento illegittimo, il comportamento illecito, l’omissione, il silenzio. Lo stato democratico di diritto disegnato dalla Costituzione è soffocato da norme illegali… l’ossimoro illegalità legittima, che tormentò la vita dei sudditi del Re e tormenta quella dei cittadini della Repubblica…
Avendo compreso, dopo 36 anni, che l’assassinio di suo fratello poteva essere stato concepito da un’unica mente, ma certamente portato ad esecuzione con la collaborazione di più soggetti esperti in ogni ambito dell’arte di governo, il Presidente Mattarella, abbandonato il vecchio abito, ha dichiarato che la sua condotta, d’ora in avanti, sarà tale che egli non potrà essere considerato un anello di una di quelle catene di malfattori, né indicato come l’asino che porta i sacri misteri, e che si impegnerà:
a) a denunciare l’illegalismo, in tutte le sue forme, rinviando alle Camere le leggi con norme manifestamente illegittime (Cost., art. 74) e richiamando quando necessario l’attenzione del Sovrano;
b) a sollecitare i parlamentari ad adempiere la propria funzione con disciplina e onore, ad esempio, a tutelare il risparmio nell’interesse della Nazione e a controllare l’esercizio del credito (Cost., art. 47); ad informare il sistema tributario a criteri di progressività (Cost., art. 53); a stabilire il giudice naturale precostituito per legge (Cost., art. 25) (per 68 anni si sono sottratti a quell’obbligo, costringendo i giudici all’ingrato compito di pestare l’acqua nel mortaio …
c) a spronare i suoi collaboratori ad una rigorosa vigilanza sulle istituzioni che hanno il compito di tutelare le libertà (di pensiero, dal bisogno, ecc.), la giustizia, l’eguaglianza, la dignità e i diritti della persona umana; di applicare l’art. 54 della Costituzione e, quindi, di rimuovere i pubblici ufficiali che non adempiano con disciplina e onore la propria funzione; di astenersi dal difendere, in sede amministrativa e giurisdizionale, i provvedimenti illegali, che ammontano ogni anno a centinaia di migliaia…
Se questi propositi del Capo dello Stato saranno mantenuti, spariranno i senzatetto, gli indigenti e la criminalità organizzata, che non troverà il supporto, nell’ambito pubblico, delle “catene verticali, quasi sempre invisibili e talora segrete”.
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?!!???!!!! Gentile Signor Palese, davvero il Presidente ha detto tutto quanto da lei elencato? A me pare che, la gradita sorpresa di un Mattarella che (invece di cantare l’inno alle magnifiche sorti e progressive del renzianesimo) ha introdotto qua e la’ nel discorso di fine-anno dei concetti realmente legati alla quotidiniatita’ della stragrande maggioranza degli italiani, abbia indotto gli stessi a considerare tale discorso come tutto inteso alla difesa del popolo e della Carta, nonche’ della legalita’. Ma una rondine non fa’ primavera.
Mi cita per favore i passi del discorso in cui il Presidente parla di tutto cio’ che lei elenca? Per quanto mi riguarda, la mia fiducia in Mattarella tornera’ quando lo stesso fara’ veramente le cose che lei ha illustrato e quando il Presidente ci spieghera’ come ha fatto a trasformarsi da irriducibile difensore della Costituzione minacciata da Berlusconi a banale firma-italicum davanti a Renzi.
Che ci siano delle forzature al sistema derivanti dalla legge elettorale, questo é evidente. Che sia chi da le carte, anche colui che controlla la regolarità del gioco é anche questo ovvio. Ma la possibilità di contestare alcune norme, ancora c’é, e non é sempre detto che chi tiene il mazzo vince. Anche se conosce le carte.