I “valori” di Matteo Renzi

30 Dic 2015

Sandra Bonsanti Presidente emerita Libertà e Giustizia

Va bene così: se è il governo che stravolge la Costituzione è giusto che sia il presidente del Consiglio a fare la campagna per il referendum e a dichiarare la fine di una delle due Camere, perché gli italiani vogliono un’Italia “più semplice”.

Ed è anche giusto che se dovesse fallire in questa sua storica impresa (nel senso che mai nessuno prima di lui aveva osato tanto) tolga il disturbo e vada ad insegnare in qualche università dal momento che dice di sentirsi portato per l’insegnamento.

La conferenza stampa di fine anno di Matteo Renzi è servita soprattutto a lui per rivendicare meriti, obiettivi raggiunti, un paese di bengodi. E per annunciare anche che il 2016 sarà l’anno dei valori.

Come se i valori fossero in qualche modo legati a una dimensione temporale. Quest’anno niente valori, ma l’anno prossimo aspettatevi sorprese.

Cerco di cogliere l’essenza dello sproloquio di Renzi, partendo dal disprezzo sostanziale contenuto nelle parole riservate alla libertà di stampa e dei giornalisti. Che a quel punto avrebbero anche potuto alzarsi e andarsene. Cosi’ avremmo fatto nella prima Repubblica…

Nessuno tocchi gli editori, nessuno tocchi la Rai perché mai come oggi ci sono tanti giornalisti nel consiglio di amministrazione.

Dunque, nell’anno dei valori, cioè nel 2016, avremo la campagna elettorale in tante città e subito dopo, nei mesi estivi, la grande discussione sulle tasse, che ovviamente saranno abbassate (o almeno ci sarà la promessa di abbassarle). Freschi di tale promessa eccoci arrivare all’autunno, cioè ad ottobre e al referendum costituzionale. Per la prima volta il capo di un governo sarà alla testa di una campagna di questo genere e gufo sia chi ricordasse distinzioni che erano ritenute fondamentali tra chi disegnò l’Italia dopo la dittatura: nessuna influenza del governo sulla discussione costituzionale. Addirittura l’esito sarà fatale per Renzi: se ne andrà se fallirà. Resterà ancora a Palazzo Chigi se vincerà.

La posta in gioco è questa Italia “più semplice”. Che vuol dire, non solo una Camera eletta con l’Italicum (cioè con i parlamentari che vuole lui), ma anche un Paese che si avvia alla perdita di tutti i diritti conquistati negli anni successivi alla Liberazione, nel mondo del lavoro, in quello della scuola, nel mondo dell’informazione, nella politica. Un Paese senza controlli e contrappesi. Un solo grande partito della nazione, un pensiero unico, il potere che diventa giorno dopo giorno più invasivo e unico anch’esso.

2016, l’anno dei valori: come c’è stato l’anno dell’Expo, o del Giubileo. Qualcosa che comincia e finisce e i valori cosa siano e per chi siano lo decide sempre lui. Il premier che l’Italia ha tanto atteso, l’uomo di destra (estrema, vedi Verdini e Berlusconi) che piace alla ex sinistra.

Se non ci fosse in ballo la Costituzione, se non fossimo decisi a difenderla comunque e anche a vincere il referendum ci sarebbe davvero da levare le tende. In cerca di un Paese dove i valori siano per tutti gli anni e per sempre.

Sandra Bonsanti

 

Nata a Pisa nel 1937, sposata, ha tre figlie. Si è laureata in etruscologia a Firenze e ha vissuto per molti anni a New York. Ha cominciato la sua attività professionale nel 1969 al “Mondo” con Arrigo Benedetti.

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