I magistrati li vogliamo vivi, di Massimo Marnetto

I magistrati li vogliamo vivi, di Massimo Marnetto

 

Vengono da tutta Italia con un’agenda rossa. “Perché i magistrati li vogliamo vivi” dice una giovane donna di Torino. “Perché alla solitudine delle istituzioni che si sta abbattendo su Di Matteo, dobbiamo rispondere con la nostra vigilanza civile” dice con accenno siciliano un ragazzo, mostrandomi la scritta Vigilanza Civile sulla maglietta.

Si avvia il corteo per i Fori Imperiali “Fuori la mafia dallo Stato!” parte a voce alta un gruppo. Appena smettono, davanti sale il coro scandito “RE-SI-STEN-ZA!” Tra striscioni e magliette con la faccia di Di Matteo si vedono Michele Santoro e il vignettista Vauro. Non è un pienone, ma la gente c’è. E Piazza dei SS. Apostoli si riempie davanti a un palco messo su in economia.

Mentre il corteo si dispone, l’impianto voci diffonde dialoghi del film “100 passi”, un messaggio di Di Matteo agli studenti e altri brani. Finché non prende in mano il microfono Salvatore Borsellino. “A Palermo il silenzio attorno a un uomo significa morte. E oggi troppe istituzioni sono rimaste in silenzio. Solo il Presidente del Senato mi ha inviato un messaggio (che leggerà). Ma quello che più mi amareggia è il silenzio del Presidente Mattarella (boato nella piazza) lui che sa cosa significa il sangue della mafia. Mi bastavano due righe e le aspetto ancora. Una cosa è certa: noi continuiamo a batterci per la verità e la giustizia. E chiedo a tutti – urlando con tutto il fiato – RESISTENZAAA! “.

Sale sul palco anche il giudice Imposimato. “Mi senti in colpa per non essere morto con Borsellino e Falcone, ma dobbiamo dire con chiarezza che Di Matteo è stato isolato perché non si è fermato davanti al Presidente Napolitano, come è giusto che faccia un magistrato integerrimo. Così ha subito un procedimento disciplinare, come Falcone ai suoi tempi, perché il potere non vuole dare risposte”.

E’ la volta di Giulietto Chiesa (dopo una modesta Rita Dalla Chiesa) che parla di attacchi allo Stato, affiancandoli a quelli alla Costituzione. “Presto avremo una stagione di referendum e li dovremo batterci con i denti per dire se stiamo dalla parte della Carta o con la banda di Lanzichenecchi che ha occupato il parlamento”.

Si susseguono gli interventi, ma lo spettacolo più bello sono i tanti giovani che alzano l’agenda rossa. “Io – fa una signora ad una vicina – non ho mai visto tanta gioventù nei comizi dei partiti”. Dicono i pentiti che a Palermo il tritolo è già arrivato per Di Matteo e la sua condanna a morte va solo eseguita. Ma questo giudice testardo – che ora è stato incaricato di occuparsi di furto di energia elettrica – sa chi ci sono tante persone che lo scortano con la loro solidarietà. “Io sono arrivata in pullman da Milano – mi dice un’amica – e ora rifaccio ore di viaggio per ritornare. Ma è sempre niente per sostenere uno dei pochi uomini che ancora ci danno speranza. Almeno, finché è vivo”.

Massimo Marnetto

 

4 commenti

  • Caro , Borsellino, non è sufficiente manifestare per Di Matteo. Occorre anche manifestare contro l’illegalità del potere, in base alla norma proposta da Dossetti e così formulata nel II comma dell’art. 50 del progetto di Costituzione: “Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino”.
    L’ineffabile silenzio del Presidente Mattarella sull’illegalismo

    Mentre la stampa informa che tornano le tangenti e si chiede quali personaggi corrompano la democrazia, il Capo dello Stato dichiara: “non ci sarà futuro per i nostri giovani se non estirperemo la corruzione, l’illegalità, la criminalità organizzata” … l’impegno dello Stato e di tanti suoi uomini dimostrano che lo Stato non fa finta di non vedere … È in gioco la coesione del Paese … le società partecipate dagli enti locali … possono portare maggiore efficienza nella gestione dei servizi resi ai nostri concittadini”.
    Dalle astratte affermazioni alla dura realtà della vita della maggior parte dei cittadini.
    Ai primi del Novecento F.S. Nitti affermava: “Si può dire in tutta onestà che a Napoli il più grande e più pericoloso camorrista sia sempre stato il Governo.” I fedeli consulenti del Re avevano elaborato principi giuridici nell’interesse della classe dirigente, abilmente sfruttati dalla criminalità: irresponsabilità del pubblico ufficiale, illegalità legittima e altre diavolerie per favorire potenti e prepotenti.
    Nel 1947, ritenendo che un popolo privo di una coscienza costituzionale sarebbe rimasto in balìa dei poteri forti, G. Dossetti propose la norma che fu inserita nell’art. 50, c. 2, del progetto di Costituzione con la seguente formula: “Quando i poteri pubblici violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino”. La norma non fu accolta nella Costituzione e l’addormentamento dei cittadini attraverso l’inoculazione di tesi fuorvianti da parte di politici e giornalisti servili e prezzolati ha lasciato campo libero agli affaristi.
    Non ci sarà futuro per i nostri giovani finché il Sovrano non obbligherà la classe politica ad adeguare l’ordinamento positivo alla Costituzione, condizione imprescindibile per estirpare l’illegalità. E che lo Stato faccia finta di non vedere lo confermava nel 1998 Francesco Garri, procuratore generale della Corte dei Conti: “I poteri pubblici fanno orecchi da mercante”; e nel febbraio di quest’anno, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, il presidente di quella Corte affermava: “Crisi economica e corruzione procedono di pari passo, in un circolo vizioso, nel quale l’una è causa ed effetto dell’altra”.

  • Caro Borsellino …
    Né si può dire che sia in gioco la coesione del Paese, perché la nostra comunità è già disgregata: i beni pubblici sono amministrati nell’interesse degli amministratori e dei politici che li hanno nominati, mentre le aziende pubbliche formalmente privatizzate e le società partecipate dagli enti pubblici, costituendo validi strumenti per trasformare la natura del denaro, da pubblica a privata, perpetuano l’inefficienza dei servizi resi ai cittadini. Nel 1999 il Procuratore Regionale presso la Corte dei Conti per il Lazio, che aveva chiesto ed ottenuto il sequestro conservativo in favore dell’Erario sui beni di amministratori dell’Eni, di un ministro e di altri soggetti, denunciava l’impossibilità di recuperare un danno di circa 300 miliardi di lire subito dallo Stato; e nel 2004 gli amministratori delle Ferrovie erogarono all’amministratore delegato la somma di € 4.564.139,00 “in palese disprezzo a ogni elementare criterio di buona amministrazione e di economicità, un rilevantissimo importo ‘a gratifica’ in nessun modo dovuto, non previsto da obblighi negoziali e del tutto sfornito di qualsiasi presupposto logico-economico” (Corte dei Conti, sez. giur.le Regione Lazio, 1399/2010). Gli scandali sono infiniti.
    Sabino Cassese (Corriere, 23.11.15) ha scritto: “Questi sono casi … di anomia, ovvero di assenza di norme o di disprezzo delle norme, siano esse leggi, siano esse regole di correttezza”. Il legislatore mantiene in vigore innumerevoli norme incostituzionali; il ministro consente o autorizza la resistenza ai ricorsi amministrativi o giurisdizionali avverso provvedimenti della P. A. manifestamente lesivi dei diritti dei cittadini, e può discrezionalmente stabilire se recuperare o meno le somme illegalmente erogate a soggetti privati; al giudice è affidato il compito di individuare, dopo anni o lustri e a spese del malcapitato utente della giustizia, il giudice precostituito per legge (Costituzione, art. 25), e non gli viene mai contestata la violazione grave e manifesta dell’art. 101 della Costituzione; il cittadino comune è soggetto ad onerosi procedimenti amministrativi e giurisdizionali per ottenere il riconoscimento di un proprio diritto; ecc.
    Nel regno del pluralismo giurisdizionale e interpretativo e dell’anomia, dove l’illegalità è contrabbandata per malcostume o illegittimità, l’arbitrio per autonomia e indipendenza o discrezionalità, il Capo dello Stato si dimostra ottimista sulla possibilità che corruzione, illegalità e criminalità organizzata possano essere debellate. Ma da chi? Dal Parlamento costituito in gran parte di pregiudicati, indagati e analfabeti d’andata?

    05.11.2015

  • Paolo Barbieri
    La politica come tale, e dentro di essa la sinistra, ha ormai esaurito ogni credibilità presso la Cittadinanza, per cui non vedo spazi significativi per nuovi partiti di sinistra, destra o centro che siano, ma solo spazi di testimonianza. E poco per quelli vecchi. E il M5S occupa più lo spazio anticasta che quello di “unico oppositore”, ma certamente non ha ancora la storia e i titoli per guidare un grande paese.

    C’è solo una via per riportare la Cittadinanza al voto e darle una prospettiva di progresso: riportare in Parlamento persone di chiaro rigore morale e culturale, qualità che raramente si dissociano, garantito dalla storia e non dalla propaganda.

    La via della “cultura” è anche quella percorsa da Podemos in Spagna, dove professori si sono rivolti a tutta l Cittadinanza stanca di mediocrità, non solo a sinistra, non sinistra contro destra, ma sotto contro sopra, Società Civile contro casta.

    Professori che formino un’entità sociale più che un classico partito. E senza dimenticare che la Costituzione consente un percorso di Democrazia Diretta Propositiva, con “progetti di leggi” e non labili promesse da campagna elettorale, senza passare dal voto per marcare maggiormente la differenza, la cesura con presente e passato.

    La politica deve purificarsi con una sana astinenza dal potere e qualche stagione di servizio per risorgere dalle proprie ceneri tossiche e corrotte.

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