Elezioni politiche: quando?

10 Nov 2015

Sandra Bonsanti Presidente emerita Libertà e Giustizia

Quanto può reggere la democrazia italiana senza che i cittadini possano esprimersi in elezioni politiche?

Quanto può reggere la democrazia italiana senza che i cittadini possano esprimersi in elezioni politiche?

E’ questa la domanda che circola con insistenza sui media ed è questa la domanda implicita nelle tante analisi che si leggono in questi giorni sui temi della rappresentanza. E’ una domanda di fondo alla quale spesso si risponde sbrigativamente: già è vero, dovremmo votare, ma qual è l’alternativa a Renzi?

E allora ci chiediamo: esiste o non esiste un’alternativa a questo governo? E quanto pesa semmai, questo problema, sulle decisioni che potrebbero portare al voto?

Molto tempo sembra esser trascorso da quando noi italiani il 24 e il 25 febbraio del 2013 fummo chiamati alle urne. Ma per qualche ragione il tempo sembra ancora più lungo. Allora centro sinistra e centro destra finirono quasi pari (poco più del 29 per cento entrambi) e solo il 75 per cento degli italiani andò a votare. “Astensionismo record” si disse, non sapendo ancora cosa ci sarebbe toccato negli anni successivi.

Nel momento del voto i cittadini scelsero su programmi presentati dagli schieramenti che non hanno nulla a che vedere con i programmi che sono stati attuati o promessi in questi anni.

Non solo. Al momento del voto il quadro dei partiti ancora esistenti era totalmente diverso da quello attuale e anche il partito democratico, che godeva di un margine ampio di maggioranza alla Camera (a causa del Porcellum, legge elettorale illegittima), aveva una diversa leadership. E, infine, il risultato del voto fu accolto da Moody’s con un lamento-avvertimento che diceva così: “Invece di migliorare la visibilità sulla direzione politica del Paese, le recenti elezioni in Italia hanno aumentato il rischio che la fase di riforme avviata dal governo Monti possa sospendersi, se non completamente bloccarsi”. Il 28 aprile il presidente Napolitano conferì a Enrico Letta l’incarico di fare un governo all’insegna di una “strana maggioranza” che coinvolgeva Pd ePdl. E poi, mentre continuavano i segnali intimidatori della Finanza internazionale, a febbraio del 2014 arriva Renzi con la novità della partecipazione al governo del partito di Alfano. Renzi a parole rivendica autonomia, ma in sostanza si adegua. Le sue riforme sono le stesse che ci chiede, a sostegno della parola magica “governabilità”, la destra dei poteri forti.

Dice l’ex segretario del Pd Bersani di temere “non tanto un uomo solo al comando ma un uomo solo al guinzaglio”. La partita è in mani altrui.

Anche  i cittadini sentono e soffrono questa situazione. In  gran parte della mancanza di fiducia che si riscontra oggi nei confronti della politica non c’è soltanto il pessimo esempio che essa sta dando immersa com’è in storie di corruzione e illegalità, ma anche la pochezza della sua offerta: sentiamo cioè che nessuno è in grado di offrire una visione lungimirante, un programma che guardi al futuro e non sia invece frutto delle improvvisazioni e della quotidiana promessa di una salvezza già avviata.

Il governo è un governo di cui non ci si fida. E questa perdita di fiducia è uno dei “peccati” più gravi che la politica possa commettere.

Quanto può durare questa situazione senza che la democrazia rappresentativa ne sia ferita a morte?

Non lo so e non sono un’esperta, solo una cronista con esperienza di giornalismo parlamentare. Personalmente vorrei andare presto a votare. Per chi, se non ci sono alternative valide alla governabilità che offre il renzismo?

Ho smesso di pormi questo problema: l’alternativa arriva se c’è un futuro. Come possono nascere alternative e fiorire se si trovano davanti il muro di un potere che si sta rafforzando sempre di più? Una domanda che i popoli si sono fatti spesso nella storia. Ma viene il momento di metterlo alla prova, il muro del potere, se c’è chi si ostina a consolidarlo invece che ad ascoltare la voce della minoranza.

Io credo che la novità  non sia  tutto ciò che ha voluto e ha trascinato con sé Matteo Renzi: quella roba lì, quelle cose lì che ledono i diritti dei più deboli e rafforzano l’audacia dei più forti, sono l’esistente, anzi l’antico.

Vorrei elezioni politiche e vorrei un’alternativa ispirata al futuro e alla Costituzione : le proposte per aggiornarla dovrebbero costituire il cuore del programma elettorale di ciascun partito.

Nata a Pisa nel 1937, sposata, ha tre figlie. Si è laureata in etruscologia a Firenze e ha vissuto per molti anni a New York. Ha cominciato la sua attività professionale nel 1969 al “Mondo” con Arrigo Benedetti.

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