Il dovere della chiarezza

21 Ott 2015

Le recenti notizie relative alla gestione dei beni sequestrati alla mafia ripropongono nuovamente il tema della credibilità degli operatori di giustizia.

Le recenti notizie relative alla gestione dei beni sequestrati alla mafia ripropongono nuovamente il tema della credibilità degli operatori di giustizia. In questa fase non ci interessa ripercorrere e sviluppare per l’ennesima volta l’immancabile ritornello sul valore delle notizie stampa , sulla necessità di attendere la pronunzia definitiva di altri giudici sul versante penale o disciplinare. No, importa invece chiedersi perché una notizia , per altro abbastanza verificabile, su rapporti parentali e su incarichi professionali non determini reazioni di efficacia pari al turbamento che la notizia suscita. Se non altro questa volta ci è stato risparmiato il solito copione di negativi riferimenti agli organi di informazione, almeno quelli che hanno diffuso le notizie conseguenti all’ indagine. Occorre invece evidenziare l’azione purtroppo inascoltata di “Telejato”, che da tempo segnalava anomalie. Si rivela poi illuminante la lettura delle audizioni davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e delle altre associazioni criminali, anche straniere, del Direttore dell’agenzia nazionale per la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e del Dirigente l’ufficio dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ” http/www.camera.it/leg17/1058? ” . Ciascuno di noi potrà farsi un’idea propria e diversa sui diversi momenti dell’audizione , durante la quale i servitori dello Stato hanno esplicitato più volte il loro collaborare con l’autorità giudiziaria e l’attenzione nell’evitare comportamenti che potessero delegittimarne l’azione , ma tutti certamente dovremo essere d’accordo sul fatto che dal 5 febbraio 2014 si sapeva abbastanza per intervenire tempestivamente. In questo quadro, nel quale le pronunce del CSM e della magistratura inquirente e giudicante saranno inevitabilmente ritardate dalle doverose procedure di garanzia, non ci possono soddisfare le assicurazioni che tutto sarà chiarito. Sarà chiarito da chi , quando e davanti a chi? Tutto invece deve essere chiarito subito pubblicamente, in modo trasparente perché come cittadini abbiamo concesso credito a giudici che abbiamo ritenuto credibili, che abbiamo rispettato per la loro vita blindata, giudici che abbiamo ascoltato e dei quali abbiamo rispettato il lavoro senza alcuna delegittimazione preventiva. Abbiamo creduto al valore della lotta alla mafia. Adesso vediamo la credibilità dell’ antimafia distrutta in un sol lampo forse per leggerezze , forse per presunzione di riuscire a governare la complessa macchina in modo autonomo, o forse ancora per la mancata adozione di iniziative legislative. L’ ultima e peggiore ipotesi sarebbe quella di interessate condotte, ma ci auguriamo che venga cancellata dalle indagini avviate dalla magistratura inquirente. Adesso e subito desideriamo che ci sia quella reazione di pari efficacia al turbamento prima richiamato e che tutto si chiarisca con la massima urgenza. I magistrati, gli amministratori ed i consulenti, a vario titolo chiamati in causa, sono i soli che possono farlo subito, perché tutti percepiamo che qualcosa di negativo si è verificato. Lo possono chiarire senza violare segreti, specificando se non sapevano chi nominare, se pensavano di potersi fidare solo di pochi, se non avevano modo di accorgersi che i destinatari di incarichi retribuiti in modo importante erano sempre gli stessi e che alcuni congiunti erano a loro volta destinatari di incarichi retribuiti. Ci aiutino a capire, ma subito. Chiariscano perché altrimenti alimentano la confusione in chi aveva riposto in loro la propria fiducia. Chiariscano per rispetto a tutti quei magistrati che hanno onorato ed onorano i valori di autonomia ed indipendenza, assicurando credibilità alla Giustizia con i comportamenti di tutti i giorni. Chiariscano per rispetto a tutti quei servitori dello Stato caduti nell’adempimento del dovere. Chiariscano per rispetto a tutti coloro che chiamati a collaborare con l’autorità giudiziaria in compiti delicatissimi e complessi lo fanno con coraggio. Chiariscano per rispetto a tutti quei giovani che si impegnano, e non con pochi rischi, nella restituzione dei beni confiscati a circuiti di economia onesta. Chiariscano per rispetto a Pio La Torre che con il sacrificio della vita ha consentito si aprisse un nuovo fronte di lotta alla mafia che non può e non deve essere oscurato dal silenzio.

Il testo dell’articolo è apparso su TempoStretto  del  13 ottobre 2015 

*Ernesto Morici, già magistrato in Sicilia, Calabria e Toscana, impegnato in inchieste su mafia e ‘ndrangheta, è socio di LeG dal 2011.

 

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