ZAGREBELSKY: RIFORMATORI QUESTI? NO, ESECUTORI DI PROGETTI ALTRUI

15 Ott 2015

Ave­vamo chie­sto al pro­fes­sor Gustavo Zagre­bel­sky di sot­to­scri­vere l’articolo che abbiamo pub­bli­cato ieri con le firme di sei tra i più auto­re­voli costi­tu­zio­na­li­sti ita­liani, e che ripub­bli­chiamo oggi.

Ave­vamo chie­sto al pro­fes­sor Gustavo Zagre­bel­sky di sot­to­scri­vere l’articolo che abbiamo pub­bli­cato ieri con le firme di sei tra i più auto­re­voli costi­tu­zio­na­li­sti ita­liani, e che ripub­bli­chiamo oggi.

Zagre­bel­sky ha pre­fe­rito non fir­mare, ma ha aggiunto delle moti­va­zioni che rite­niamo valga la pena far cono­scere – con il suo con­senso — ai nostri lettori.

«Dopo averci pen­sato, ho deciso di non fir­mare, non per­ché non sia d’accordo sugli argo­menti, pro­po­sti all’attenzione dei respon­sa­bili della riforma.

La ragione — sostiene l’ex pre­si­dente della Corte costi­tu­zio­nale – è un’altra: la totale irri­le­vanza dell’invito alla rifles­sione presso chi si appella sem­pli­ce­mente all’argomento della forza.

Una delle espres­sioni più ricor­renti, in que­sto tempo di auto­ri­ta­ri­smo non solo stri­sciante ma addi­rit­tura con­cla­mato come virtù, è «abbiamo i voti», «abbiamo i numeri». Una con­ce­zione della demo­cra­zia da scuola ele­men­tare! Dun­que, che cosa serve discu­tere? Un bel nulla.

Oltre­tutto, ho l’impressione che i nostri rifor­ma­tori, tronfi dei loro numeri rac­co­gli­ticci in un con­sesso che ha rag­giunto il grado più basso di cre­di­bi­lità, non agi­scano in libertà, ma come ese­cu­tori di pro­getti che li sovra­stano, di cui hanno accet­tato di farsi pas­sivi e arro­ganti ese­cu­tori in nome di inte­ressi o poco chiari, o indi­ci­bili ch’essi rias­su­mono nel ridi­colo nome di «gover­na­bi­lità»: parola di cui non cono­scono nem­meno il significato.

Non dis­sento nel merito, ma sono certo della totale inef­fi­ca­cia dell’invito al con­fronto. Mi astengo, dun­que, dal fir­mare — con­clude Zagre­bel­sky -, i tempi dell’impegno ver­ranno quando saranno chia­mati i cit­ta­dini a espri­mersi, saranno duri e immi­nenti. Allora sarà un’altra storia».

il manifesto, 14 ottobre 2015

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