Francia, un Paese smarrito che ha perso i riferimenti

06 Ott 2015

 La Francia è un paese sull’orlo della crisi di nervi? Dopo quel che è successo ieri mattina a Air France si direbbe già ben oltre, anche se tutto si tiene nella tradizione del sindacalismo francese, che si manifesta spesso in forza e quantità inversamente proporzionale alla sua rappresentanza: forte nel pubblico, debole nel privato.

Ma anche per questo tanto più «en colère», in una collera che si manifesta di volta in volta con azioni durissime. Il sequestro dei dirigenti di fabbrica (per cui si è coniata la parola «bossnapping») è diventato ormai un luogo comune: la realtà ha superato il cinema del vecchio «Crepa padrone, tutto va bene» di Jean-Luc Godard, con Jane Fonda e Yves Montand di sessantottina memoria.

Ma ieri, se possibile, si è andati oltre: le immagini dei due manager Air France che fuggono a torso nudo da una folla inferocita che aveva strappato loro la camicia e che scavalcano come ladri aiutati dalla polizia le reti di recinzione per mettersi in salvo sono già un’icona di questi tempi e raccontano molto più di una collera sindacale: sono la misura di un Paese smarrito, che ha perso i «repères», i punti di riferimento, dove la politica appare chiusa dentro una cittadella autoreferenziale incapace di comunicare le decisioni più elementari senza che subito tutto si trasformi in rissa e malintesi.

È un paese che vive sull’orlo di un precipizio culturale e politico che si chiama Marine Le Pen. Il successo del Front National rinnovato e aggiornato dalla figlia del vecchio fondatore che portava le stimmate di una Francia impresentabile (e per questo è stato messo al bando dall’erede) è un terremoto di portata epocale di cui queste esplosioni di collera sociale sono i sintomi drammatici. Che sia la rabbia degli allevatori che hanno bloccato per una settimana la Normandia contro Bruxelles, o quella dei tassisti contro Uber, o questa dei lavoratori Air France, il denominatore comune è sempre riconducibile alla perdita di identità e di sovranità. La risposta è nell’illusione del rifugiarsi nella vecchia Francia ordinata che si mette al riparo della mondializzazione, come promette Madame Le Pen, in una guerra «sans merci», senza tregua, contro l’Unione europea costi quel che costi.

Ecco, il cocktail che innesca la collera dei lavoratori francesi fino a spingerli al tentativo di linciaggio operato ai danni dei manager Air France è che questo stato d’animo pompato ogni giorno dal Front National (ormai indiscutibilmente il primo partito tra gli operai e i salariati francesi) si fonde e moltiplica con le parole d’ordine dell’ultra sinistra tradizionale ispiratrice del sindacalismo di base che non ha paura di antiche assonanze trotzkiste o anarchiche. L’alleanza «oggettiva» con il Front National che giornali come Le Monde attribuiscono a intellettuali un tempo considerati di sinistra (Michel Onfray, Alain Finkielkraut, ecc) è di fatto già operante nel sociale: solo fragili e antiche barriere ideologiche non consentono ai militanti della sinistra estrema di manifestare con quelli del Front. Sul piano economico, sociale, nel giudizio sull’Europa la linea è la stessa. Madame Le Pen non si era forse schierata con il primo Tsipras trovandosi in (in)naturale compagnia del tribuno anticapitalista Mélenchon?

Di fronte a tutto ciò che fa la politica tradizionale, di destra e sinistra? Sbarella, per dirla in italiano corrente. Il giovane, brillantissimo e ultra liberista ministro dell’economia Emmanuel Macron attacca apertamente i funzionari pubblici (un mito del Paese) costringendo Hollande ad una messa a punto grottesca.

 

O, a destra, una delle donne più vicine a Sarkozy, Nadine Morano, dice che la Francia è un paese di «uomini bianchi» costringendo il suo capo a una – tardiva e imbarazzata – correzione.

Sono saltati i confini e la tenuta anche semantica della politica. È come se il Paese vivesse su una slavina che sta scivolando in un passaggio d’epoca con possibili esiti «rivoluzionari» o contro-rivoluzionari, a seconda dei punti di vista. L’appuntamento più vicino è quello delle elezioni regionali di dicembre: lì si misurerà la vera febbre francese. Se il Front National, come previsto, guadagnerà un paio di regioni per la prima volta nella storia, il piano su cui scivola la slavina sarà sempre più inclinato.

 

 

La Stampa   –  06 Ottobre 2015

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