Civati: dalla Leopolda agli otto referendum, “La mia sfida a Matteo”

26 Set 2015

ROMA Cinque giorni per 100 mila firme. È appeso a questo numero l’esito degli otto quesiti referendari promosso dal movimento politico di Pippo Civati, “Possibile”. «Non è impossibile da raggiungere», gioca con le parole l’ex compagno di banco della prima Leopolda di Matteo Renzi. Da settimane l’ex dem gira in lungo e largo lo stivale, «in questo momento sono a Crotone, in serata a Cosenza, e domani che ci saranno 500 banchetti in tutta Italia tornerò a quello di casa, dove troverò la mia compagna». L’impianto dei quesiti vorrebbe smontare leggi chiave del renzismo. «Non per far cadere il governo», ma, afferma Civati, «per far tornare i cittadini a poter votare». Degli otto, infatti, due riguardano l’Italicum, legge elettorale approvata in via definitiva la primavera scorsa. Che Civati propone di modificare eliminando i capilista bloccati e le candidature plurime. Il terzo e il quarto vogliono le eliminazioni delle trivellazioni a mare. Il quinto è contro lo Sblocca italia, per superare- dice Civati- la politica delle grandi opere. Il sesto e il settimo prendono di mira il Jobs Act, provvedimento che ha scatenato le ire della sinistra interna al Nazareno. E infine, l’ottavo colpisce la “buona Scuola”. Per l’appunto si chiede di abrogare «il potere di chiamate del preside manager ». La campagna referendaria è stata avviata lo scorso 17 luglio. Da completare con la raccolta di 500 mila firma entro il 30 settembre. Secondo i calcoli dello staff di Civati, ne mancherebbero circa 100 mila. Un numero che l’ex leopoldino spera di ottenere in questo weekend. Così da portare a compimento l’impresa: il referendum nella primavera del 2016. Ma la meta appare lontana. I promotori dell’iniziativa hanno iniziato un dialogo con alcune forze politiche e sociali. Con l’intento di servirsi del referendum per provare a «ricostruire una sinistra alternativa a Matteo Renzi e al partito della nazione». Ma Civati ha perso per strada i “compagni” vendoliani di Sel. Il motivo? «Non ci convince di formularli in questo modo e in questi tempi» taglia corto Nicola Fratoianni, parlamentare e segretario nazionale di Sel. «Oltretutto molti soggetti coinvolti, penso ai sindacati della scuola, ma anche alla Cgil, hanno espresso dubbi anche di merito». Qualche giorno fa, però, Fratoianni ha cambiato idea firmandoli ugualmente perché «non sia mai che alla fine dovesse mancarne una, la mia». Anche Paolo Ferrero, Antonio Di Pietro, il grillino Alessandro Di Battista e l’intramontabile Marco Pannella hanno sottoscritto i quesiti proposti da Civati. Il leader radicale ha messo a verbale che «firmo a prescindere dal contenuto dei quesiti anche a nome dei milioni di elettori che non hanno visto il diritto alla conoscenza ». In casa dem si è registrato il sostegno del lettiano Marco Meloni e di Walter Tocci. Grande assente la Cgil. E, soprattutto, quel Maurizio Landini invocato da Civati a più riprese: «Perché non firmi i referendum? ».

Repubblica, 26 settembre 2015

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