La lezione che arriva dalla Liguria

04 Giu 2015

Le recenti elezioni regionali in Liguria ci consegnano un esito disastroso: anzitutto per il risultato, di per sé paradossale, di aver regalato il governo regionale ad un candidato paracadutato, senza nessuna speranza iniziale, in una regione dove non aveva mai messo piede prima. Ma non solo: nelle elezioni liguri si sono scontrati frontalmente il rifiuto, da parte dell’elettorato tradizionalmente di centro-sinistra, di una candidata, Raffaella Paita, malvista per una pluralità di ragioni, e l’ostinazione da parte dell’apparato del PD

imageLe recenti elezioni regionali in Liguria ci consegnano un esito disastroso: anzitutto per il risultato, di per sé paradossale, di aver regalato il governo regionale ad un candidato paracadutato, senza nessuna speranza iniziale, in una regione dove non aveva mai messo piede prima.
Ma non solo: nelle elezioni liguri si sono scontrati frontalmente il rifiuto, da parte dell’elettorato tradizionalmente di centro-sinistra, di una candidata, Raffaella Paita, malvista per una pluralità di ragioni, e l’ostinazione da parte dell’apparato del PD a volerla imporre ad ogni costo.
Paita, ex assessore regionale all’ambiente che sparì in occasione dell’ultima alluvione, non rivestiva, agli occhi dei cittadini altro (de)merito se non quello di rappresentare la continuità – per certi versi imbarazzante – con il precedente governatore Burlando, il cui sistema di potere, intrecciato con quello di Scajola, è stato tanto pervasivo quanto poco vantaggioso per il territorio.
La denunciata compravendita dei voti alle recenti primarie ha rappresentato solo l’ultima manifestazione di uno stile di potere arrogante e indifferente all’opinione pubblica, totalmente concentrato sulla conservazione e sullo sfruttamento del potere acquisito.
Dunque il rifiuto da parte degli elettori di centro-sinistra, il voto dato al M5S o al candidato della sinistra Pastorino o, per moltissimi, l’astensione sono stati più che giustificati.
E il PD ha perso rovinosamente non per colpa di Pastorino o Cofferati – il perenne vizio di nascondersi dietro un dito! – bensì perché ha imposto un pessimo candidato.
C’è da chiedersi perché Renzi abbia fatto, o piuttosto subito, questa scelta: e viene alla mente il cambio di casacca di Burlando, già capobastone bersaniano e in seguito fervente renziano. Evidentemente, Renzi ha creduto che Burlando potesse consegnargli la Liguria, ma ha sottovalutato il disamore dei liguri, e dei genovesi in particolare, per la passata amministrazione regionale. Se si pensa che a Genova, con le sue tradizioni resistenziali e di sinistra, oggi il M5S è il primo partito, si ha la misura di quanto poco la dirigenza del PD ascolti e capisca il suo bacino elettorale, concentrata com’è in un gioco tutto di tattica e di apparenza.
Un gioco perverso che continua anche dopo la batosta elettorale: Renzi dà la colpa a Cofferati per la sconfitta e finge di ignorare che il candidato della cd.sinistra PD Pastorino ha ottenuto il 10% circa dei voti espressi, vale a dire il 10% del 50% degli elettori. Mentre il vero e grande problema sta nella enorme percentuale di coloro che si sono astenuti, manifestando clamorosamente il loro disagio e la loro estraneità rispetto ad un sistema che seleziona in maniera così inadeguata i candidati destinati a svolgere fondamentali funzioni collettive.
Leggere la sconfitta nelle elezioni liguri come un problema interno al PD è non solo sbagliato, ma anche suicida: così come ha perso in Liguria, il PD ostaggio dei ras locali e sordo alle esigenze di competenza, di trasparenza e di onestà nella gestione della cosa pubblica espresse da moltissimi cittadini rischia di perdere in molte altre situazioni e, come è successo in Liguria, di consegnare nuovamente il paese alla destra berlusconiana.

Elisabetta Rubini è avvocata e membro del Consiglio di Presidenza di Libertà e Giustizia

 

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